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Carlo Nordio, i giudici sfidano il ministro: Artem Uss, scontro tra poteri

di Iuri Maria Prado venerdì 21 aprile 2023

3' di lettura

Non c’è nessun dubbio sul fatto che il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, abbia rivolto una requisitoria molto pesante ai magistrati milanesi che avevano limitato al vincolo domiciliare e all’uso del braccialetto elettronico gli arresti di Artem Uss, che poi si è sottratto a quella misura cautelare. Una misura che, probabilmente, poteva apparire inadeguata quando era disposta, visto che le autorità statunitensi avevano con forza segnalato a quelle italiane le caratteristiche di pericolosità di quel signore e considerato che la stessa autorità giudiziaria italiana, convalidando l’arresto, sottolineava che tra i pericoli verosimili c’era proprio quello che poi si rivelava concreto, cioè il pericolo di fuga. E se quella misura appariva probabilmente inadeguata a quell’altezza di tempo, indiscutibilmente si è rivelata inadeguata alla resa dei conti, visto che il recluso ha avuto la possibilità di darsela a gambe.

Ora, è perfettamente legittimo che le magistrature associate e corporate difendano la bontà delle scelte giudiziarie che si sono rivelate inidonee a impedire la fuga di quel signore, fuga che alla luce delle pregresse segnalazioni e avvisaglie davvero non poteva considerarsi imprevedibilmente estranea all’ordine delle cose. Quel che lascia perplessi, invece (ed è un modo soffice per descrivere la sensazione), è che quelle rappresentanze delle magistrature organizzate insorgano davanti a una contestazione certamente dura (lo ripetiamo), ma ripescando un argomento troppe volte adoperato per assolvere l’attività giudiziaria da qualsiasi possibilità di valutazione e controllo pubblico e di critica, e cioè “l’autonomia e l’indipendenza” della magistratura.

Il fatto che la situazione del signore in questione fosse “ad altissimo rischio di fuga” non l’ha inventato il ministro Carlo Nordio nella sua informativa di ieri alla Camera: era un fatto noto quando l’avevano arrestato originariamente ed era un fatto noto quando la magistratura, mettendolo ai domiciliari, riteneva evidentemente, e alternativamente, che il pericolo di fuga in realtà non ci fosse o che i domiciliari e il braccialetto fossero sufficienti a scongiurarlo. Nei due casi, ci sembra, richiamare “l’autonomia e l’indipendenza” della magistratura appare a dir poco inappropriato, salvo che per rivendicare il diritto della magistratura - scritto non si sa dove- di sfuggire a qualsiasi ipotesi di controllo del proprio modo di lavorare. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, che si dice «sconcertato» per un’iniziativa (quella del ministro, il quale ha avviato un’azione disciplinare) che «mina lo stato di diritto ed evoca quanto accade in Paesi come Polonia e Israele», si lascia andare in tal modo, lo diciamo con tutto il rispetto dovuto, a un fare politicante più da comizio che da dibattito istituzionale.

Ma non basta. Sempre da quei rappresentanti della magistratura corporata viene poi, infatti, il lamento secondo cui la giustizia sarebbe istigata, in forza di questa iniziativa di Nordio, a sbattere tutti in carcere e a non far più ricorso alla detenzione domiciliare. Insomma, ci sarebbe una magistratura penosamente costretta a incarcerare la gente, e invece proclive, per noto garantismo, a concedere largamente le misure alternative alla detenzione, e vedi tu un ministro che reclama le sbarre per tutti. Un ragionamento, si ammetterà, abbastanza improbabile considerando da un lato le caratteristiche non propriamente ordinarie del signor Artem Uss e, dall’altro lato, la facilità con cui un cittadino in questo Paese può essere messo e tenuto in carcere, prima del processo, perché è il cugino di uno zio della trisnonna intercettata che ha mangiato la pizza nel ristorante dell’amico del nipote di uno che forse ha fatto traffico di influenze. Si dice infine da parte delle opposizioni che la fuga di Uss denunci piuttosto delle carenze di controllo e intervento da parte del governo, e dunque di Nordio. Avrebbe dunque dovuto interferire, mentre esse erano prese ed eseguite, nelle decisioni giudiziarie? E l’autonomia e indipendenza della magistratura? 

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