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Gay e utero in affitto, ora il Parlamento europeo censura l'Italia

di Fausto Carioti venerdì 31 marzo 2023

3' di lettura

Un voto politico contro il governo Meloni, un voto in favore della surrogazione di maternità, vietata dall’ordinamento italiano. Lo ha espresso ieri il centrosinistra nel parlamento europeo, con il sostegno decisivo di alcuni eletti del Ppe, forzisti esclusi. Eppure mercoledì il sindaco di Milano Beppe Sala, quando si era presentato a Bruxelles per chiedere alla sinistra europea di intervenire sull’Italia, aveva prospettato un copione diverso: «So che per la maternità surrogata anche nel mio partito ci sono idee diverse. In tutti gli altri casi, è ora di agire». In altre parole: sì al riconoscimento automatico della coppia di “genitori” se si tratta di due donne, ma non se sono due uomini, poiché è evidente che costoro hanno fatto ricorso all’affitto di un utero. Che poi è la linea seguita sinora da lui, da Roberto Gualtieri e dagli altri sindaci progressisti mobilitatisi contro il governo: riconoscono nei registri comunali due “madri” di uno stesso figlio, ma non due “padri”.

La proposta caldeggiata da Sala e dal capodelegazione del Pd Brando Benifei, e approvata dall’assemblea in seduta plenaria, riguarda invece tutte le «coppie omogenitoriali», senza distinzioni. E riconoscendo automaticamente la paternità di due uomini, lo Stato italiano legalizzerebbe in modo surrettizio la Gpa, ossia la “gestazione per altri”, proibita dalla legge 40 del 2004. Si tratta comunque di un voto politico: alza il livello dello scontro, ma non avrà conseguenze pratiche.
Il testo approvato è un emendamento alla risoluzione sullo stato di diritto nella Ue. Il gruppo Renew Europe, che ruota attorno agli eletti del partito di Emmanuel Macron, “sensibilizzato” da Sala, ha proposto di aggiungere alla risoluzione originaria queste parole: «Si condannano le istruzioni impartite dal governo italiano al Comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali, e si ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli. Si ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, e si esprime preoccupazione per il fatto che tale decisione si iscrive in un più ampio attacco contro la comunità Lgbtqi+ in Italia». Quindi, «si invita il governo italiano a revocare immediatamente la decisione». 

In realtà, la registrazione dei figli delle coppie omogenitoriali non è esclusa dall’ordinamento italiano: semplicemente, non è automatica. Il genitore biologico è iscritto subito come padre o madre del bambino, che ha dunque tutti i diritti che hanno i figli di genitori single. Il partner, se vuole essere riconosciuto come secondo genitore, deve chiedere l’«adozione per casi particolari», concessa dal tribunale per i minorenni nel «superiore interesse» del minore, dopo aver esaminato il caso e accertato che esiste un solido legame affettivo tra il partner del genitore biologico e il bambino.

Questo percorso non lo ha scelto il governo, malo ha indicato la Corte di Cassazione, senza distinguere tra coppie lesbiche e coppie gay, nella sentenza emessa a novembre, con cui di fatto, a ordinamento invariato, è stata accolta la storica richiesta delle famiglie Lgbt di introdurre in Italia la “stepchild adoption”, l’adozione del figliastro. Era stata presentata come la conquista definitiva, ma l’asticella delle richieste si è già alzata e ora si punta dritti alla legalizzazione dell’affitto dell’utero, magari mascherata da gesto gratuito.

L’ipocrisia è evidente anche laddove si cita la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia. Questa assegna infatti al «fanciullo» il «diritto (...), nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e ad essere allevato da essi». E conoscere la propria madre o il proprio padre è il diritto che viene negato al figlio che viene fatto nascere dall’ovocita di una donna che non conoscerà mai e tenuto in grembo da un’altra donna che si è assunta l’incarico di portare avanti una gravidanza conto terzi, oppure dagli spermatozoi che un padre ignoto ha venduto a una banca del seme. Oltre che da Renew europe (al quale appartengono gli europarlamentari del terzo polo, che pure si professano contrari all’affitto dell’utero), dal Pd e dagli altri Socialisti, dai Verdi e dal gruppo della Sinistra, l’emendamento è stato votato da una parte degli eletti del Ppe, in particolare nordici e portoghesi: per i popolari europei, l’ennesimo segnale di sbandamento. Forza Italia ha votato compatta col resto del centrodestra. 

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