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Marco Cappato, l'utero in affitto? Cosa sfugge alla sinistra dei diritti

di Pietro Senaldi venerdì 18 agosto 2023

4' di lettura

Il vero leader della sinistra dei diritti non è Elly Schlein, che sta passando la sua estate militante alpeggiando in luoghi misteriosi. È piuttosto Marco Cappato, il quale in giacca e cravatta affronta la calura cittadina. Il radicale si è candidato a Monza, alle suppletive per riassegnare il seggio senatoriale del compianto Silvio Berlusconi. Il centrodestra ha tirato fuori Adriano Galliani e il Cappato gli si è proposto contro, sperando di raccogliere dietro a sé la sinistra giallorossa, che ancora sfoglia la margherita e non ha deciso se andare insieme o separata. Probabilmente non andrà affatto, senza ufficializzarlo ma presentando candidati improponibili. Meglio lasciare il seggio a Galliani piuttosto che farsi rappresentare da uno che ha più testa di loro. E poi l’allievo di Pannella ha avuto la sventura di ricevere l’appoggio di Calenda, il che gli preclude quello degli altri.

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FREDDEZZA DAGLI ALLEATI

Cappato in teoria sarebbe un candidato trasversale, per la sua battaglia in favore della fine vita, che non è appannaggio della sinistra, la quale non ha mai legiferato a riguardo quando ha governato. Però è radicale, il che significa alquanto spericolato nel trattare i temi etici, e per questo poco digeribile da un elettorato consevatore. Anche perché lui, a differenza della Schlein che ne straparla e di Conte che abbozza ma non ci crede, sull’utero in affitto ha le idee molto chiare. Lo vuole al punto da sforzarsi di renderlo digeribile, non come la segretaria dem la quale, spacciandolo come la cosa più naturale del mondo, un diritto di chiunque non voglia o non possa partorire, di fatto gli tronca le gambe. Per Cappato l’utero in affitto è come una medicina, va presa a piccole dosi, senza esagerare, dietro rigorosa prescrizione normativa. Ciascuna donna può fare la gestazione per altri solo una volta, con un rimborso spese, senza guadagnarci, perché altrimenti sarebbe sfruttamento del corpo femminile o compravendita di neonato, sicuramente un privilegio per soli ricchi. Meglio se la si porta avanti per qualcuno che si conosce, un’amica o una sorella, la quale deve avere precisi requisiti per non far da sola, ragioni mediche, psicologiche o quant’altro.

Ecco servito l’utero in affitto etico, digeribile da tutti, non come quello ideologico di Elly, che mischia desiderio di paternità, narcisismo, arroganza monetaria e rivendicazioni politiche. Quasi quasi... Non fosse che però l’utero in affitto non è solo mercificazione del corpo delle donne, che senz’altro c’è e va evitata, quando non è libera scelta, perché altrimenti è lecita in Occidente e in tante altre civiltà, del presente e del passato. L’utero in affitto è la destrutturazione della famiglia, che viene negata prima che si formi, spogliando la maternità del suo valore universalmente unico. Di mamma non ce n’è più una sola, per gli apostoli della gestazione per altri. C’è quella naturale, che è un po’ come la zia d’America, le mandi i messaggini, le fai una videochiamata per il compleanno e a Natale, forse vai a trovarla un paio di volte nella vita, ed è tutta una grande dimostrazione d’amore. Così lontana, manco ci puoi litigare; è solo questione d’abitudine, poi si può sentire il calore materno anche via Skype, che in teoria dovrebbe essere una delle cose più tristi del mondo ma in milioni si sforzano a raccontarla come l’ultima fenomenale frontiera degli affetti. La signora potrebbe anche avere il ruolo di giudice d’ultima istanza, lei che ha partorito e quindi lo conosce così bene, nel caso papà e papà siano in disaccordo se il piccolo può mangiare il gelato o deve iscriversi al corso di inglese o di tennis. Poi ci sono le mamme con la barba, e spesso anche qualche capello bianco di troppo, se è rimasto, perché dai cinquanta in su- padri surroganti di primo pelo se ne vedono pochi - non è così scontato. Ma per Cappato, se lo fanno tante volte purché ciascuna con una gestante diversa, queste mamme con i peli in faccia possono battere ogni record di fertilità, un po’ come Cristiano Ronaldo, che ha pure una fidanzata ma è genitore uno e genitore due insieme di tre o quattro figli, dei quali nessuno conosce la madre naturale e che sulla carta sono fratelli.

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GELOSIE

Questi sono i quadretti famigliari del candidato, per ora di se stesso e di Calenda, quindi di pochi altri, alle suppletive di Monza. Fanno sorridere questi cantori della famiglia allargata, che non riescono a mettersi d’accordo neppure quando vogliono le stesse cose (alla fine anche Cappato sa che la Schlein difficilmente lo sosterrà) perché appartengono a famiglie diverse e difendono la propria identità con pervicacia. Sono tutti di sinistra, beninteso, ma uno di sinistra radicale, l’altra piddina fronte ditta Bonaccini, l’altra piddina movimentista stile Elly, l’altra ancora piddina nostalgica prodian-ulivisa, l’altra grillina, l’altra terzista renziana, l’altra ancora calendiana, e poi quella dei verdi, che sono tutti verdi e un po’ verdi-rosso alla Fratoianni e quindi tutti in distinguo, se non in lite gli uni con gli altri. La sinistra è la prova morente che la famiglia allargata provoca guai, invidie, ripicche, dolore e inconcludenza, eppure non fa che cantarne le lodi ricercarla, spaccandosi le corna contro ogni volta. Che alla fine, chiunque sia alle prese con una famiglia allargata sa bene che la situazione non è così edificante come la vendono in cartolina quelli della surrogata. 

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marco cappato
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