Tu chiamala, se vuoi, "la maledizione della Serracchiani". Elly Schlein e il suo nuovo Pd escono con le ossa rotte dalla prima prova elettorale, le regionali in Friuli Venezia Giulia. Il centrodestra ha portato Massimiliano Fedriga alla riconferma nel ruolo di governatore. Il record di Luca Zaia in Veneto evocato alla vigilia dal Doge (il 77%) non è stato battuto, ma il leghista ha comunque portato a casa un 64% netto e inequivocabile. Il centrosinistra, rappresentato da un Massimo Moretuzzo mandato allo sbaraglio, si ritrova in mezzo alle macerie di un crollo iniziato proprio nel 2018, quando proprio Debora Serracchiani governatrice uscente decise di non ricandidarsi sia per motivi personali sia perché consapevole che sarebbe andata incontro a una bruciante sconfitta. Erano i mesi del trionfo sovranista di Lega e Movimento 5 Stelle, che oggi con la svolta sinistrissima imposta da Giuseppe Conte sono i naturali alleati della Schlein. Si è tornati a parlare di campo largo, ma il risultato non cambia.
LETTA, EREDITA' AVVELENATA
Intendiamoci: la povera Debora, rimasta sul gozzo alla stragrande maggioranza degli elettori friulani e giuliani che l'hanno sempre considerata una paracadutata dal Pd romano, con l'esordio da incubo di Elly c'entra nulla. C'entra, però, perché rappresenta tutte le pratiche rimaste inevase sulla scrivania della neo-segretaria. Evaporato l'entusiasmo delle primarie vinte con l'aiutino decisivo ai gazebo dei simpatizzanti di Articolo 1 e 5 stelle, l'arrosto ha iniziato a bruciacchiarsi fin da subito. Innanzitutto, l'eredità di Enrico Letta. La Serracchiani era una sua fedelissima, capogruppo alla Camera in uscita quando l'ex premier ha annunciato le sue dimissioni da segretario, dopo il disastro delle politiche di settembre. Nel congresso più lungo di sempre, l'ombra delle correnti ha continuato a gravare sulla testa dei futuri leader democratici e a un certo punto, dopo la vittoria della Schlein, il passo indietro della Serracchiani (e della collega Malpezzi al Senato) non è sembrato più così tanto scontato. Questo perché una parte della minoranza che ha sostenuto Stefano Bonaccini contro Elly ha avuto la tentazione di riconfermarla a Montecitorio, anche solo per poter piantare una bandierina. La neo-segretaria però ha fatto della parola "rinnovamento" il suo unico mantra, una fiche pesante soprattutto perché il bluff, considerato il corpaccione del partito, era facile da smascherare. Risultato: per un mese, dopo la sua investitura, la leader ha mediato, proposto, trattato per uscire dall'impasse e solo dopo un braccio di ferro e il rischio di prime fughe è riuscita a imporre la sua nomina (Chiara Braga).
RAFFICA DI FIGURACCE
D'altronde, il Pd è ancora nel limbo. Per molti versi ancora "lettiano" come impostazione, ma con chiare aspirazioni radical. Significativo però che la nuova legislatura sia nata (male) proprio con il primo scontro in aula tra la Serracchiani e la premier Giorgia Meloni. La prima ha accusato la seconda di stare "un passo indietro agli uomini" e la leader di Fratelli d'Italia, primo presidente del Consiglio donna nella storia d'Italia, l'ha strigliata davanti a tutti con una frase diventata virale nel giro di pochi minuti: "Mi guardi negli occhi, onorevole Serracchiani". E sempre intorno alla Serracchiani è ruotata la polemica che ha segnato indelebilmente le settimane precedenti e successive alle primarie, quella con Giovanni Donzelli sul caso Cospito e 41 Bis. Insomma, pur di fatto destituita da ogni rappresentatività, l'ex governatrice del Fvg ha continuato a seminare disastri, gaffe, figuracce finite ora tutte sul conto della Schlein. Quando Meloni è tornata alla Camera a marzo, né la segretaria né la Serracchiani hanno parlato, e qualche malizioso ha insinuato che la scelta non fosse dettata solo dall'esigenza di far intervenire gli altri colleghi (in quel caso, Piero De Luca, vice-capogruppo) ma anche per evitare nuovi pesanti frontali con la premier.
PD BALENA ROSA
Debora è oggi una eterna giovane invecchiata malissimo, forse perché rimasta tale e quale a quella che una quindicina di anni fa, insieme ai vari Matteo Renzi, Matteo Orfini e Pippo Civati chiedeva il rinnovamento della “Ditta” salvo poi venirne inghiottita con grande piacere. Ed eccola, la sua maledizione che forse è quella di tutto il Partitone a vocazione maggioritaria sognato da Walter Veltroni. Una Balena bianchiccia, virata al rosa, che tutto mangia e tutti digerisce. Un esempio? Dopo aver vinto al grido "basta cacicchi, basta capibastone", la segretaria si ritrova ancora con il puzzle della sua squadra sul tavolo, un rompicapo in cui basta il nome sbagliato su una tessere per mandare tutto all'aria. Dove lo metto Provenzano? Franceschini ha qualche suo fedelissimo in posti di rilievo? Andrea Orlando si offenderà?
QUESTIONE DI MARKETING
La “lumachina” Schlein sulla scena è arrivata qualche anno dopo la Serracchiani, non un'era geologica. Le sue parole d'ordine non sono poi così diverse da quelle usate a suo tempo dalla collega. Entrambe volevano cambiare faccia al partito, renderlo più al passo con i tempi, più appetibile sul mercato dei voti. Certo, la Serracchiani guardava al centro e la Schlein a sinistra, ma in fondo era solo questione di marketing.