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Andrea Crisanti, il processo Covid è la sua vendetta

di Alessandro Gonzato sabato 4 marzo 2023

Andrea Crisanti  

4' di lettura

È il suo momento, di nuovo. Ed è una rivincita su colleghi e politici. Una vendetta, almeno nei toni, i suoi. Partiamo da Andrea Crisanti, d’improvviso professore di pandemie, poi consulente della Regione Veneto, alla fine senatore del Pd.
Crisanti, subito escluso dal Comitato tecnico-scientifico nazionale ma comunque sempre sotto i riflettori. Crisanti che - sostengono i detrattori poi è volato troppo in alto, è stato attirato dalle sirene del Palazzo, ha perso la fiducia di Luca Zaia e a quel punto ha preso l’incarico di consulente della procura di Bergamo che indaga sulla mancata zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro, luoghi simbolo della tragedia. Le tre questioni su cui indagano i magistrati - ci arriviamo - sono la zona rossa, il piano pandemico ignorato e il focolaio nell’ospedale di Alzano.
È un Crisanti che promette battaglia, quello di fine settembre ’21 negli studi Rai di Agorà, e si capisce che ne avrà per tutti: «Nel Cts sedevano due persone lottizzate che sono responsabili di disastri. Il fatto che rappresentino le istituzioni non significa che siano depositari della verità». Ora, dopo l’avvio dell’indagine che coinvolge l’allora premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente della Lombardia Attilio Fontana e il suo ex assessore al Welfare Giulio Gallera, oltre all’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, Silvio Brusaferro (portavoce del Cts), Franco Locatelli (presidente dell’Istituto Superiore di Sanità) e Agostino Miozzo (coordinatore del Cts) - Crisanti torna a parlare di «verità», ma sottolinea: «La motivazione principale mia e della procura è stata tentare di restituire agli italiani la verità su quelli che sono stati i processi decisionali che hanno portato a determinate scelte».
Crisanti ha vergato 90 pagine di perizia, 10mila pagine di allegati. «Un unicum in Italia e in Europa», aveva spiegato il microbiologo il 14 gennaio 2022.
Oggi, secondo i magistrati, l’istituzione immediata della zona rossa avrebbe potuto salvare migliaia di vite: 4.148 se fosse stata creata il 27 febbraio 2020, e 2.659 qualora fosse stata istituita il 3 marzo.

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LE CONTESTAZIONI

A Conte e Fontana i pm contestano il reato di epidemia colposa e in un capo d’imputazione anche l’omicidio colposo insieme a Speranza e altri dirigenti sanitari. Conte chiedeva di usare con parsimonia le zone rosse. Fontana invece non l’avrebbe mai chiesta, o almeno questo è ciò che gli viene contestato in base alle mail di fine febbraio 2020.
Nelle 35 pagine scritte dai pm diretti da Antonio Chiappani si leggono convinzioni come quelle di Conte e di Speranza, accusati di «aver cagionato per colpa» la morte di 55 persone. L’attuale leader dei 5 Stelle «nelle riunioni del 29 febbraio e primo marzo 2020, con i componenti del Cts», si sarebbe «limitato a proporre misure meramente integrative senza prospettare di estendere la zona rossa ai Comuni della Val Seriana nonostante l’ulteriore incremento del contagio in Lombardia» e «l’accertamento delle condizioni che corrispondevano allo scenario più catastrofico».
C’è un altro passaggio secondo cui Fontana non avrebbe protetto i suoi cittadini, «perché in due mail del 27 e 28 febbraio 2020 chiese il mantenimento delle misure vigenti non segnalando le criticità relative alla diffusione del contagio in Val Seriana, inclusi Nembro e Alzano», nonostante l'indicatore “R0” segnalasse che ogni infetto ne contagiava altri due. E ancora, Brusaferro si sarebbe opposto all’applicazione del piano pandemico.
Conte ieri ha ribattuto: «Non c’era un vademecum, ritengo di avere agito con massima umiltà con gli scienziati e gli esperti, i quali almeno nella parte iniziale non avevano certezze scientifiche. Ho agito col massimo della responsabilità, ben vengano le verifiche giudiziarie, sono disponibile a offrire la massima collaborazione nelle sedi giudiziarie, non mi sottrarrò, ma da me non aspettatevi show mediatici».
Anche Fontana si è difeso, e ha tuonato: «È vergognoso che una persona che è stata sentita a inizio indagine come persona a conoscenza dei fatti scopra dai giornali di essere trasformato in indagato. È una vergogna su cui non so se qualche magistrato di questo Paese ritiene di indagare. Sicuramente non succederà niente», ha continuato. «Anche in altri processi sono stato assolto, ho saputo dai giornali cose che non sapevo». Il procuratore sostiene che la zona rossa potesse essere predisposta sia dal governo che dalla Regione Lombardia. «C’è stata una valutazione insufficiente del rischio», ha dichiarato Chiappani a Radio24. «Non potevamo chiudere con una archiviazione», ha evidenziato, «la speranza è che al di là delle accuse e delle polemiche che senz’altro ci saranno, sia uno strumento di riflessione».

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GUANTI E MASCHERINE

Per la procura, Claudio D’Amario (direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute), Brusaferro e Borrelli- assieme al direttore generale della sanità lombarda Cajazza e a Gallera - «rifiutavano di attuare le prescrizioni del Piano per una pandemia influenzale». Ma ci sono anche altre contestazioni: dalla verifica della dotazione di guanti e mascherine, al mancato censimento dei posti letto negli ospedali e dei ventilatori polmonari, ai piani di esercitazione dei sanitari, ai deficitari protocolli di sorveglianza sui viaggiatori che arrivavano in Italia facendo degli scali. L’indagine torna al 23 febbraio: a Giuseppe Marzulli, dirigente medico, Francesco Locati e Roberto Cosentina - entrambi dell’Asst Bergamo Est - vengono contestati i reati di epidemia e omicidio colposo perché «provocarono un incremento non inferiore al contagio di 35 operatori sanitari». Locati è indagato anche per falso perché scrisse che «erano stati fatti tamponi a tutti i sanitari». Di nuovo Crisanti: «Abbiamo dovuto usare delle metodologie innovative, quelle usate per i disastri aerei». La sua perizia va da gennaio ad aprile 2020. Ha parlato anche dell’ondata che ha investito il Veneto, Crisanti, ma l’ha fatto col Corriere online: «Durante la prima ondata la regione è stata un esempio di linee di indirizzo e creatività». Durante la prima ondata c’era lui.

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