Il 28 giugno del 1980 nel cielo tra le isole di Ustica e Ponza, un aereo di linea della compagnia Itavia si squarcia in volo e scompare in mare; perdono la vita 81 persone. Quarantatré anni, due mesi e cinque giorni dopo, come risvegliatosi da un lungo sonno, Giuliano Amato ha rivelato la verità. Ho dimenticato il punto di domanda. Lo metto subito. La verità? In realtà, ha preso posizione tra i due partiti che da decine d’anni cozzano tra loro proponendo due versioni dell’accaduto, in cui al centro ci sono comunque la Libia e Gheddafi. Quella di Amato (e di Cossiga) vede il rais nei panni della vittima mancata; la seconda, sostenuta da Giuseppe Zamberletti (1933-2019), al tempo della tragedia sottosegretario agli esteri, consegnata agli amici come sua eredità fin sul letto di morte, identifica il leader beduino come il mandante dell’attentato. Le ultime risultanze di un’inchiesta internazionale sui reperti fanno propendere con decisione per questa seconda ipotesi Ma oggi è assai difficile, diremmo impossibile, arrivare alla certezza scientifica assoluta.
La tecnologia odierna probabilmente lo permetterebbe, purtroppo la carcassa del DC9, dopo il recupero, è diventata un monumento alla memoria nel museo di Bologna dedicato a Ustica, e come tale manipolata irreparabilmente per consentire la fruizione poetica del pubblico, a cui si propone o propina la vulgata indiscutibile della “guerra nei cieli” decisa dalla Nato con il silenzio complice degli alti comandi dell’aviazione italiana. La magistratura italiana ha assolto i generali da ogni accusa. Permane la caligine che adesso Amato lungi dal diradare corrobora con la sua autorevolezza che però mette il sigillo dell’ipse dixit su vociferazioni e non su documenti.
NESSUNA PROVA
Ha detto Amato – con il peso di chi fino a pochi mesi fa è stato presidente della Corte costituzionale, dopo essere stato due volte premier, nonché sottosegretario del governo Craxi dal 1983 al 1986 - di non avere prove eppure di esserne (quasi) sicuro: è stato un missile francese – dice - ad abbattere il DC9 per errore, in realtà il bersaglio era un Mig libico sul quale avrebbe dovuto essere a bordo Muhammad Gheddafi che però – allertato da Bettino Craxi – restò nella sua tenda salvandosi la pelle. Emmanuel Macron si scusi per conto della Francia, conclude Giuliano Amato. Riguardo a Craxi è possibile un po’ di confusione. Infatti è certo, e confermato da Giulio Andreotti, che fu Bettino a preavvisare Gheddafi del bombardamento che gli americani avrebbero di lì a poco condotto (15 aprile 1986): il colonnello sì salvò, ma perdette forse Hana, la figlia adottiva, Nel 1980 Craxi, contro Andreotti come sempre filo-libico, appoggiava invece la posizione dura del governo a sostegno di Malta e contro la Libia, dato che il premier di La Valletta, Dom Mintoff, era laburista e partner di Craxi nell’Internazionale socialista.
Il resto, possiamo dirlo, è una vecchia storia. La sola novità nella versione di Amato è Amato medesimo. Di colpo il Dottor Sottile (questo il nomignolo guadagnato per la raffinatezza dell’eloquio e delle argomentazioni) si è fatto piuttosto grossier, con accuse un tanto al chilo. L’osservazione è: nel 2000-2001, e prima ancora, nel 1992-1993, è stato presidente del Consiglio. Poteva togliere il segreto di Stato. E ora chiede a Macron di togliere lui, che è giovane, dice proprio così, il segreto? Medico cura te stesso, dice il Vangelo.
Un po’ di storia. Il 27 giugno 1980, l'aereo, partito da Bologna con due ore di ritardo, si schiantò in mare alle 20.59, senza aver lanciato alcun segnale di soccorso. L’inchiesta amministrativa, seguita da un’inchiesta giudiziaria, concluse che l’aereo non presentava alcun difetto strutturale. La fusoliera, adagiata a 3.700 metri di profondità e recuperata nel 1987 dalla società francese di ricerca oceanica Ifremer (controllata dai servizi francesi), presentava tracce di esplosivo. Furono avanzate le due teorie: bomba nella toilette o missile. Quest’ultima ipotesi fu avanzata dal giudice istruttore Rosario Priore, la cui sentenza-ordinanza del 1999 indica uno «scenario di guerra», ma senza colpevoli. Secondo la sua teoria, due MIG libici di ritorno da una base jugoslava cercarono di nascondersi nella scia del DC9 civile inseguito da caccia alleati non italiani: o americani o francesi.
IN CALABRIA
Venti giorni dopo, la carcassa di un MIG-23 libico fu ritrovato sulla Sila, in Calabria. Il volo civile e il caccia libico, ammesso ci sia stata, sono stati abbattuti nella stessa battaglia aerea sul Mediterraneo? Il tribunale di Crotone ha sentenziato di no. Alcuni hanno sostenuto che il missile sia stato lanciato da un F14-Tomcat dell’aeronautica statunitense. Tuttavia, già nel febbraio 2007, aveva rivelato che il Sismi indicava i francesi come involontari stragisti. La Francia ha già risposto a tredici rogatorie italiane sostenendo che nessuno dei suoi aerei - sia che fossero di stanza nella base di Solenzara in Corsica sia che fossero dislocati sula portaerei Foch, entrata nel porto di Tolone il giorno successivo- stesse pattugliando la zona al momento della tragedia. Il Quai d’Orsay ha dichiarato che continuerà a collaborare pienamente con le autorità giudiziarie italiane, «come ha sempre fatto». Vedremo se lo rifarà dopo le dichiarazioni di Amato. Il 16 luglio del 2008, in Toscana, registrai una conversazione con Francesco Cossiga (poi confluita nel volume Cossiga mi ha detto, pagine 141-142, e 223). Alcuni mesi dopo, il 15 dicembre del medesimo anno, il senatore a vita avrebbe deposto nei medesimi termini.
Ustica: francesi o libici?
«Quando ero presidente della Repubblica i nostri servizi segreti mi informarono che a provocare la strage di Ustica furono i francesi. Quella sera del 20 giugno 1980 i francesi, con un aereo della Marina, lanciarono un missile non a impatto, ma a risonanza. Se fosse stato a impatto non ci sarebbe nulla dell’aereo».
Anche questa cosa qui, l’hai detta in passato...
«Sì. Le mie tesi, anzi notizie, come già quella del lodo Moro, sono state confermate dal giudice Rosario Priore, il più informato di tutti».
L’hai detto anni fa e di colpo le tue parole incendiano. Perché sembra sempre tutto nuovo?
«Perché non c’è memoria. L’Italia è un Paese senza memoria».
Il tuo amico Giuseppe Zamberletti ha una tesi diversa dalla tua.
«Lui sostiene siano stati i libici. Volevano vendicarsi dell’accordo stipulato dall’Italia che estrometteva la Libiadal dominio su Malta. Prima l’avvertimento, Ustica.Poi la vendetta, il 2 agosto. Proprio nel momento in cui Zamberletti firmava quell’accordo».
Da quanto tempo sai e perché parli ora?
«La cosa bella è che io queste cose le ho dette tanto tempo fa: ma non esiste memoria storica neanche tra voigiornalisti... ».