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Ryanair, prezzi stellari e agevolazioni: è furba, ma il governo non esageri con lo statalismo

di Daniele Capezzone mercoledì 13 settembre 2023

4' di lettura

No, a noi di Libero non sono proprio piaciute le piccole furbizie e le grossolane spacconate di Ryanair, il cui ad Michael O’ Leary rischia di battere svariati record di arroganza. Però, con altrettanta lealtà e franchezza, non ci convincono nemmeno alcune tentazioni dirigiste di quella che – scherzosamente – potremmo chiamare “Ursoair”, cioè la linea eccessivamente interventista del ministro Adolfo Urso. Procediamo con ordine. È venuto il momento di dirlo in modo esplicito: il signor O’ Leary– come direbbero a Oxford, o forse a Cambridge –havera mente stufato. Ieri, in quella che doveva essere una giornata positiva e promozionale rispetto all’Italia (veniva presentata l’offerta invernale della compagnia), il manager ha sparato a palle incatenate contro il governo, contro l’Enac, contro un provvedimento dell’esecutivo certamente discutibile ma che O’ Leary ha messo in burla con forzature e perfino distorsioni della verità che non gli fanno onore.

Gentile signor O’ Leary, è comodo fare i difensori del mercato e contemporaneamente tenersi un bel pacco di aiuti. Dice Ryanair che non si tratta di sussidi (e probabilmente è vero: non sono fondi pubblici), ma di una scontistica che viene applicata dalle società aeroportuali a favore delle compagnie aeree in virtù del traffico che è generato da queste ultime. Tutto vero, e peraltro misure del genere ci sono in tutta Europa: ma allora ci sia piena trasparenza su queste erogazioni. Anche perché pure altre compagnie potrebbero essere interessate a capire meglio sulla base di quali criteri avvengano queste erogazioni (pur da privato a privato), e se le attuali suddivisioni corrispondano davvero alla forza reale di ogni compagnia sul mercato. Non solo: sarà il caso di sapere se vi siano anche altre forme di incentivi. Ed è su questo che il ministero potrebbe condurre opportunamente un’indispensabile operazione-verità.

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Ma le furbate di Ryanair non finiscono qui. Non è stato bello che, in occasione del disastro in Emilia-Romagna, quando alcuni territori non erano raggiungibili via treno o via auto, i prezzi dei voli siano schizzati a cifre vergognosamente alte. Non solo. Non sono belle altre piccole mosse che sanno di autentica presa in giro nei confronti dei passeggeri. Perché un check-in fatto in aeroporto deve risultare spesso irragionevolmente costoso? O ancora: perché, rispetto a un volo acquistato all’ultimo momento, non solo sale il prezzo del biglietto (e questo è perfettamente comprensibile), ma si impenna pure il prezzo del bagaglio? Dai, è una gherminella indifendibile.

Qui a Libero crediamo davvero nella libertà: dunque, Ryanair è certamente libera di decidere la sua politica dei prezzi, ma siamo liberi anche noi – nell’interesse dei consumatori e del mercato – di svelare e denunciare alcune trappolette. In questo senso, la compagnia può sicuramente organizzarsi come crede, e quindi, come ha annunciato ieri il suo ad, può anche scegliere di tagliare un 10% di voli domestici dalla Sicilia: ma è davvero sgradevole che ciò venga presentato come una sorta di ritorsione, con un tono da ricatto continuo (o si fa così o ce ne andiamo). È invece da applaudire la richiesta di Ryanair di tagliare le tasse addizionali aeroportuali, cosa che indubbiamente contribuirebbe a tenere più bassi i prezzi. Detto a O’ Leary ciò che dovevamo, con altrettanta onestà ci permettiamo di suggerire al ministro Urso di essere cauto, per almeno due ragioni. La prima: stia attento a proporre regolamentazioni troppo stringenti (al momento, a onor del vero, il governo si è concentrato sulle ipotesi di catastrofi naturali o sui prezzi relativi ai voli da e per le isole). Ma se si esagera con una normativa troppo vincolante, l’effetto sarà quello di indurre gli operatori a innalzare subito i prezzi base, anche rispetto a biglietti acquistati con largo anticipo. E non sarebbe un buon affare per i viaggiatori. Seconda ragione: per abbassare i prezzi, la condizione è poter disporre di più voli, più tratte, più posti.

Non se ne esce. Non si tratta di capire se il manager di Ryanair ci stia simpatico o meno, se ci faremmo o no le vacanze insieme: ma è il caso di pensarci due volte prima di indurlo ad andarsene dall’Italia. Si dice che altre compagnie potrebbero arrivare al posto di Ryanair. E naturalmente sarebbero le benvenute: tra l’altro, molti soggetti hanno effettivamente annunciato intenzioni di sviluppo in questo senso. Occhio, però: spesso sono necessari tempi molto lunghi per la messa a punto di flotte adeguate. E non è proprio il caso di ritrovarci con rotte scoperte o con penuria di offerta. Anche perché nel 2022 Ryanair già rappresentava il 49,7% del mercato italiano: non certo una quota facilmente sostituibile. Da ultimo, dovremmo cercare di essere coerenti con noi stessi. Che facciamo? Da un lato difendiamo uno stabilimento balneare anche quando ci tratta male, magari quando ci fa pagare a peso d’oro una sedia a sdraio, un ombrellone e magari uno spaghetto alle vongole scotto, e poi ci permettiamo il lusso di mandare a quel paese un mega-operatore decisivo per le sorti del turismo in non poche regioni italiane? Morale: O’ Leary razzoli bene, anziché fare comizi sguaiati contro il governo. E il ministro competente per materia resista alla tentazione di voler regolare troppo, pur con buone intenzioni. Se facesse piena trasparenza a favore dei viaggiatori, sarebbe già tantissimo.

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