Luca Zaia, 55 anni, governatore del Veneto da 13 anni. Leghista convinto. Diamogli la parola.
Presidente ha lanciato da due giorni l’appello al Governo per tenere in servizio i medici, volontariamente, oltre i 70 anni. Perché?
«Già feci una battaglia perché i medici ospedalieri non andassero in pensione a 65 anni, ma potessero restare al lavoro fino a settant’anni, come gli universitari. Soluzione condotta in porto dopo il Covid. Oggi viviamo una situazione di totale imbarazzo per mancanza di medici in Italia: ne mancano 45.000 almeno, e nel Veneto 3.500. Davanti a questa mancanza non possiamo piegarci a una norma iniqua. Oggi il medico ospedaliero è obbligato a lasciare il posto di lavoro a settant’anni; e quando va in pensione, va a lavorare nel privato. Questo per me significa perdere un valido professionista e anche perdere l’investimento in formazione e professionalità che ho fatto come comunità. Non ho assolutamente nulla contro il medico privato, anzi, penso che il privato sia una delle tre gambe del tavolo: fondamentale per il funzionamento del sistema. Ma non è accettabile che si abbiano dei grandi professionisti, spesso delle “star” della medicina, che potrebbero dare ancora un grande contributo alla sanità pubblica, e per poter lavorare devono continuarlo a fare necessariamente nel privato. Lancio un appello perché il Governo intervenga su questo».
Questa settimana il Veneto ha presentato il bilancio di previsione per l’anno prossimo. Anticipando le scadenze. Ancora una volta ha scelto di non applicare le addizionali regionali. Perché?
«Per il 14º anno non ho applicato in Veneto alcuna addizionale, tra cui l’Irpef. Questo è un principio che abbiamo cercato di difendere. Io mi sono dato una regola: prima di chiedere ai cittadini bisogna razionalizzare al massimo l’ente. Ed è quello che stiamo facendo in tutti questi anni, ad esempio dismettendo e vendendo tutto il patrimonio che non è funzionale all’ente. Gestire un patrimonio immobiliare che talvolta è solo un costo non è certo il nostro mestiere, né core business. È un tesoretto che noi stiamo usando per fare quadrare i conti, centellinando ogni singolo euro. Con un vero “controllo di gestione” puntiglioso posso tranquillamente dire che in questi 14 bilanci ho evitato di prelevare dalle tasche dei veneti almeno 15 miliardi di euro. L’economia si aiuta anche lasciando i soldi nelle tasche dei cittadini».
Lei è d’accordo sulla tassa che il governo ha messo sugli extraprofitti delle banche?
«La tassa è ormai nel decreto legge deciso dal governo. Adesso in Parlamento ci sarà modo di confrontarsi ed eventualmente di modificare il decreto. Però il problema è che in un momento nel quale ci sono dei sacrifici da fare, il governo ha posto legittimamente una questione. Giorgia Meloni e il ministro Giorgetti sono persone di dialogo. Vedo solo un rischio: che si faccia strada l’idea che allora non c’è più certezza del diritto perché le regole possono essere cambiate a gioco iniziato. Ecco questo va evitato».
I problemi della nostra economia sono evidenti. Il governo si sta muovendo bene, secondo lei?
«Il governo in carica, dimostrando di avere schiena dritta, sta affrontando i problemi cosciente del fatto che c’è un unico riferimento: il cittadino. È un governo che finalmente non colpevolizza la ricchezza. Siamo entrati nella consapevolezza che se qualcuno produce ricchezza lo fa anche per il bene di tutti. È con la positività e l’ambizione che si pianifica il futuro, non certo criminalizzando, ad esempio, chi fa impresa e produce benessere».
L’autonomia. Un eccesso di autonomia non rischia di impoverire ancora il Sud?
«L’autonomia nasce con la legge referendaria che abbiamo fatto nel 2014. Nasce con un grande senso di responsabilità e dà compimento a quello che prevede la costituzione repubblicana. È una grande occasione, anche per il Meridione».
C’è chi dice che si corre il rischio di avvantaggiare solo i ricchi.
«A me tutti questi tromboni che parlano senza sapere di cosa stanno parlando mi hanno semplicemente stancato. Non è la secessione dei ricchi. No. Questo modello di autonomia dice sostanzialmente: lo Stato non gestisce più, da Roma, alcune specifiche materie e affida alle Regioni i medesimi soldi che spendeva prima per gestire quella competenza. Permettendo una gestione più vicina alla gente, più precisa, meno sprecona. L’Italia è già divisa in due e non per colpa dell’autonomia. Quando io iniziai questa battaglia c’era il presidente Napolitano, che notoriamente non è leghista. Gli chiesero che cosa pensasse della riforma e lui rispose: “l’autonomia è una vera assunzione di responsabilità”. La scelta centralista è anacronistica e medioevale».
Il turismo pare che non stia andando bene. Occorre intervenire?
«Noi siamo sopra la stagione 2019 come dati. Se poi vuoi fare i conti con il 2022 che è stato l’anno dell’apoteosi turistica, perché liberati dal Covid avemmo il rimbalzo, allora le stime sono più basse. Ma è un paragone che non si può fare. Se ci riferiamo al pre Covid e a quelle che tutti ritenevano bellissime stagioni, come dati siamo in linea».
Pensa che siamo esterofili?
«Sì, e dobbiamo finirla con questa esterofilia. Dobbiamo essere orgogliosi dei nostri territori, degli ambasciatori dell’eccellenza italiana. Sicuramente l’open mind è fondamentale. Però quando è scoppiato il Covid mi sono sentito dire che la Germania non avrebbe avuto mai problemi, e la Francia... La Francia addirittura ha chiuso le frontiere. Alla fine quelli che hanno fatto meno lockdown siamo stati noi. E la Germania ha dovuto portare la Merkel a fare il discorso alla nazione. Capisce? Basta guardare sempre l’erba del vicino. Come la questione sul turismo - dell’Albania, che ruberebbe quote all’Italia, perse per sempre. Nulla di più falso».
Presidente però così rischia di far arrabbiare il premier albanese che ha speso parole bellissime sul nostro paese, sul nostro governo. E tra l’altro la Meloni è in vacanza in Albania.
«Rama? Un amico, ci siamo visti anche al Vinitaly, è visionario e coraggioso. Io ho un ottimo rapporto col popolo albanese, però è innegabile che ognuno guardi in casa propria. Se tu vieni in vacanza da me, in Veneto, vieni in una delle mie spiagge che fanno 32 milioni di presenze turistiche. Se ti stanchi di stare sotto l’ombrellone, con un’ora di auto puoi andare nel circuito termale, nel Delta del Po, a Venezia, sulle Dolomiti. Nessun Paese ha altrettanti tesori in uno scampolo di territorio: i turisti lo sanno e continuano a premiarci».
Lei ha portato in Italia le Olimpiadi invernali. Si sta battendo per un maxi insediamento Intel a Verona. Grandi progetti, considerati da qualcuno utopistici in Italia. Che visione c’è dietro?
«Walt Disney diceva che se puoi sognarlo puoi farlo. Io sono il rappresentante legale del Veneto. Oggi il Veneto ha uno standing che prima di me se lo sognavano, a livello internazionale, quindi se mi sono portato a casa le olimpiadi, se ci candidiamo a grandi insediamenti a livello planetario è perché oggi il Veneto ha una credibilità che prima non aveva. Guardi le tecnologie, l’aerospazio, l’intelligenza artificiale. Noi non facciamo parte di quelli che stanno a guardare la valigia di cartone e non pensano al futuro».
Il centrodestra aveva detto che avrebbe fermato gli sbarchi. I numeri dicono altro.
«Il ministro Piantedosi sta facendo l’impossibile. Ora ci sono quelli che fanno i fenomeni e dicono: “avete raddoppiato gli sbarchi”. Vorrei chiedere a loro: ma negli ultimi 12 anni cosa si è fatto per fermarli? A parte la parentesi del Conte I, con il decreto sicurezza di Salvini, quando effettivamente sono diminuiti. Dobbiamo lavorare per aiutare chi scappa dalla morte e dalla fame. Ma tutta l’Africa in Italia non ci può stare. Ne va dell’accoglienza di chi ha diritto all’ospitalità. Dobbiamo essere meno cordiali con l’Europa. L’Europa la manteniamo noi; qui ogni volta che arrivano i fondi comunitari sembra una gentile concessione che ci fa Bruxelles, ma avete visto quanti soldi dall’Italia ogni anno vanno in Europa? Glielo dico da europeista convinto. Però finiamola con questo complesso di inferiorità. L’Europa ha un problema che si chiama immigrazione; non è un problema italiano. Ciò che fanno i leader dell’Ue è moralmente vergognoso, perché l’Europa percepisce Lampedusa come confine italiano, ma l’immigrato che arriva a Lampedusa dice sono arrivato in Europa, il migrante messicano o dell’America latina che arriva negli Stati Uniti, non dice sono in California o New Mexico, ma dice sono arrivato negli Stati Uniti».
Abbiamo una legge in Italia per cui i governatori di regioni non possono essere confermati oltre il secondo mandato. La ritiene giusta?
«Ci sono solo due cariche elette direttamente dai cittadini: presidente di Regione e sindaco. Sono le uniche due cariche che hanno un limite di mandato. Se la giustificazione è quella che leggo in giro, e cioè che c’è il rischio di creare un accentramento di potere, ritengo che sia una pagliacciata. I cittadini sono perfettamente in grado di rimandare a casa chi non ha la loro fiducia. Ma sono altrettanto perfettamente in grado di richiedere la conferma di chi ha lavorato bene per loro. La legge dovrebbe consentirlo: è una questione di rispetto nei confronti della nostra gente».
Non le sembra il caso che il governo riveda questa legge?
«Tutto dipende se il governo vuole far diventare “attore protagonista” il cittadino, dandogli finalmente la piena opportunità di scegliere chi ha il compito di governare. A qualsiasi livello. Per questo difendo e promuovo a spada tratta anche il presidenzialismo, che non deve subire il diktat di un limite ai mandati. È tempo di coraggio, di riforme, di visione verso il futuro».