Alessandro Orsini
Più putiniani di Putin, fino al parossismo di negare la realtà e di contraddire lo stesso Putin che la realtà stavolta non la nega. «Siamo stati sull’orlo della guerra civile», ha detto il presidente russo che ha perfino ammesso che Prigozhin era al soldo del Cremlino. E di chi avrebbe dovuto esserlo? Sui social i putiniani non hanno dubbi, della Cia ovviamente, origine di tutti i mali e della guerra stessa, ma questa è cosa da dilettanti, i veri putiniani hanno ben altri argomenti.
Secondo Alessandro Orsini, il docente della Luiss che sostiene che Putin in Ucraina ha già vinto, l’ammutinamento di Prigozhin è stato una specie di test dal quale lo zar ne esce «enormemente rafforzato». «Nessuno ha provato ad assassinarlo», ha detto a Cartabianca, «nessuno è sceso in piazza per rovesciarlo, l’esercito è stato al suo fianco» e «se fosse stata vera la narrazione occidentale, i russi avrebbero dovuto cogliere la palla al balzo per scendere in piazza e spodestarlo».
Quanto a Prigozhin anche lui, in fondo, non ha colpe. «È possibile anche che non volesse fare un golpe ma poi gli eventi hanno preso un’altra piega», insomma, la situazione è precipitata, è andata oltre le intenzioni dello stesso Prigozhin che in realtà ce l’aveva con il ministro della Difesa Shoigu e il Capo di Stato maggiore Gerasimov. «Prigozhin è abituato al sangue e ai massacri, può aver perso il contatto con la realtà, quello psicologico è un elemento da considerare», ha aggiunto, dicendosi quasi sicuro che Putin non lo farà assassinare, quantomeno nel breve periodo. «A volte questi grandi oppositori diventano elementi di stabilizzazione, molto dipenderà da come si comporterà Prigozhin», ha chiosato Orsini che quasi tradisce un debole per il macellaio di Bakhmut.
PROPAGANDISTI - Tutto lecito, sia chiaro, ognuno è libero di pensarla come vuole, ma il problema è che manco lo sfiora l’idea che stavolta il presidente russo possa aver accusato il colpo, se non altro perché, come ha ammesso lui stesso, si è andati vicini a qualcosa che assomiglia al 1917. Eppure per i putiniani la verità è sempre un’altra. Il Fatto Quotidiano, partendo dallo stesso presupposto di Orsini, e cioè che la «narrativa occidentale» è solo «propaganda mediatica», ha cercato di spiegarci la tesi secondo cui in realtà Putin è riuscito nell’intento di conservare la Wagner, o quantomeno i suoi mercenari, ma di destituirne il suo capo in attesa di sceglierne il successore. Insomma, era tutto studiato e l’avanzata senza colpo ferire di Prigozhin in territorio russo, nonché il provvido intervento di Lukashenko e il mantenimento dei vertici militari, ne sarebbero una dimostrazione.
Sembra di sentire Viktor Orbán che proprio in queste ore ha rilasciato un’intervista alla tedesca Bild in cui ha dichiarato che in realtà la ribellione di Prigozhin «è un evento di poca importanza» dal quale in ogni caso il presidente russo ne esce bene. «Chiunque ipotizzi che possa cadere o essere sostituito», ha detto, «non capisce il popolo russo e le sue strutture di potere». Il premier ungherese non esclude che Putin possa aver perso o perdere il controllo per un breve periodo, ma «la Russia lavora e funziona in modo diverso rispetto ai Paesi europei», e non ci sono dubbi che nel 2024 Vladimir sarà rieletto. «Le strutture in Russia sono molto stabili. Si basano sull’esercito, i servizi segreti, la polizia, quindi è un Paese diverso, è un Paese a orientamento militare».
La Russia insomma è un Paese che non può essere compreso dalla «nostra logica» e quanto alla vittoria dell’Ucraina Orban sostiene che è qualcosa di «impossibile». «Non hanno soldi. Non hanno armi. Possono combattere solo perché noi in Occidente li sosteniamo. Quindi se gli americani decidono che vogliono la pace, la pace ci sarà», ha aggiunto Orban ricalcando uno degli argomenti preferiti dei putiniani non consapevoli, quelli che lo sono ma non sanno di esserlo.
TIMOROSI - Sono quelli che sostengono, e che hanno ripetuto proprio in questi giorni, che chi tifa per la caduta di Putin è un irresponsabile perché non si preoccupa delle possibili conseguenze. Vale a dire che senza lo zar la Russia potrebbe essere molto più pericolosa di quello che è attualmente, le sue atomiche potrebbero finire in mano a gente come Prigozhin che non avrebbe tante remore a utilizzarle. Insomma, meglio lasciare Putin dov’è, meglio sperare che nessuno destabilizzi un Paese che possiede oltre 6mila testate nucleari. Meglio non ferire Putin, perché si sa, la belva è più pericolosa quando è ferita.