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Alluvione, modello Zaia: perché il Veneto si è salvato e l'Emilia Romagna affonda

di Fabio Rubini lunedì 22 maggio 2023

3' di lettura

La data chiave per iniziare a raccontare questa storia è quella del 31 ottobre 2010. In quel giorno le cateratte del cielo si aprirono sul Veneto e scaricarono al suolo una quantità d’acqua tale da allagare 140 chilometri quadrati di territorio, colpendo 130 Comuni. Una vera e propria tragedia umanitaria con oltre mezzo milione di sfollati. Le immagini trasmesse dalle Tv erano molto simili a quelle che oggi arrivano dalla Romagna. Tredici anni dopo, a fronte delle condizioni meteo complesse di questi giorni, il Veneto, a differenza dall’Emilia Romagna, si è “salvato” dal nubifragio. Il “modello” di Zaia ha retto, quello di Bonaccini è affondato nel fango. Le ragioni di questo vanno cercate nel lavoro e negli investimenti che la Regione Veneto ha iniziato a fare appena le acque dei fiumi si sono ritirate. L’allora governo Berlusconi quater non perse tempo e nominò il neo governatore Luca Zaia commissario straordinario del governo per «il superamento dell’emergenza». Il presidente del Veneto a sua volta istituì un Comitato tecnico scientifico col compito di studiare i rischi idraulici e geologici del L’ex premier Veneto.

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IL PIANO D’INVESTIMENTI

Gli esperti, a loro volta, redassero il “Piano delle azioni e degli interventi di mitigazione del rischio idraulico e geologico”. In quel documento erano previsti investimenti in opere pubbliche per circa 2,7 miliardi di euro. Zaia, a differenza di quanto solitamente succede in Italia, non chiuse quel report in un cassetto in attesa degli eventi, ma si diede subito da fare per applicarlo nella sua interessa. Il risultato di questo impegno, è che molti di quei progetti sono stati cantierati e realizzati. A parlare sono i numeri ufficiali della Regione Veneto: in circa dieci anni dei 2,7 miliardi previsti, ne sono stati investiti 2,1.
Gli interventi effettuati sul territorio regionale dal commissario Zaia - anche dopo la tempesta “Vaia” del 2018- sono stati circa 2.500. Di questi oltre 300 solo per il controllo delle acque, con la realizzazione di sette bacini di laminazione, cioè quelli che in questi giorni hanno “salvato” il Veneto dalle inondazioni.
Stimolato sul tema, Luca Zaia ha preferito mantenere un profilo basso. «Non entro nel merito di ciò che è accaduto nell’Emilia Romagna e non si deve fare perché ogni tragedia ha una dinamica a sé. Dico semplicemente che per quel che riguarda il Veneto se oggi tornassero le condizioni del 2010, le abbiamo un po’ testate nel 2019 con “Vaia”, abbiamo la certezza che non subiremo più quello stress che abbiamo avuto».
Meno diplomatico del “Doge” è stato Paolo Zanca di Azione, che in un’intervista ad Affari Italiani ha sparato a palle incatenate sul duo Bonaccini-Schlein. «Non si può far finta di niente. Chi conosce i meccanismi della Regione sa che qui c’è qualcosa che non va, vanno date spiegazioni». E ancora: «Io dalla Schlein vorrei avere il bilancio di che cosa ha fatto in questi due anni (mentre era vice presidente della Regione Emilia Romagna, ndr). Mi deve dire... abbiamo fatto questi lavori, in questa situazione, abbiamo speso tanto e per questi motivi. A me delle morali non me ne frega niente: voglio sapere, pezzo per pezzo, che cosa è stato fatto. Voglio gli stessi numeri e dati da Bonaccini».

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RITORNO ALL A VITA

Intanto ieri a fare il punto della situazione è arrivato a Bologna il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini. Dopo aver ringraziato «tutti quelli che giorno e notte stanno lavorando per la sicurezza materiale e immateriale», il leader della Lega ha spiegato che servono infrastrutture e che «ci sono dighe fermate da troppi anni. Queste opere servono, non sono di destra o di sinistra». Salvini ha poi parlato della ricostruzione, auspicando che «entro i primi giorni della prossima settimana si possa tornare a una situazione di normalità». Però «serviranno n a Ferrara regole speciali, con meno burocrazia, sul modello di quanto abbiamo previsto col nuovo codice degli appalti». Infine Salvini è tornato sull’uso dei fondi del Pnrr: «Per rinegoziare con l’Europa servirebbero mesi. Io ho lì’esigenza di fare bene e in fretta. Un Paese come l’Italia può fare da solo».

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