Venti, venticinque, forse anche trenta miliardi da racimolare entro dicembre per dare corpo (e sostanza) alla manovra finanziaria 2024. Il governo Meloni si avventura, in questo spicchio di agosto, in interventi impegnativi. Tanto bisognerà vedere cosa porterà in dote l’extra tassazione dei super profitti delle banche. Le prime proiezioni (approssimative) ipotizzano un drenaggio dai 3 agli 11 miliardi di euro. Ma si tratterà di un provvedimento una tantum. L’esecutivo – per poter fissare i margini della manovra – deve garantirsi la ragionevole certezza che il gettito sia sufficiente e costane. E quindi c’è ragionare su dove rintracciare le risorse. L’indicazione politica è chiara: non mettere le mani nelle tasche degli italiani. I contribuenti - tra redditi inchiodati e inflazione galoppante- hanno già visto evaporare potere d’acquisto e ricchezza media. E allora?
I PRIVATI RISCUOTERANNO
La soluzione, facile da dire più complicato da attuare: far pagare chi ha sempre fatto il furbo. L’Agenzia delle Entrate, a fine maggio, ha svelato i numeri del recupero 2022 da evasione: 20,2 miliardi. Un record rispetto ai 13,8 miliardi del 2021. È vero che si usciva dalla fase più devastante del Covid resta però un risultato di tutto rispetto. E spicca un aspetto nuovo e sorprendente. La caccia agli evasori pare aver cambiato approccio. Certo l’avvento e l’utilizzo delle nuove tecnologie (e delle banche dati incrociate), ha semplificato l’individuazione di chi sfuggiva al fisco E infatti è aumentata sensibilmente la quota di “gettito da controllo” rispetto al contributo “derivante da misure straordinarie” (concordati).
Con la legge Delega fiscale il governo si avventura proprio su questa strada. L’intento è convincere (costringere) furbetti e conclamati evasori a mettersi in regola. Ad oggi i crediti incagliati dell’ex Equitalia ammontano a 1.153 miliardi. La bellezza di 170 milioni di cartelle di pagamento che riguardano 290 milioni di singoli crediti affidati ad Agenzia delle Entrate Riscossione (Ader) con l’intento di far saldare il conto con il fisco a 23 milioni di debitori.
Dal 2000 al 2022 l’amministrazione finanziaria, gli enti previdenziali, gli enti locali hanno dato incarico alla Riscossione di recuperare 1.263,7 miliardi. Una montagna di quattrini che farebbero la gioia di qualsiasi esecutivo. Ma che difficilmente il fisco potrà mai recuperarli. Stando ai conteggi della Corte dei Conti, nello stesso arco temporale, sono stati recuperati «poco più di 170 miliardi di euro». Vale a dire che «per ogni 100 euro accertati ne sono stati riscossi appena 13,5», fa di conto Il Sole 24 Ore. E allora? Invece di mandare in malore miliardi (virtuali) l’ipotesi codificata dalla legge Delega fiscaleè di affidare la raccolta a nuovi soggetti (privati) che daranno la caccia ai grandi evasori (con una commissione all’incasso del 30%). L’intento è avventurarsi sulla strada della compliance che da noi viene tradotta con “adempimento collaborativo”.
Per condurre in porto la quadratura della prossima manovra finanziaria serve pragmatismo e rapidità di intervento. Tanto più che la lista della spesa è già bella lunga. Dal prossimo anno si dovranno fare i conti con le regole fiscali Ue. E non si tratta di poca roba: bisognerà avere in tasca almeno 10 miliardi (lo 0,7% di un punto di Pil). Considerando il rallentamento generalizzato della congiuntura, e l’impatto che questa frenata avrà sulla ricchezza prodotta, sarà difficile mettere a segno una crescita del’1,5 (forse 1,3%).
Un complesso di scelte, e spese obbligate (o quasi): dalla riproposizione del taglio del cuneo fiscale (che cuba 15 miliardi per i redditi fino a 35mila euro lordi), alla sanità. Dalla spesa corrente (e crescente) per il pubblico impiego al finanziamento delle missioni internazionali. Servirà poi qualche miliardo per aprire i cantieri del Ponte sullo Stretto. Si fa presto a scavallare una necessità “spannometrica” di 25/30 miliardi senza lanciarsi in promesse mirabolanti. E senza mettere in conto grandi interventi di sostegno alle famiglie e alle imprese.
Il problema è dove rintracciare le risorse. La legge Finanziaria - dalla Prima Repubblica in poi - ha sempre messo in conto il contributo dei «proventi della lotta all’evasione». Elencarli alla voce “entrate certe” è ben altra cosa. La copertura deve essere certa. O si aggredirà la montagna dei crediti fiscali incagliati o sarà penoso far quadrare i conti. A prescindere da chi sieda a Palazzo Chigi.