Ieri Libero ha pubblicato un articolo di fondo firmato da Corrado Ocone, un signore che sa il fatto suo, il quale ha affrontato la questione di Matteo Messina Denaro, arrestato qualche tempo fa dopo anni di latitanza nonostante fosse e sia un famoso mafioso autore, secondo le accuse, di svariati gravissimi reati. Si dà il caso che egli sia ammalato di tumore al colon ma nonostante ciò è stato giustamente blindato e buttato in carcere. Quest’uomo viveva in un piccolo paese siciliano dove ovviamente tutti lo conoscevano, ma nessuno lo aveva denunciato. Paura o complicità? Non è stato accertato. Sta di fatto che lui è stato ovviamente condotto in galera come pluricondannato. E questo è del tutto normale.
Succede però che l’uomo è stato rinchiuso come un canarino in gabbia secondo il cosiddetto 41 bis, che prevede l’infliggimento al detenuto di una serie di privazioni, autentiche torture, per motivi di sicurezza. Nel nostro Paese questo tipo di detenzione fu introdotto una trentina di anni orsono quando avvennero le stragi mafiose di Capaci e via D’Amelio. Il provvedimento straordinario doveva essere provvisorio, invece non fu più abrogato ed è tuttora in vigore. I legali di Messina Denaro, conoscendo le sue patologie che di solito sono letali, hanno chiesto che il loro assistito sia trasferito in un carcere normale, e Ocone con argomenti solidi sostiene invece che per il boss il 41 bis gli vada bene su misura, come un vestito nuovo. Probabilmente ignora in che cosa consista realmente questo tipo medievale di punizione. Glielo dico io senza presunzione.
I detenuti hanno l’obbligo di rimanere in cella 21 ore al giorno. Il loro diritto a respirare l’aria in cortile è limitato a due ore in una zona contornata da alte mura, e per quanto riguarda il tempo riservato alla socialità è ridotto a un’ora. Le visite parenti - mogli e figli possono al massimo durare un’ora e si svolgono attraverso un vetro, il che impedisce qualsiasi contatto fisico, fosse anche solo la carezza a una mano della consorte. Tra familiari è proibito lo scambio pure di piccoli oggetti.
Fino a qualche anno fa era vietato cucinare nel gabbio. Il carcerato non può ricevere libri nemmeno per studiare. La tv c’è ma i canali disponibili sono due o tre, basta. Non è consentito ascoltare musica. Siamo di fronte non a una casa di pena tesa a recuperare il recluso, ma a uno stabilimento specializzato in torture mica tanto raffinate. Certe pene collidono con la Costituzione che prevede la riabilitazione dei detenuti. E qui voglio chiudere il discorso dicendo al collega Ocone che sono d’accordo con lui sulla necessità di isolare i delinquenti dalla società, ma isolare non significa accanirsi sudi loro con sistemi sadici e volti a mortificarli. Altrimenti si rivaluta la pena di morte che almeno prevedeva una sofferenza sola, non una serie infinita di sevizie non certo finalizzate a redimere il reprobo. Le galere sono istituzioni indispensabili, ma il 41 bis è qualcosa di cui tutti noi, compreso Ocone, dobbiamo vergognarci.