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Forte dei Marmi? "Colonia dei russi": la denuncia, chi ha invaso la Versilia

di Claudia Osmetti lunedì 14 agosto 2023

3' di lettura

Priviet, Forte. La riviera toscana, da sempre un po’ chic e molto vacanziera, coi villoni a picco sul mare, i dancing e la vita notturna, l’aperitivo in spiaggia. E i russi con gli euro (mica i rubli: quelli, grazie alle sanzioni occidentali scattate dopo l’invasione di Putin in Ucraina, checché ne dicano certi personaggi di casa nostra, valgono quel che valgono, cioè pochino) in tasca. “Forte”, al secolo Forte dei Marmi. Il Financial Times, il quotidiano finanziario britannico, è lapidario: «A Forte», scrive in un articolo pubblicato ieri, «la metà sono turisti, l’altra metà sono in esilio». E l’“esilio” è da Mosca, costretta a guardare (quasi solo) alla Cina e a fare a meno degli introiti del gas in Europa. E allora eccola lì, la perla della Versilia, un luogo che «a differenza di Monaco odi Porto Cervo, ha un’aria di mistero. Circospetto, ma per gente vistosa, con le auto di sicurezza privata che pattugliano il paese vuoto la notte oppure con le guardie in vestito scuro ai cancelli delle ville». Imprenditori, oligarchi, celebrità: trovi di tutto, a Forte.

I DISSIDENTI
Trovi, per esempio, che sulle 7mila case censite nell’intero territorio comunale almeno 2.500 appartengono all’élite ex sovietica, ex comunista, ora collegata al Cremlino (la quale, però, dal Cremlino si sgancerebbe molto volentieri, potendo, per la questione di portafoglio che abbiamo già accennato). Trovi che non ci sia abitante, italiano o straniero che sia, a Forte, che non sappia «quantomeno una storia sui russi». Ma trovi anche Oleg Tinkov (un banchiere cipriota di origini moscovite, che ha salutato la “grande madre Russia” nell’aprile del 2022 dopo che i tank con la “zeta” pittata sul fianco hanno attraversato il confine al di là di Rostov sul Don cominciando una guerrama quale “operazione speciale” - che lui stesso ha definito «folle»: e mica a caso Tinkov, ora, è nella lista degli “esiliati”) e Oleg Vladimirov Deripaska (il nome è lo stesso, la storia con poche sfumature pure: è il capo di uno dei più importanti gruppi industriali della Russia pre-invasione, Deripaska, che, per aver semplicemente invocato la pace coi fratelli di Kyiv e aver bollato le manovre in Ucraina del Cremlino «un errore colossale» si è ritrovato le autorità federali alle calcagna, i complessi alberghieri sotto sequestro e una vita da ricostruire. Altrove). «A Forte ci sono così tante persone che parlano russo», spiega, al Financial, Elena Davsar, che è una business coach la quale lavora, ma guarda che caso, in Toscana però coi suoi connazionali, «che più di 300 famiglie si sono trasferite qui dall’inizio della guerra».

300 FAMIGLIE
Urca. Primo perché Davsar parla pane al pane e usa (correttamente) il termine “guerra” senza cedere alla propaganda della Piazza Rossa e secondo perché 300 famiglie, su una popolazione che fa meno di 8mila abitanti, in percentuale è un dato significativo. «La discrezione è un fattore che attrae, è come essere in un club esclusivo». Però attenzione: «I russi», chiosa Davsar, «non ostentano e preferiscono feste private in spiaggia o nelle loro regge». Vodka e caviale, schiacciata e fritto misto. Non l’hanno scoperta oggi, ipietroburghesi o i moscoviti, Forte: sono decenni che passano le ferie da noi. Adesso un po’ di più, dato che sulla Moscova non tira un’aria così rassicurante.

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