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Calenda, incredibile virata: "Il Pd di Elly? Meglio il centrodestra"

di Fausto Carioti domenica 26 marzo 2023

4' di lettura

Il problema dei problemi, quello che ha condotto il Partito democratico alla Caporetto del 25 settembre, e dunque alle dimissioni di Enrico Letta e all’arrivo di Elly Schlein alla segreteria, è stato la mancata alleanza con le altre sigle del centrosinistra. Niente campo largo, e nemmeno campo stretto. Ci si poteva immaginare, così, che la nuova leader si sarebbe preoccupata innanzitutto di ricucire i rapporti con i partiti confinanti. È quello che speravano molti, all’interno del Pd. Invece sta avvenendo l’esatto contrario. La distanza che la separa da Giuseppe Conte al momento non si è accorciata. Anzi, si è aperta una competizione feroce sugli stessi temi, col risultato che gli elettori passano dal M5S al Pd mentre la somma dei due resta più o meno la stessa. Il peggio verrà quando si voterà in aula per mandare altre armi all’Ucraina: dopo avere visto la Schlein seduta al tavolo col segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, i Cinque Stelle stanno accarezzando l’idea di lanciarle un attacco frontale, accusandola di finto pacifismo e asservimento agli Stati Uniti.


Le cose vanno ancora peggio dall’altro lato del Pd, dove il fossato che separa dal terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi si allarga ogni giorno. Calenda, ieri, lo ha detto in termini chiarissimi: su alcuni temi cruciali, il suo terzo polo «è più vicino alla destra che al Pd di Elly Schlein». È il caso dell’uso dell’energia atomica: «La destra sul nucleare dice e non dice, ma ha votato una nostra mozione in cui si dice con chiarezza che si deve andare verso il nucleare», spiega. «L’obiettivo di fare politica è migliorare la vita delle persone e se un provvedimento della destra lo condivido, lo voto».


Il riferimento è a quanto accaduto nei giorni scorsi in parlamento, al termine della discussione sul mandato del governo in vista del consiglio europeo: la maggioranza ha votato alcune parti della risoluzione presentata dal gruppo di Azione e Italia Viva e quest’ultimo ha ricambiato il favore. Il lavoro di tessitura che avrebbe dovuto fare la Schlein lo sta facendo Giorgia Meloni, senza troppa fatica. Alcuni dei renziani, come la ex cigiellina Teresa Bellanova, non hanno preso bene le parole di Calenda. Il quale ha risposto che la vicinanza alla destra è relativa ad alcuni temi specifici, come appunto il nucleare, e non all’intero programma. È il segno che l’amalgama tra Azione e Italia viva non c’è e che si stanno misurando per decidere chi comanderà, ma sulla distanza da tenere rispetto al Pd della Schlein nessuno ha dubbi.


L’UTERO E IL RESTO
L’utero in affitto, argomento sul quale presto in parlamento voleranno gli stracci, è un altro tema che renderà più evidenti certe differenze a sinistra. La repulsione del terzo polo è unanime. «Pagare una donna, in condizioni economiche precarie, perché venda la sua maternità, è aberrante. La pratica dell’utero in affitto deve rimanere un reato», dice Calenda, accusando il Pd di essere «sceso in piazza, come oramai fa settimanalmente, senza chiarire il suo pensiero sulla Gpa», la gestazione per altri. La renziana Raffaella Paita, capogruppo del terzo polo al Senato, la pensa come lui e gli altri loro parlamentari: «Sono contrarissima alla gestazione per altri, perché è una forma moderna di sfruttamento della donna».
È la stessa questione che promette di fare sfracelli nel Pd, il giorno in cui la Schlein spiegherà finalmente qual è la posizione ufficiale del partito: con le coppie arcobaleno che rivendicano il diritto alla maternità surrogata o con chi la giudica il livello estremo della mercificazione?

Calenda e Renzi resteranno lì dove sono almeno sino al prossimo anno, quando si voterà per le elezioni europee, alle quali hanno tutto l’interesse a presentarsi uniti tra loro e distinti dagli altri, sia per superare la soglia di sbarramento del 4%, sia perché ambedue fanno capo a Renew Europe, il raggruppamento di Emmanuel Macron. Nel frattempo, però, le scelte della Schlein e alcuni dei provvedimenti proposti dal governo li spingeranno un po’ verso destra. Perché prima o poi si voterà anche la riforma della giustizia, dove i due hanno già fatto sapere di stare dalla parte di Carlo Nordio. Magari si arriverà a discutere dell’elezione diretta del premier, e anche lì le loro preferenze vanno alle scelte indicate dalla maggioranza. C’è persino qualche possibilità che il ponte sullo Stretto si faccia davvero, e in tal caso hanno già detto che saranno della partita. Il rischio, per la Schlein, è che le rimanga solo Conte. Sempre ammesso che lui sia interessato al connubio e non preferisca isolare il Pd, accusando la Schlein di essere guerrafondaia e di altre nefandezze. Per una così, sarebbe un bel contrappasso.

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