Tutti i Ventisette d’accordo sulla priorità: fermare l’immigrazione illegale. Tutelando la dimensione esterna. Elementi più che sufficienti per dichiararsi «molto soddisfatta di quello che sta accadendo a livello europeo». In chiusura della due giorni – fra il vertice della Cpe e il Consiglio Ue informale – Giorgia Meloni affida agli inviati della stampa italiana una valutazione decisamente positiva di una lunga settimana di lavori che conferma «i passi avanti concreti» echeggiati già nel vertice dei Med9 a Malta: posti al centro, proprio da lei, al vertice di Granada. Il motivo è chiaro. Sono i contrafforti della «posizione italiana»: ricalcati nei “10 punti” di Ursula von der Leyen, messi a terra con il format a sei inaugurato dalla premier insieme al britannico Rishi Sunak e confermati, ieri, dalla tregua sancita con Olaf Scholz.
La sintesi di ciò che è avvenuto al Consiglio informale – al netto della mancata dichiarazione finale (per il “no” di Polonia e Ungheria) – la fa lei stessa: «Oggi obiettivamente ci ritroviamo in un Consiglio nel quale 27 Paesi sono d’accordo sul fatto che la priorità è fermare l’immigrazione illegale, a partire dalla dimensione esterna. E questo è indubbio. Dopodiché bisogna essere bravi nell’implementazione». Ossia, come Meloni ha ripetuto più volte, occorre passare dalla fase della diagnosi a quella della cura. Proprio questa è la ragione «perla quale abbiamo organizzato la nuova iniziativa che coinvolge anche esponenti fuori dell’Ue ma non dell’Europa, a partire dalla Gran Bretagna».
AZIONI CONCRETE
Un asse che prevede azioni «concrete» pensate per ottenere obiettivi specifici: «Il primo dei quali – ha spiegato – è combattere la rete dei trafficanti». Accompagnato da un lavoro «molto importante sulle cause che va fatto direttamente in Africa. Cioè: esattamente la posizione che l’Italia ha cominciato a portare un anno fa e che oggi è di dominio pubblico». Altro che Italia isolata o “accerchiata” dunque, come la sinistra nostrana e i media di riferimento hanno cercato di far passare. Nel giro di pochi giorni l’esecutivo Meloni ha incassato sponde fondamentali, dai principali partner, proprio sulla sua strategia. Quali? Dalla «risposta comune europea» su migranti e Tunisia saldata con Macron all’accordo Ue sulla gestione delle crisi, dal patto anti-scafisti stretto con Sunak all’ultimo tassello: la ricucitura con Olaf Scholz.
Il bilaterale “chiarificatore” fra Meloni e il Cancelliere tedesco è stato il piatto forte di giornata. Incontro anticipato – dopo giorni di tensioni determinate prima dallo stop di Berlino ai ricollocamenti dall’Italia, poi dai fondi concessi alle Ong impegnate nei soccorsi di migranti nel Mediterraneo e dall’emendamento tedesco a favore delle navi umanitarie nell’ambito della discussione sul Patto per le migrazioni – da un segnale importante: il ritiro dell’emendamento della discordia. Mossa letta dai media tedeschi non solo come una vittoria della posizione italiana ma come la dimostrazione che sul tema della politica migratoria – su cui i Verdi hanno grande influenza – è proprio la Germania a risultare isolata. A confermarlo, indirettamente, proprio Scholz che ha sconfessato il finanziamento pubblico alle Ong, sottolineando come i fondi siano stato approvati dal Bundestag e non dal governo federale. «Non ho presentato la domanda. E penso che questo sia inequivocabile», ha affermato. In serata, poi, arriva la conferma da Berlino: nella Legge di bilancio 2024 il governo tedesco non ha inserito i 2 milioni di euro di finanziamenti alle Ong che operano nel Mediterraneo. Fonti della commissione Bilancio del Bundestag hanno puntualizzato che «non si tratta di una svista. La Cancelleria è contraria all’ulteriore stanziamento e il ministero degli Esteri la pensa allo stesso modo». L’ultima parola spetterà comunque al Parlamento in fase di conversione della Finanziaria.
L’INTESA
Non a caso nel colloquio fra la premier e il Cancelliere è emersa grande «soddisfazione» proprio per l’intesa raggiunta a Bruxelles sul Patto europeo per le migrazioni e l’asilo: nel quale le norme anti-crisi si applicheranno pure alle Ong. Anche sul memorandum con la Tunisia, nonostante i retroscena che vorrebbero una Germania d’accordo a reputarlo Paese non sicuro, è giunta l’apertura: «Scholz mi ha confermato il sostegno che aveva già dato al nostro lavoro in Tunisia – ha chiarito la premier –. È perfettamente consapevole del fatto che è l’unico lavoro che può dare risultati concreti. Mi ha detto che bisogna andare avanti». Quanto al “no” espresso da Polonia e Ungheria, che ha bloccato la parte sui migranti della dichiarazione finale, Meloni non si è scomposta: «Le posizioni tra Italia, Polonia e Ungheria sono diverse perché sono diverse le condizioni geografiche». L’opposizione dei due alleati di Visegrad, insomma, dipende da questo oltre dal fatto «che a maggioranza si sia deciso qualcosa che precedenti Consigli avevano stabilito, loro dicono, che si dovesse decidere solamente all’unanimità». Non certo, dunque, dalla strategia italiana «sulla quale anche loro sono d’accordo»: fermare l’immigrazione illegale.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.