Il problema dell’immigrazione continua a tenere banco in Italia e in Europa. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha chiesto più volte all’Unione europea di non lasciare il nostro Paese da solo di fronte a un’emergenza così delicata. Il governo intanto ha iniziato a prendere delle contromisure per evitare tragedie come quella di Cutro dello scorso 26 febbraio. Di qui il decreto scafisti e norme più stringenti contro le Ong. Queste ultime sono finite più volte sotto la lente per via dei loro salvataggi in mare. In alcuni casi, infatti, ci sarebbero delle ombre nel loro modo di operare.
CASO IUVENTA
Lo dimostra il caso della Iuventa, che fino a qualche anno fa operava in mare in soccorso dei migranti per conto dell’organizzazione non governativa tedesca Jugend Rettet. Dal 2017, però, a seguito dell’apertura di un’inchiesta a Trapani per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la motonave è stata posta sotto sequestro. Queste indagini sarebbero partite dalle rivelazioni di investigatori sotto copertura. In particolare, uno avrebbe lavorato sulla nave Vos Hestia che operava per Save the Children. Quest’ultimo, come mostrato in un servizio di Quarta Repubblica andato in onda lunedì 27 marzo, ha raccontato di essersi imbarcato a inizio settembre 2016 e di essere rimasto a bordo fino ad agosto 2017. Lui avrebbe anche realizzato i primi video acquisiti dagli inquirenti che dimostrerebbero diverse anomalie nell'operato delle Ong.
“Iniziamo a incontrare dei barchini che giravano intorno a questi gommoni carichi di migranti – ha raccontato l’uomo -. Dalla Ong venivano definiti dei pescatori. Aspettavano che si svuotavano i gommoni e poi si riportavano i gommoni indietro. Dopo il trasbordo le barche vengono riportate in Libia trainate con una fune. In realtà non si tratterebbe di pescatori ma di trafficanti, a cui viene data la possibilità di recuperare il barchino abbandonandolo alla deriva, il tutto con mare calmo e a poche miglia dalle acque territoriali libiche”.
“Ma davvero le Ong credono che si tratti solo di pescatori? A leggere alcuni messaggi scambiati in una chat Whatsapp dei team leader delle navi di soccorso intercettati dagli inquirenti sembrerebbe di no”, si racconta nel servizio di Quarta Repubblica. In una chat del 25 maggio 2017, per esempio, ci sarebbe scritto: “La barca della guardia costiera libica ha raggiunto un barchino di trafficanti e sta facendo salire i trafficanti a bordo”. Nei messaggi, insomma, si parlerebbe espressamente di trafficanti e non di pescatori. In un’altra chat del 28 giugno 2017, invece, qualcuno avrebbe scritto: “Ero fortemente tentata di parlare con i trafficanti per dire loro di evitare di mandare così tanti migranti in una volta sola”. Nelle comunicazioni ufficiali con la guardia costiera italiana invece si sarebbe parlato di pescatori e di nessuna persona sospetta. Alla base di questa condotta ci sarebbe il concetto di neutralità, cioè salvare vite a ogni costo. Secondo l'accusa, però, questo potrebbe favorire indirettamente il business dei trafficanti. I presunti appuntamenti – come detto nel servizio del programma di Nicola Porro – avverrebbero, secondo l'accusa, attraverso gli stessi migranti, che segnalerebbero la partenza ad attivisti in Europa e al personale delle Ong in Libia.
CASO OPEN ARMS
A gettare un’ombra su possibili contatti tra Ong e scafisti è anche quanto venuto a galla lo scorso dicembre nell’ambito del processo che vede imputato il leader della Lega Matteo Salvini per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. La svolta sarebbe derivata da un’informativa della Marina militare italiana di quattro anni fa. Il documento redatto dalla centrale operativa dell’Alto Comando a Roma, e acquisito dal Tribunale di Palermo su richiesta della difesa di Salvini, era stato inviato alla Procura di Roma, alla Procura del Tribunale militare di Roma e, per conoscenza, ad altre sette procure. Cosa dice quel documento? Che una missione di salvataggio di migranti nel Mediterraneo sarebbe stata condotta “in maniera autonoma e senza interfacciarsi con le preposte Autorità di soccorso”. E anche che la posizione dell’imbarcazione soccorsa “sarebbe stata passata alla Ong da terzi”.
In allegato due audio, ventisette video e sedici immagini scattate il 1 agosto del 2019 - giorno del salvataggio di 147 migranti da parte della ong spagnola Open Arms - da un sottomarino della Marina italiana, il “Venuti”, impegnato in un’operazione di pattugliamento all’interno della missione “Mare sicuro”. Da questa informativa - di cui l’allora ministra della Difesa Elisabetta Trenta, ascoltata nel processo, si è detta all’oscuro - emergono dubbi sull’attività dell’ong “78 miglia al largo delle coste libiche”. Per Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini nel processo, il mancato inoltro dell’informativa da parte delle procure è “un dato preoccupante” perché finora “è sempre mancata la valutazione delle violazioni di queste Ong”.
CASO OCEAN VIKING
Più recente invece il caso della nave di SOS Méditerranée, la Ocean Viking. Quest’ultima sarebbe finita nel mirino della guardia costiera libica. Durante un soccorso, come denunciato dalla stessa Ong, “la motovedetta 656 della Guardia costiera libica è arrivata sul posto, avvicinandosi pericolosamente alla Ocean Viking. Tutti i tentativi del team di comando di contattare la nave della Guardia costiera via radio sono rimasti senza risposta. L’equipaggio della motovedetta libica ha iniziato a comportarsi in maniera aggressiva, minacciando con armi e sparando colpi di fucile in aria”. In questo caso non c’entrerebbero nulla presunti contatti con gli scafisti, ma a finire sotto la lente è sempre il comportamento delle Ong, criticate dalla Guardia Costiera italiana e accusate in intralciare i soccorsi.
“Al delicato lavoro di coordinamento dei soccorsi, si sommavano le continue chiamate dei mezzi aerei ong che hanno sovraccaricato i sistemi di comunicazione del centro nazionale di coordinamento dei soccorsi, sovrapponendosi e duplicando le segnalazioni dei già presenti assetti aerei dello Stato – si legge nella nota della Guardia Costiera -. Allo stesso modo, l’episodio citato da ong Ocean Viking e riferito ai presunti spari della Guardia costiera libica avvenuto in area SAR ricadente nella responsabilità di un altro centro di coordinamento nazionale, non veniva riportato al Paese di bandiera come sarebbe previsto dalle norme sulla sicurezza della navigazione, bensì al centro di coordinamento italiano, in modo continuativo, finendo anche questo col sovraccaricare l’IMRCC in momenti particolarmente intensivi di soccorsi in atto”.
ONG PULL FACTOR?
In un report dell'Agenzia europea della vigilanza dei confini, Frontex, le Ong sarebbero state definite come “pull factor” cioè “fattore di attrazione” per le partenze dei migranti. Il rapporto, relativo al periodo 1 gennaio-18 maggio 2021, è stato visionato dall'Adnkronos qualche mese fa. Secondo quanto sottolineato da Frontex nel documento, ''i migranti che arrivano dalla Libia dichiarano costantemente'' di aver verificato, prima della partenza, la presenza delle ong nell'area, spiegando che, "in assenza delle navi delle ong nel Mediterraneo, molti rifiutano di partire".