La responsabilità è del governo. Ma non di quello italiano. Si deve guardare ad Ankara, invece che a Roma, obiettivo palese - ma altrettanto di sicuro non ufficialmente dicibile - di un ricatto che trova la complicità in totale malafede della sinistra mediatica e politica. La malafede è palese in due sensi. Esiste un trattato sottoscritto nel 2016, rinnovato nel 2021 e tuttora vigente, «con cui la Turchia si è impegnata a bloccare il flusso migratorio dal suo territorio verso l’UE in cambio di fondi da Bruxelles da utilizzare per l’accoglienza ai rifugiati». Qualcuno ha chiamato in causa chi sta scientemente tradendo il patto per ottenere più denaro, magari il raddoppio dei tre miliardi annui garantiti metà dai governi, compreso il nostro, metà dal bilancio comunitario?
Il 14 maggio si terranno le elezioni presidenziali nella Repubblica del Sultano, la cui immagine presso gli 85 milioni di turchi è stata lesionata dal sisma. Dunque ha bisogno di recuperare barando, bluffando e, quando è alle strette, posando la pistola sui tavoli internazionali. Vedi trattative con la Nato. Vedi, nel caso della crociera della morte, il revolver puntato alla tempia di Italia e di Bruxelles. Possibile che gli analisti progressisti, che ogni dieci minuti danno lezioni di geopolitica a chi non sa che farsene, siano tutti partiti per le Maldive dopo aver lasciato ponderosi saggi sulla Transnistria? A quanto pare, chi tocca Recep Tayyip Erdogan muore.
Se ci fosse onestà da parte degli avversari della Meloni e del centrodestra, basterebbe osservare l’itinerario assurdo da Izmir (Smirne, 5 milioni di residenti) a Cutro, e la ripetizione ostinata di traversate dalla Turchia alla Puglia e alla Calabria, per intuire un disegno affaristico e ricattatorio.
Insomma, una domanda merita di essere posta: dai servizi segreti su su fino a lambire Erdogan, c’entrano le autorità turche- e non solo per mancata vigilanza ma per dolo -, nella strage di profughi afghani, somali, iracheni, tra cui tanti bambini? Qui si propone di osserva banalmente la realtà.
La nostra non è un’ipotesi complottista - ce ne facciamo un baffo dei complotti - ma una pista concreta, che si avvale di informazioni d’intelligence, confermati da convenienze geopolitiche e da precedenti abominevoli pratiche di lancio dei migranti oltre i propri confini. L’accordo del 2016, ad uso e consumo della Germania, che non voleva più saperne di profughi in arrivo dalla via di Damasco attraverso l’itinerario balcanico. Nel 2021 si doveva rinnovare l’«affare profughi». Occorreva giocare d’anticipo. Tra febbraio e marzo del 2020 la Turchia aprì di colpo i confini con la Grecia. Nell’archivio della memoria c’è un cassetto tremendo. Ci sono depositate le immagini del drammatico imbarco di famiglie con bambini su piccoli navigli.
«O adesso o tornate sotto le bombe», fu il messaggio recapitato a questi disperati che affrontarono perigliosamente i pochi chilometri di Egeo per approdare su qualche isola battente bandiera greca cioè Ue. Tornò orrendamente utile allo scopo l’immagine del corpicino del bambino di pochi anni con il volto sepolto tra la sabbia della spiaggia di Bodrum (ottobre 2015). Aylan Kurdi si chiamava. Fu la sua sorte e la sua straziata vita a spingere all’accordo che impegnava Erdogan a bloccare le partenze e a decretare la fine delle partenze mortifere. Dopo il febbraio 2020, eccoci a febbraio 2023. Siamo davanti alla ripetizione, purtroppo non farsesca, delle mosse da becchino per rinegoziare il patto. Osserviamo in dettaglio la sciagura di Cutro.
1- Prendere il mare da Izmir, in Turchia, per arrivare a Crotone, tenendo conto di tutti i fattori (stagione, rotta, qualità dell’imbarcazione, sovraccarico), è un azzardo assoluto. Al momento della partenza, il 23 febbraio, il barometro garantiva tempesta. L’itinerario per farla franca escludeva il passaggio dallo Stretto di Corinto onde evitare l’altolà delle guardie greche, ma obbligava il timoniere al periplo del Peloponneso, consegnando il naviglio alla furia ventosa del Mar Ionio.
Destino segnato. Lo afferma chi, da porti greci o turchi, è uso riportare in un buen retiro italico barche di sicuro più grandi e più solide del caicco stracarico di persone. Colpa del governo? Sì ma non di quello italiano. Indovina-chi ha creato le condizioni, dall’altra parte del mare, per l’ecatombe. È stato un prodigio degli scafisti riuscire a sfiorare l’approdo, con il naviglio sbriciolato a 100 metri dalla salvezza. 100 metri! Dopo aver percorso indenni 523 miglia marine, circa 970 km, resistendo per quattro giorni e quattro notti squassanti, 100 metri!
2- Due skipper, esperti di quella distesa d’acqua indocile, ritengono attraversare il sorvegliatissimo confine della «Patria blu» senza l’avallo in alto e basso loco. Lo sa bene l’Eni, che appena prova a cavare petrolio e gas dal fondale marino di Cipro, come da contratto vede le sue piattaforme circondate dalle cannoniere del Sultano...
3- Gli scafisti tengono alla loro pelle, oltre che al portafogli. E allora perché sfidare l’impossibile? Hanno eseguito un ordine cui non era possibile dire di no. Di una organizzazione criminale connessa al potere politico come in Libia? O direttamente dall’intelligence che ha falsamente garantito una assistenza tecnologica?
4- Perché evitare qualsiasi altro approdo più sicuro (greco, cipriota, albanese) e dirigersi a Cutro (Cosenza)? Ipotesi 1: Turchia e Grecia si sono accordati per fottere l’Italia.
5- La multinazionale schiavista ad alto tasso di protezione islamica ha puntato su Cutro dove regna la cosca della ‘Ndrangheta detta Grande Aracri, capace di trasferire in Germania i disgraziati passeggeri. Per autotutela, qui lo scrivo e qui lo nego.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.