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Chiara Colosimo: "Scavare nei 57 giorni di buio per la verità su Paolo Borsellino"

di Brunella Bolloli venerdì 21 luglio 2023

Chiara Colosimo

5' di lettura

Fare luce sulle verità nascoste del passato senza dimenticare i buchi neri del presente: su questi due binari paralleli si muove il lavoro della commissione parlamentare Antimafia dal 23 maggio presieduta da Chiara Colosimo, 37enne fedelissima del premier Giorgia Meloni di cui è amica prima che esponente di punta di Fratelli d’Italia. Stesso percorso politico, stesso impegno a capo del movimento giovanile di An, stessa gavetta fatta di tanta militanza a Roma e nel Lazio e un filo conduttore che non si stancano mai di ripetere: se abbiamo cominciato a fare politica è grazie all’esempio e al sacrificio di eroi come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, pezzi «fondanti» di storia dell’Italia. «La mia prima fiaccolata in ricordo del giudice Borsellino è stata nel 2004 o 2005, ero poco più di una ragazzina», spiega a Libero Colosimo, «e da allora ogni anno non sono mai mancata».

Quando mesi fa è stato fatto il suo nome per il vertice della commissione Antimafia, l’organismo bicamerale d’inchiesta che ha il compito di indagare sui fenomeni mafiosi e criminali nel nostro Paese, il centrosinistra ha provato in tutti i modi ad opporsi scavando anche nei profili social a caccia di amicizie “pericolose”, ma il centrodestra non ha avuto cedimenti e la deputata di Fdi è stata eletta a maggioranza. Da tre giorni Chiara Colosimo si trova a Palermo per le commemorazioni della strage di via D’Amelio e stamattina parteciperà al convegno “Parlare di mafia” organizzato per il secondo anno consecutivo da Fdi.

Cosa rappresenta questo appuntamento per voi ora che siete al governo, lei guida l’Antimafia, e dopo l’arresto di Messina Denaro?
«Essere presidente della commissione Antimafia oggi non ha inciso sulle emozioni che ho sempre provato ogni anno nel recarmi a Palermo per onorare Paolo Borsellino. Oggi (ieri, ndr) ho fatto visita ai carabinieri del Ros, che hanno arrestato Messina Denaro, e al Comando Legione carabinieri Sicilia intitolata al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per una iniezione di moralità, chiamiamola così. È ovvio che il mio ruolo m’impone sempre maggiore responsabilità, ma l’esempio degli eroi senza armatura, come sono stati Falcone e Borsellino, mi aiuta a svolgere il mio mandato con più forza, passione e coraggio».

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Mercoledì era alla fiaccolata a cui, invece, il premier non ha partecipato; al corteo si temevano contestazioni che poi non ci sono state. Tanto rumore per nulla?
«Sono felice che non ci siano state contestazioni perché ogni divisione è un regalo alla mafia. Sono le divisioni che indeboliscono la causa e né io né il governo Meloni faremo mai un passo indietro sulla lotta alla criminalità organizzata. Non abbiamo paura e riteniamo che questa battaglia si possa vincere».

Come Antimafia cosa intendete fare nel concreto?
«Ribadisco che la commissione è il luogo dove tutti i parenti delle vittime hanno possibilità di trovare una sede istituzionale dove rivendicare la ricerca di una verità a lungo negata. È mia intenzione mettere in campo tutte le iniziative che posso per la ricerca di questa verità. La commissione deve fare chiarezza sul passato, ma anche sull’attualità».

Alla luce di quello che abbiamo scritto su Libero, secondo lei, non sarebbe il caso che la commissione apra un faro anche sulla procura di Palermo che lo stesso Borsellino nel ’93 definì “un nido di vipere”?
«La frase “nido di vipere” mette i brividi e ci riporta all’assenza, per molto tempo, dei verbali del Csm e di quei famosi 57 giorni, tra la strage di Capaci a quella di via D’Amelio, che chiedono un approfondimento, e io da lì vorrei partire innanzitutto sentendo chi c’è ancora e anche rivedendo tutto ciò che è passato nei processi. E va fatto senza ombre, tentennamenti e senza appartenenze politiche».

C’è chi però sostiene che lo Stato sia colluso e praticamente irrecuperabile.
«Non sono d’accordo. Bisogna smettere con questa narrazione. La mafia si può vincere, non si deve subire. Lo Stato è più forte delle mafie, l’arresto di Messina Denaro lo dimostra anche al netto di alcune ricostruzioni che definire folcloristiche e offensive è poco. Non si può sostenere che quando lo Stato vince è la mafia a dargli una mano».

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Però non si può negare che il governo sia stato nell’occhio del ciclone a causa di una frase del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sull’ipotesi di cancellare il concorso esterno in associazione mafiosa. Questione rientrata?
«Il concorso esterno non si tocca. Non è mai stato in discussione e il caso è chiuso, mentre l’abuso d’ufficio è nella riforma della Giustizia, lo chiedono a gran voce i sindaci e non c’entra nulla con la criminalità organizzata. Fatto salvo che il Parlamento è sovrano e ci penseranno le Camere, casomai».

E il ministro Nordio si tocca? A leggere certi retroscena si parla di un rimpasto...
«Non mi risulta alcun rimpasto. Il ministro Nordio sta portando avanti il suo lavoro con professionalità e competenza e bene ha fatto a chiarire che non aveva assolutamente in mente di cancellare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa perché non è nel programma».
Vi contestano però di non avere votato contro la direttiva Ue sull’anticorruzione.

Volete salvare i corrotti?
«Non scherziamo. Noi siamo abituati a rispondere con i fatti e il fatto è che il primo provvedimento del governo ha riguardato la conferma del carcere ostativo per i mafiosi e in questi giorni il premier ha annunciato nuove misure contro la criminalità organizzata, Poi nella dinamiica tra maggioranza e opposizione ognuno ha legittime opinioni, ma i fatti sovrastano le opinioni».

L’eurodeputato Pd Brando Benifei dice che è necessaria una commissione Antimafia europea. È d’accordo?
«Non ho letto la dichiarazione di Benifei, ma si scordano che la nostra legislazione antimafia è vanto nel mondo, ci viene copiata e non c’è bisogno di qualcuno che ci spieghi come combattere la criminalità organizzata. Ogni giorno sappiamo di indagini che portano ad arresti e indagini in Europa, ma che partono da qui, dalla nostra nazione.
È evidente, però, che c’è un tema di criminalità organizzata che è stata trasformata in una holding internazionale penso alla ’ndrangheta, ma è chiaro che l’Europa non possa darci lezioni».

L’informazione fa abbastanza nella lotta alla mafia?
«Sull’utilizzo della televisione per trattare i temi di mafia io ho un’idea precisa. Bisogna parlare degli eroi positivi per due motivi. Il primo è quello che ci ha lasciato lo stesso Paolo Borsellino: «Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo».

E il secondo motivo?
«La narrazione di uno Stato succube del malaffare, uno Stato che subisce la criminalità, non solo è una narrazione falsa, ma non aiuta a sconfiggere la mafia stessa. Noi questa battaglia la possiamo vincere se tutti insieme - le istituzioni, la stampa, le nuove generazioni, quei professionisti che il procuratore De Lucia chiama “laborghesia mafiosa” - si alleano contro la criminalità organizzata. Lavoriamo per questo». 

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