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Migranti, la verità sui morti in mare: colpa dell'Europa

di Daniele Dell'Orco mercoledì 1 marzo 2023

3' di lettura

Il coro necrofago della sinistra a reti unificate non ha risparmiato i migranti che hanno perso la vita nel tragico naufragio di Cutro. Pur di attaccare il governo leader politici e intellò vari si sono scagliati contro il premier Meloni e il Ministro dell'Interno Piantedosi. Le Ong, poi, hanno accusato i soccorsi di scarsa tempestività, dimenticando che il barchino partito cinque giorni fa da Izmir, in Turchia, è stato individuato per la prima volta a sera da un aereo di Frontex in pattugliamento a circa 40 miglia dalle coste calabresi e immediatamente è partita la segnalazione ai soccorritori che sono usciti in mare. La motovedetta e il pattugliatore della guardia di Finanza sono stati costretti al dietrofront solo a causa delle condizioni meteorologiche proibitive. In questo senso, pesano come un macigno anche sulla testa dei mistificatori le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha ammonito l’Unione europea: «Indispensabile che assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio».

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Un riferimento, nemmeno poi così velato, al fatto che soprattutto alla luce del devastante terremoto che ha colpito la Turchia è evidente che la politica europea di coprire d’oro il Sultano Erdogan per gestire i flussi da Iraq, Afghanistan, Siria ma anche Bangladesh e Pakistan al momento non possa funzionare. E, per inciso, subappaltare la responsabilità non poteva essere considerata una strategia risolutiva nemmeno prima, visto che più volte la briscola della “pressione migratoria” era stata calata dalla Turchia contro la stessa Ue. Lo scorso 10 febbraio la Meloni aveva rivendicato con orgoglio il fatto che il paragrafo 3 delle conclusioni del documento stilato al termine del Consiglio europeo si fosse aperto per la prima volta con la frase: «La migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea». Fu in effetti un primo passo piuttosto inedito, mala sua applicazione pratica al momento si articola con decisione solo per quanto concerne le gestioni delle rotte terrestri. A beneficiare dalla presa di coscienza di Bruxelles, infatti, sono principalmente Paesi come Ungheria, Croazia e Polonia. Le frontiere marittime, invece, sono se possibile anche più esposte di prima visto che sempre più migranti saranno costretti a mirare alle coste di Grecia e Italia (e Spagna, ma dalla rotta del Maghreb).

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A fare ammenda per questa ennesima tragedia in mare, dunque, deve essere un’Unione europea che troppo a lungo ha fatto fare il lavoro sporco ad altri, e che dovrà invece dimostrare di essere in grado di fronteggiare la combinazione fatale terremoto, chiusura delle frontiere e utilizzo da parte dell’arma umana da parte di potenze straniere. E alla svelta. Se in totale sono già oltre 14mila i disperati sbarcati in Italia dall’inizio dell'anno, il triplo rispetto allo stesso periodo del 2022, ancora prima del sisma via Turchia arrivava un quarto dei migranti che raggiungono le nostre coste (il governatore della Regione Calabria Roberto Occhiuto ha parlato di 18mila migranti accolti solo nel suo territorio nel 2022, ponendo l’accento proprio sulla rotta turca). Su un rapporto dell’Unhcr stilato nel 2021 da Smirne, si legge che l’Italia è «una destinazione alternativa sempre più preferita dalle persone in movimento». Per gli scafisti (la Squadra mobile di Crotone ne ha fermati quattro), quindi, la nostra penisola ora più che mai è una gallina dalle uova d’oro, per tre ordini di fattori: un numero abnorme di persone che vuole partire; l’incapacità pratica di controllare le frontiere da parte della Guardia Costiera turca; la debolezza dei programmi Ue. Problemi che sfuggono anche a quanti invocano il ruolo salvifico delle navi delle Ong, che affollano le acque a largo della Libia e della Tunisia ma non del Mar Egeo. La loro presenza altro non sarebbe che un quarto incoraggiamento ad acquistare il “biglietto per la vita” e diventare un strumento nelle mani sia di chi lucra sulla disperazione che di chi la usa per attaccare i governi. 

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