La crisi scatenata in Niger dal colpo di stato del generale Abdurahmane Tchani rischia di travolgere la regione del Sahel, confermandosi un’ulteriore avanzata dell’influenza della Russia in quella parte lato al proposito Marco Di Liddo, ricercatore del Centro Studi Internazionali (CESi) di Roma.
Col golpe in Niger si rischia un effetto domino nella regione?
«Non è un vero effetto domino. Infatti il Niger non è il primo Paese del Sahel in cui si è verificata una simile situazione.
Semmai è l’ultimo anello di una catena, è il risultato finale. Il domino c'è già stato. È cominciato con la Libia, che fra tutti i paesi del Nordafrica affacciati sul Mediterraneo è quello che più ha una componente proiettata sul Sahel. Poi abbiamo visto l’influenza russa e la Wagner aprirsi la via in Sudan, Mali e Burkina Faso. Ora è il turno del Niger. Così tutta la fascia saheliana sfugge all'influenza occidentale. E stiamo parlando del confine avanzato esterno dell’Ue, anche nell’ottica italiana del Mediterraneo Allargato, tale per cui la nostra sicurezza sul fronte Sud inizia da quella fascia. Quello a cui assistiamo è il frutto del fallimento di oltre 10 annidi missioni francesi e dell’Ue in quell'area per stabilizzarla e debellare il terrorismo».
Dove hanno sbagliato, la Francia e, in generale, l'Occidente in questa regione dell'Africa?
«L’approccio occidentale è stato troppo muscolare. Troppo puntato sulle missioni militari e sull'insegnare alle forze armate locali come sparare ai jihadisti. Non c’è stato uno sforzo sufficiente rivolto al costruire e sviluppare istituzioni e governance locali. Inoltre, anche la politica degli aiuti umanitari è stata inefficiente. Oltre alla carenza di risorse, si sono aggiunti sprechi nella loro assegnazione, anche per la corruzione. In questo quadro, i militari di vari Paesi del Sahel hanno ritenuto di essere essi stessi l’élite dominante e hanno nutrito le ambizioni politiche che li hanno portati al potere».
Molte nazioni africane hanno quindi considerato la Russia un partner più affidabile dell'Occidente?
«Direi che i Paesi africani i cui regimi sono appoggiati dalla Russia e dalla compagnia Wagner non si siano volti a Mosca perché la considerano un partner più affidabile dell'Occidente. Non è una questione di affidabilità. Piuttosto è stata una scelta dettata dalla mancanza di alternative. Questi regimi sono stati isolati da Europa e Stati Uniti, quindi avevano bisogno di un alleato esterno che garantisse loro contatti politici e accesso all'economia internazionale. Avevano bisogno di uno sbocco e lo hanno trovato nella Russia. Altrimenti sarebbero rimasti chiusi in se stessi. L'approccio russo è poi differente da quello occidentale, poiché è concentrato solo sul sostegno alle giunte militari e alla vigilanza armata di miniere e giacimenti di greggio e gas».
In Niger ci sono miniere d'uranio per ora ancora controllate dalla società francese Orano. C’è rischio che i golpisti le nazionalizzino o le cedano ai russi?
«Sì, il rischio di nazionalizzazione delle miniere d’uranio in Niger esiste, è concreto. C’è però da dire che, a livello mondiale, la produzione nigerina di questa risorsa non rappresenta una quota molto grande. Ci sono almeno tre paesi, cioè Kazakhstan, Canada e Australia, che estraggono molto più uranio. È vero che la produzione del Niger rappresenta però una quota significativa dell’uranio importato in Europa per le centrali nucleari, e in misura maggiore in Francia. Ma la diversificazione del mercato mondiale dell’uranio non pone particolari rischi. Semmai, se c'è un pericolo è legato ai Paesi che potrebbero diventare i nuovi potenziali acquirenti dell'uranio del Niger. Paesi certamente molto meno affidabili della Francia o dei Paesi UE, come l’Iran, il quale comunque ha anche suoi giacimenti in patria, ola Corea del Nord».
Il governo militare di Tchani ha rotto i precedenti accordi di collaborazione militare con la Francia. Si rischiano scontri tra militari nigerini e contingenti stranieri, compreso quello italiano, se la loro presenza nel Paese venisse da un giorno all'altro considerata un'occupazione?
«Sì, la pretesa dei golpisti di espellere dal paese le forze militari occidentali potrebbe creare un corto circuito. La missione militare francese e degli altri Paesi alleati è giustificata dagli accordi che erano stati stipulati dal precedente governo democratico nigerino. Ora, il governo golpista deve in qualche modo lanciare appelli propagandistici per galvanizzare i seguaci. Ma non ha interesse allo scontro. E Tchani potrebbe pensare che è meglio lasciar stare il can che dorme. Anche i contingenti occidentali ne sono consci, e specialmente Francia e Italia hanno una grandissima esperienza politico-diplomatica dell'Africa che le aiuterà a evitare incidenti».
E se interviene il contingente militare dell'Ecowas?
«L’intervento militare in Niger dei paesi dell'Ecowas ha lo scopo di coinvolgere direttamente le nazioni vicine per evitare che sia la Francia in prima persona a dover usare la forza contro la giunta di Tchani. Se tanto accadesse, infatti, tutta la propaganda dei golpisti avrebbe gioco nell'accusare i francesi, e gli altri europei in generale, di essere i soliti vecchi colonialisti. Tuttavia, la fermezza dell'Ecowas ha anche motivazioni legate alla politica interna dei suoi membri. I governi di Nigeria, Senegal, Togo, eccetera, lanciano un messaggio implicito anche ai militari dei propri stessi eserciti, affinché non cedano a tentazioni di ulteriori colpi di stato».
L'espansione dell'influenza russa in Africa è un approccio indiretto funzionale alla guerra in Ucraina?
«La guerra in Ucraina è solo una pagina del libro del confronto per la riscrittura dell'ordine internazionale. La fascia del Sahel e l'espansione della Wagner in Africa complicano il quadro di operazioni di influenza. E la Russia cerca sicuramente sbocchi a proprie esportazioni e fonti di risorse d'importazone. In particolare minerali necessari alla tecnologia avanzata che Mosca può accaparrarsi togliendoli nel contempo all'Occidente. Inoltre, i russi possono avere voce in capitolo in un'area cruciale per i flussi di migranti. I quali, il Cremlino lo sa, si dirigono sempre preferibilmente in Europa Occidentale e non in Russia, sapendo che l'Occidente è più ricco e accogliente. La Russia, inoltre, estendendo la sua influenza, può avere accesso a informazioni sulle reti criminali e terroristiche della regione subsahariana. Informazioni assai più vitali per l’Ue che per Mosca, dato che i jihadisti prendono di mira gli occidentali, non certo i miliziani Wagner di guardia a un pozzo petrolifero. E controllare luoghi e informazioni cruciali per la sicurezza dell'Occidente pone i russi in vantaggio».
Come costruire una vera stabilità di quella vasta regione africana?
«Usa e Ue hanno commesso l'errore di volere esportare pari pari un modello di democrazia che si è sviluppato nelle condizioni storiche dei paesi occidentali, ma non può essere imposto a popoli così diversi come quelli del Sahel ai quali serve un modello più adatto alle loro culture e società. Altrimenti si rischiano crisi di rigetto».
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.