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Pietro Senaldi, il sondaggio: l'Italia con Meloni, sulla Ue ha ragione

di Pietro Senaldi martedì 26 settembre 2023

4' di lettura

Brutte notizie per il Pd in vista delle Europee dell’anno prossimo dal sondaggio di AnalisiPolitica che Libero pubblica in esclusiva. La narrativa dei dem è che questo governo danneggia l’Italia per i suoi contrasti con Bruxelles e i rapporti sempre sul filo della tensione con Berlino ma anche con Parigi. Secondo la critica della sinistra Bruxelles ci avrebbe nel mirino. Tre sono i principali capi d’accusa. Il primo è che siamo il solo Paese a non aver sottoscritto il Mes, il meccanismo salva-Stati che prevede una sorta di commissariamento per chi vi ricorre, indebitandosi con la Ue. Il secondo sono i nostri buoni rapporti con l’euroscettica Ungheria – e con la Polonia, anche se adesso, per via della guerra in Ucraina, questo è tollerato -. E infine c’è l’immigrazione, dove non sarebbe gradito il pestare i pugni della Meloni per la redistribuzione dei clandestini tra i Paesi membri e la richiesta di rivedere il Trattato di Dublino, che ci obbliga invece ad accoglierli tutti ed è stato contestato perfino dal presidente Sergio Mattarella, che lo ha definito sorpassato.

L’INTERESSE NAZIONALE
Per nulla a sorpresa, tra Meloni e Lagarde, tra il centrodestra tricolore sovranista e la maggioranza Ursula di Bruxelles, tra la coppia Crosetto-Piantedosi e il quartetto Gentiloni-Macron-Darmanin-Scholz, gli italiani, molti anche di sinistra, optano in massa per le prime opzioni. Secondo l’istituto demoscopico fondato e diretto dal sondaggista Arnaldo Ferrari Nasi infatti per il 56% degli intervistati il governo sta tutelando bene l’interesse nazionale nei rapporti con l’Europa e solo uno su tre (34%) è invece insoddisfatto. La vera sorpresa invece è che a promuovere la linea Meloni sono anche il 48% degli elettori grillini e il 61% di quelli del Terzo Polo. Tra il popolo del centrodestra si registra addirittura un plebiscito, con l’approvazione del 91% dei forzisti e del 90% dei leghisti; singolare che i meno entusiasti siano proprio i sostenitori di Fdi (85% di favorevoli). Ma è considerevole anche il dato che si riferisce agli elettori dem: solo poco più di uno su due (53%) esprime una netta avversione per la linea europea dell’esecutivo, che invece quasi uno su tre (32%) approva.

Questa rivelazione dimostra che il sentimento degli italiani verso l’Unione Europea si è parecchio raffreddato e che la crisi dell’immigrazione non danneggia più di tanto il governo. D’altronde i cittadini sono consapevoli che l’alternativa è tra chi, seppure a fatica, cerca di trovare una soluzione al problema e richiama l’Europa alle proprie responsabilità umanitarie e chi si ostina a spingere per l’accoglienza indiscriminata senza considerare l’irrealizzabilità del progetto, anzi spacciandolo per un’opportunità salvifica per il Paese. Pesa anche sicuramente, nel giudizio negativo verso Bruxelles, la folle politica monetaria di rialzo del costo del denaro della Banca Centrale Europea portata avanti ottusamente dalla governatrice della Bce, la francese Lagarde, indegna sostituta di Draghi.

Più spaccato, anche trasversalmente ai partiti, è invece l’elettorato riguardo a un presunto isolamento del nostro Paese in Europa, negato dal 51% degli interessati ma invece esistente per il 44. Qui i più stralunati sono i tifosi di Conte, che per il 58% sono convinti che Roma sia ormai cosa a sé rispetto all’Unione, mentre tra le altre forze politiche il dato è simile, con il 55% circa che non ha sindromi d’accerchiamento e un 45% invece che sente di condurre una battaglia solitaria.

QUADRO CHIARO
«Più in generale, sull’Europa le opinioni nel corso degli anni cambiano poco» spiega Ferrari Nasi. «Dalla fine degli anni 2000 AnalisiPolitica sottopone annualmente agli intervistati lo stesso quesito, ovvero se per loro si debbano costituire gli Stati Uniti d’Europa, se invece sia meglio avere solo una politica estera e di difesa in comune, oppure se preferiscano che la situazione resti come ora, solo con facilitazioni economico-commerciali o se non sia addirittura meglio abbandonare Unione o se occorra staccarsene, almeno in parte». Ebbene, la maggioranza degli italiani – si prendano indicativamente tre dati: 56% nel 2009; 54% nel 2018; 55% nel 2023 – è per il più Europa anziché meno. Il dato si divide, circa egualmente, tra chi vuole gli Stati Uniti d’Europa e chi preferisce rimanere al livello di sola politica estera e di difesa comune. Sia chiaro, questa domanda non rileva il livello di gradimento rispetto a come l’Europa stia funzionando ora: i risultati ci indicano dove si vorrebbe arrivare, non come ci stiamo arrivando. Una quota pressoché costante, comunque, intorno al 8%-10%, è per l’uscita. «A livello di partito» conclude il sondaggista «è da sottolineare che tutti gli elettorati dei principali partiti, anche quelli del centrodestra, teoricamente più critici, restituiscono valori più alti della media nazionale. I risultati meno alti, quindi, sono quelli dei meno interessati: chi non va a votare; chi vota scheda bianca; chi non sa cosa votare. Tendere all’Europa, allora, non è una questione di destra o di sinistra; lo è piuttosto, farla funzionare in un certo modo, invece di un altro». 

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