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Vittorio Feltri: bimbi sopravvissuti nella foresta? Cosa ci insegna questa storia

di Vittorio Feltri giovedì 15 giugno 2023

3' di lettura

La giungla è l’ambiente più impenetrabile, pericoloso e inospitale del pianeta, almeno per l’essere umano, il quale ha poche probabilità di sopravvivere se abbandonato senza risorse e senza difese all’interno della foresta pluviale, un labirinto sconfinato, fitto di vegetazione, dove le insidie sono infinite tra ragni, serpenti, coccodrilli, giaguari e altre bestie fameliche, a ciò si aggiungano le forti piogge che rendono il clima umido e soffocante e l’alto rischio di contrarre infezioni. Eppure Lesly Jacombaire Mucutuy, 13 anni, Soleiny Jacombombaire Mucutuy, 9 anni, Tien Noriel Ronoque Mucutuy, 4 anni e Cristin Neriman Ranoque Mucutuy, di neppure un anno, dopo essere miracolosamente scampati a un incidente aereo, in cui ha perso la vita anche la loro mamma, hanno resistito 40 giorni in Amazzonia, da soli, senza viveri se non tre chilogrammi di farina di manioca che ha consentito loro di sfamarsi per un po’, spaventati e altresì traumatizzati dalla scomparsa della madre, Magdalena, la quale è spirata dopo quattro giorni di agonia, assistita fino all’ultimo istante dai suoi bambini. A questi la signora ha sussurrato prima di spegnersi: «Andate. Incontrerete il vostro papà».

IN CERCA DEL PAPÀ - La famiglia, in fuga dalle forze armate rivoluzionarie della Colombia, stava appunto raggiungendo il babbo che lo scorso aprile, a causa di minacce di morte, era migrato verso una località protetta. Così i bimbi si sono messi in cammino, si sono nutriti di frutti selvatici, hanno ricavato una sorta di protezione dalle intemperie servendosi di pochi stracci, hanno trascorso le notti buie rannicchiati uno sull’altro, mentre i suoni inquietanti della giungla li braccavano e nessun adulto era lì a rassicurarli.

Confesso che questa storia, che sembra frutto della fantasia di uno scrittore, non mi dà tregua da quando ho appreso la notizia del ritrovamento dei fratellini, notizia che del resto ha colpito il mondo intero. Come può un neonato resistere nella giungla? Come può una tredicenne assumere il ruolo di madre, di guida, di baluardo, quando ella stessa non è che una fanciullina bisognosa di protezione e accudimento? Come possono quattro infanti uscire incolumi da una esperienza che avrebbe stroncato chiunque di noi dal punto di vista non solo fisico ma anche psichico?

Come ogni fiaba che si rispetti anche in questa, oltre alle bestie feroci, c’è una nonna. Una nonna che ha insegnato alla nipotina a cavarsela in situazioni terrificanti, come appunto quella nella quale sono letteralmente precipitati questi ragazzini. Lesly, nonostante la tenera età, è in grado si procacciarsi cibo e acqua, di orientarsi in mezzo alla foresta osservando il modo in cui i raggi del sole penetrano attraverso alberi e foglie, di nascondersi dagli animali pericolosi, di distinguere piante e funghi velenosi da quelli commestibili, di individuare percorsi praticabili. Al di là di queste nozioni, che si sono rivelate salvifiche perse stessa e per i fratellini, questa bimba ha dato prova di uno straordinario senso di responsabilità. E anche questo deve esserle stato trasmesso in famiglia. Piagnucolare, disperarsi, strapparsi i capelli, lasciarsi andare, rassegnarsi, arrendersi, sono verbi che non risultano essere presenti nel vocabolario di Lesly, la quale, essendo la più grandicella, si è fatta improvvisamente adulta allo scopo di aiutare i fratelli minori.

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MORALE DELLA STORIA - Questa vicenda dovrebbe indurci a riflettere sul nostro modo di educare i giovani, che stordiamo fin dai primi annidi vita consegnando nelle loro mani tablet e telefonini e con i quali non parliamo più né tantomeno ascoltiamo. Certo, addestrare i ragazzi a cavarsela nella foresta amazzonica potrebbe essere poco utile, ma non li addestriamo neppure a cavarsela nella vita, nel mondo nel quale si muovono, che non è una giungla meno insidiosa, in fondo, di quella colombiana. Siamo sempre lì, pronti a salvarli, ad assisterli, a sollevarli da ogni tipo di dovere. Li rendiamo inetti, pigri, disorientati, molli, irresponsabili. Così avviene che alla prima difficoltà essi crollino. La nonna di Lesly, invece, ben sapendo che non potrà esserci per sempre e in ogni situazione, ha messo la nipote nella condizione di farcela persino nell’assurdo caso in cui fosse precipitata a bordo di un aereo nel cuore dell’Amazzonia e avesse dovuto provvedere a se stessa da sola. È tutta qui la differenza tra un tipo di educazione che produce babbei e un tipo di educazione che rende i nostri figli donne e uomini di valore. 

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