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Tasse, mutui e bonus: il mattone è un incubo

di Francesco Specchia martedì 19 settembre 2023

5' di lettura

Sogni e cedolare secca. C’è questa cosa del rapporto Istat sulla “Casa degl’italiani” appena uscito che, a livello di produzione onirica, mi sortisce lo stesso effetto di una peperonata a mezzanotte. Dopo essere stato informato dall’Istituto Nazionale di Statistica di un’implacabile «marcata riduzione dei volumi di compravendita immobiliare, con una flessione tendenziale pari al 16%» - cioè della crisi del mercato immobiliare - ; be’, le mie notti vengono di continuo funestate da incubi ammattonati. E non se ne vanno né col Maalox, né con l’agopuntura, né con le confessioni economico-sentimentali di Giorgetti. Prima d’ora, la mia idea di «casa» intesa come anima della nazione e come bene-rifugio generazionale; be’, se ne stava avvinghiata ai ricordi letterari del Palazzo nobiliare di Donnafugata - sette finestre sulla piazza, con facciata estesa di duecento metri - del Principe di Salina; o alla villa brulicante di feste e gangster, sottofondo di orchestrina charleston del Grande Gatsby; o alle mille residenze berlusconiane immerse nel verde e nei lapilli della politica e dei vulcani artificiali. Adesso, invece, la brutale realtà dei dati Istat mi cambia davvero l’ottica.

JOKER E IL LOCATARIO - E io m’immagino, in modo sistemico e terribile, frotte di agenti immobiliari dai gessati pastello, cravattoni alla Al Capone e scarpe con la punta quadrata che vendono case agli emissari di oligarchi russi, al sabato mattina. E, sconvolto dai colpi d’ascia di mutui e affitti, I have a dream, io faccio un sogno. Anzi, un incubo. E, in quest’incubo, l’idea italiana di casa come bozzolo si muta in quella, cupa e maledetta, della Casa degli Usher di E.A. Poe. E, tra i fumi della mia fase Rem mi vedo levitare verso l’alto, in proiezione astrale: e osservo quel corpo mutare forma, immedesimarsi via via, in tutti i ruoli, in tutti gli attori nel grande racconto immobiliare.

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Sono, appunto sprazzi onirici. Prima mi vedo come “proprietario”, uno dei tanti appartenenti al 70,8% di famiglie italiane titolari d’immobile. Sono allegro. Abbraccio Giuseppe Conte premier, mentre sorride e mi sussurra: «Ristrutturerai tutta la tua casa, gra-tui-ta-mente. Anzi ti paghiamo pure un 10% in più per il disturbo». Ti paghiamo chi? «Noi, lo Stato. Gra-tui-tamente». Ah, ecco. Dopodiché «gra-tui- tamente» ‘sta cippa. All’istante, la scena cambia. Vibra al vento dell’Eurostat la contabilizzazione sbagliata dei crediti d’imposta: e la mia casa viene avvolta, soffocata da ponteggi per la ristrutturazione che non si riescono più a smontare. E io compulso preventivi “gratuiti” esorbitanti (la mia vecchia caldaia da 8000 euro viene sostituita da una da 26mila, «ma è molto figa» commenta il fornitore); e mi accorgo, terrorizzato, che i lavori si bloccano col bonus 110% che diventa truffa, ferocia, voragine dello Stato.

Ora mi piovono addosso, a raffica: l’Imu; e la cedolare secca al 15% per l’affitto; e l’obbligo di attestato di prestazione energetica che faccia passare la mia vecchia dimora dalla classe “G” alla classe “E”, appartenendo io a quel 76% di titolari di «immobili inquinanti» secondo la Ue. Il mio senso di colpa green mi devasta. Adesso la faccia di Conte somiglia a quella del Joker.

Poi, entro nei panni dell’affittuario. Obbligato per lavoro a risiedere a Milano la città più cara d’Italia, dopo tre mesi, per pagare la pigione, sono costretto a vendere un rene. Solo nell’hinterland più profondo il costo dell’affitto è passato da gennaio del 2022 a un canone medio mensile per trilocale di 1.100 euro, alla cifra scomposta di 1.208. Questo se uno risiede in periferia.

Però, se poco poco avanza verso il centro città, la cifra s’impenna a 2500-3500 euro stessa metratura, un bagno solo, niente box, zero dignità - a seconda della palpitante vicinanza con la Madonnina. Il sogno s’immalinconisce. In sottofondo scorre la canzone struggente di Checco Zalone: «Quando ti senti prigioniero nel tuo quartiere galera/ Perché la vita non ha senso a tre chilometri da Brera/E lì la sera guardavo la ringhiera, stavolta m'impicco/Sento ancora le ferite di quando ero poco ricco». 

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Il sogno prosegue. Eccomi diventato compratore di casa, o perlomeno aspirante tale. Indosso il blazer della grandi occasioni, ingoio due caramelle alla menta. Parlo col direttore di banca, per richiedere un mutuo. Lui ride. Indossa lo stesso cravattone dell’immobiliarista. «Vede, dottore», mi fa, in un crescendo irresistibile «i conti sono presto fatti. I nuovi mutui a tasso fisso, sono passati da un interesse medio di circa 1,8% anche fino a oltre il 6% con le rate mensili che, pertanto, possono risultare, sulla base delle offerte delle banche, anche più che raddoppiate. I nuovi mutui a tasso variabile potrebbero arrivare, a breve, in media, verso il 7% dallo 0,6% di fine 2021: vuol dire che per un prestito da 150.000 euro della durata di 20 anni la rata mensile sarà di 1.180 euro, ben 515 euro in più (+77,4%) rispetto a quella che si sarebbe ottenuta due anni fa (665 euro)». Lo guardo vitreo. Ma capisco. La maledetta stretta sui tassi accompagnata a dosi velenose d’inflazione ora sposta la mia location; e mi materializza in coda per i pasti, tra i clochard della San Vincenzo.

IL TURISTA ABBIENTE - Un altro flash. Ed eccomi trasformato nell’ircocervo milanese perfetto: il proprietario di casa che snobba i contratti quadriennali, allontana i rischi di locatori abusivi e si butta sugli affitti brevi bed & breakfast e Airbnb. Penso, col turista abbiente, anglofono e «toccata-e-fuga» di aver fiscalmente svoltato. Ma d’un tratto, irrompe il Ministero del Turismo, che m’inchioda al suo decreto: «Nessuna deroga all’obbligo di permanenza nelle città metropolitane per almeno due notti. Scende da quattro a due il limite di appartamenti, in capo allo stesso proprietario, che possono essere messi in locazione. Multe fino a 10mila euro». Inesorabile.

In più, mi trovo obbligato a incidermi sulla pelle, tipo lettera scarlatta, il “Cin”, il Codice identificativo nazionale degl’immobili, per «assicurare la tutela della concorrenza, della sicurezza del territorio e per contrastare forme irregolari di ospitalità». Infine, a sogno che sfuma, eccomi assumere le fattezze del “Re” che simboleggia, nella cabala napoletana, sia chi governa che chi inganna; ma nel caleidoscopio impazzito d’immagini, qui, nella rarefazione del sogno, il mio volto non evoca quello di Meloni, capo dell’esecutivo, bensì quello di Christine Lagarde, ossia la Bce matrigna che sbriciola i nostri sogni e, soprattutto, i nostri muri e le nostre mappe catastali. Mi sono svegliato all’improvviso. Tutto sudato. Forse meglio dell’Istat era la peperonata... 

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