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Francesco Storace, la sceneggiata di Roberto Saviano: addio, Italia

di Francesco Storace venerdì 13 ottobre 2023

4' di lettura

Saviano tiene famiglia. Pregiudicato sì, ma con parsimonia. E quindi ieri sera si è beccato una condanna a mille euro per aver diffamato Giorgia Meloni. Saviano, ovviamente, fa la vittima e dice che è una sentenza simbolica, seppur mite, e che è solo l’inizio. Già vede una carneficina giudiziaria.Ma forse ce ne libereremo perché sta pensando ad espatriare. Eppure il tribunale gli ha persino concesso le attenuanti generali per quel “bastarda” in diretta televisiva, la non menzione nel casellario giudiziale. Ha agito «per motivi di particolare valore morale e sociale». Non sapeva il giudice che l’imputato avrebbe tracimato nelle affermazioni dopo la sentenza contro «le bande» che stanno al governo.

Se non insulta si sente male. Se l’è presa persino con la Rai e pure con Orban, che in Ungheria si sarà chiesto chi è quel signore... E poi il botto finale di Saviano: «Tempo fa qualcuno aveva messo in giro la fake news che mi sarei trasferito all'estero. Oggi, alla luce della condanna che ho ricevuto, è un'idea che sto valutando e prendendo in considerazione. In Italia, con questo Governo sarà sempre più complicato vivere, sotto tutti i punti di vista». Se potessi avere mille euro al mese... Per terminare il suo esorcismo se la prende anche con «gli uomini di Angelucci che mi hanno continuamente diffamato sui loro giornali». Anche qui, se fosse stato vero, ci avrebbe querelato. Ma lo sa Saviano dove se ne deve andare? Frenate l’istinto e accontentatevi della condanna, anche se manco quello scarso migliaio di euro vuole scucire lo scrittore. Il suo avvocato ha già preannunciato appello. Quante lacrime verserà, il povero martire.

RESTA LA MACCHIA
Anche a sinistra odiare costa, dunque, anche se in questo caso costa davvero poco. O forse è una svolta, le parole hanno un peso e in questo caso forse valevano poco se pronunciate da Saviano. Siamo all’ammenda minima legale, una multa per il furto di una pesca ad Esselunga, l’affissione abusiva di una decina di manifesti, roba da condono insomma. Manco la colletta.
Eppure resta la macchia. Il giudice avrà valutato tutto sulla sua bilancia personale e probabilmente non avrà voluto credere all’ultima balla di Saviano: «La premier mi ha denunciato». No, all’epoca della querelala Meloni non era a Palazzo Chigi ma era una parlamentare importante dell’opposizione. Farfugliare non serve. E soprattutto non giustifica andare ospite nella tribuna politica di Corrado Formigli (quanto vale definirla così, duecento euro?) a lanciare insulti alla Meloni e a Salvini.

Definire “bastardi” i leader politici costa. Magari costerà meno insultare altre categorie. Ad esempio se uno partecipa ad una trasmissione tv dedicata a Iolanda Apostolico e ai clandestini che sono scappati dopo la sua prodigiosa ordinanza antigovernativa, che si potrà pretendere? Quanti euro e quanti centesimi varrà quell’insulto? Perché questa è la moda inaugurata dal processo Saviano, il diritto furbo, l’insulto con tariffario. Sono già finiti i tempi in cui il bullo di Travaglio a Renzi valeva ottantamila euro, oggi, signora mia, con un paio di bastardi mille euro e passa la paura. No, Saviano non potrà comunque travestirsi con l’aureola del martire. Lo scrivono anche su X: «Paga e porta rispetto per le persone qualunque siano le loro idee politiche. Si possono difendere le proprie ragioni senza insultare, denigrare o demonizzare sul piano personale. Lo ha fatto e ha perso di credibilità e autorevolezza».

Ora paga, anche se dal portafoglio esce fuori una miseria, quella sì simbolica. Domanda: ma se da domani si dà invece del bastardo a Saviano, quanto costa nel bilancino della giustizia? I social sono avvisati: c’è un prezzario per tutti. E speriamo che si potranno definire bastardi, senza paura se non per la propria vita, almeno quelli di Hamas che i bambini non li lasciano affogare perché tagliano la testa a quelli ebrei. Su questo Saviano non ha ancora pronunciato una sola parola. Bastardo o vergogna? Quando si arriva all’insulto spacciato per dissenso si supera ogni limite accettabile. Ora lo scrittore piagnerello rientri nei ranghi e non ricominci con le sue ipocrite lamentazioni.

CAMPIONE DI INSULTI
Si è beccato una condanna, seppur minima, per motivi evidenti, come ha detto l’avvocato Luca Libra, legale della Meloni nel processo a carico di Saviano: «Bastardo non è una critica ma sempre un insulto, anche per il dizionario è sempre un termine dispregiativo. Il diritto di critica anche perla Cassazione non può travalicare nell’uso dei termini e dal rispetto delle persone. E sostenere che Giorgia Meloni stia perseguitando qualcuno è assolutamente falso. L’imputato ha usato un linguaggio eccessivo, volgare e aggressivo; è possibile fare critica ma nessuno è al di sopra del codice penale». Anche la Procura di Roma aveva sollecitato una condanna ridotta, a diecimila euro.

Ma la faccia tosta dell’imputato condannato e pregiudicato si è palesata nelle dichiarazioni spontanee che hanno preceduto la sentenza: «Ritengo il comportamento di Giorgia Meloni un’intimidazione. Pur nell’assurdità di essere portato a giudizio dal presidente del Consiglio per averla criticata, non c’è onore più grande che può essere dato a uno scrittore che vedere le proprie parole mettere paura a un potere tanto menzognero», ha aggiunto. In effetti tremavano tutti a Palazzo Chigi... «Rivendico la legittimità della mia critica - ha detto con tono comiziale- Quando un giorno ci si chiederà come è stato possibile lasciar annegare tutte queste persone in mare il mio nome non sarà tra quelli dei complici». Una sceneggiata senza pari. 

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