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Giordano Bruno Guerri: Khomeyni, l'ayatollah che ha inventato il club dei tagliagole

di Giordano Bruno Guerri lunedì 30 ottobre 2023

5' di lettura

Per quanto spietati, gli ultimi ayatollah iraniani hanno l’aria paciosa da religiosi, uomini di Dio. Lui no, Ruhollah Khomeyni fin dallo sguardo si mostra va uomo di durezza e di guerra. I suoi inizi non furono facili, nato nel 1902 divenne orfano a sei mesi: il padre – piccolo proprietario terriero – aveva preso le difese dei contadini e fu ucciso dai grandi proprietari della zona; a 16 anni perse pure la madre, e poté studiare grazie al fratello maggiore. Si trattava di studi religiosi, Khomeyni era già un taleban, il suo ideale era imporre la sharia, la “legge di Dio” che in alcuni casi la cultura occidentale ritiene incompatibile con i diritti umani, come l’uguaglianza di genere e la libertà di espressione. Nel 1925 divenne scià della Persia Reza Pahlavi, un militare, figlio di militare e pure lui orfano da neonato, cresciuto da uno zio a 16 anni.

La Persia era allora sotto l’influenza russa e Reza un cosacco senza gradi, ma alla fine della Prima guerra mondiale era generale. Mentre gli inglesi contendevano alla Russia il controllo del Paese, comandò l’esercito, fu ministro della Guerra, poi primo ministro, e nel 1925 depose la dinastia Qajar, dando inizio alla propria. Reza Pahlavi mise fuori legge il partito religioso islamico, sul modello di quanto stava facendo Ataturk in Turchia, e Khomeyni si mise in clandestinità, organizzando senza successo congiure contro lo scià. Nel 1929 - a 27 anni - sposò una ragazza di 16, e riuscì a produrre sette figli.

Pahlavi, invece, avviò la modernizzazione del Paese, favorendo l’industrializzazione e la scuola pubblica; abolì i diritti feudali e rinegoziò l’accordo con l’Anglo-Iranian Oil Company; tuttavia la vita economica persiana era sempre dominata dagli interessi angloamericani nel settore petrolifero. Anche per questo motivo Reza iniziò a manifestare le sue simpatie per Hitler e il nazismo: nel 1935 cambiò il nome della Persia in Iran, che significa «terra degli ariani».

L’INVASIONE
Nel 1941, preoccupati per una possibile alleanza con i nazisti, Gran Bretagna e URSS occuparono il Paese. Reza dovette abdicare in favore del figlio Mohammad Reza Pahlavi, di 22 anni. Il nuovo imperatore (che molti ricordano soltanto per i matrimoni con le bellissime Soraya e Farah Diba), pur continuando l’opera di modernizzazione attenuò il contrasto con le forza religiose e Komeyni arrivò al grado di Ayatollah: è un titolo concesso agli esponenti più importanti del clero sciita, e che proprio con Khomeyni ha assunto un significato politico, per noi occidentali.

Saltiamo un decennio di complesse vicende politiche iraniane, fino al 1953, quando lo scià assunse i pieni poteri dopo il rovesciamento – voluto dagli Stati Uniti - del governo democratico del primo ministro Mossadeq. Nello stesso anno Khomeyni divenne un Marja’ al-taqlid, ovvero il più potente di tutti gli ayatollah. Come si capisce fin qui – ma sempre più dopo – era un capo religioso simile ai nostri pontefici all’epoca di Machiavelli, pronto al complotto e all’uccisione dell’avversario. Fu favorito dal comportamento dello scià, che dal 1962 accelerò la modernizzazione, fino a dare il voto e il diritto al divorzio alle donne, che arrivarono a portare la minigonna, altro che velo.

Sostenuto dagli Stati Uniti, Mohammad Reza Pahlavi statalizzò i beni waqf, un immenso patrimonio per lo più immobiliare gestito in gran parte dal clero sciita: ma quei beni non andarono al popolo, bensì alla classe dirigente filooccidentale. Così, nel 1963, Khomeyni organizzò una nuova congiura, fallita, e dovette andare in esilio, prima in Turchia, poi in Iraq, infine a Parigi. Intanto lo scià esautorava il parlamento e accentrava su di sé il potere, senza trascurare la repressione sanguinaria di ogni opposizione. Attentissimo alla propria immagine internazionale, aveva una posizione benevola verso Israele, e nel 1969 dichiarò: «Ovviamente Israele esiste come Stato, e non si può sterminare un popolo; il desiderio manifestato da certe persone di sterminare la razza ebraica non può avverarsi».

LO SCIÀ SBAGLIA MOSSA
Intanto cresceva la protesta della parte più moderna del Paese, non solo da quella religiosa. Anno dopo anno divenne una vera rivolta, e nel 1978 lo scià – benché avesse promesso elezioni libere adoperò l’esercito provocando vere stragi contro i manifestanti, in grande parte sciiti e guidati – a distanza – da Khomeyni. Il 16 gennaio del 1979 Pahlavi dovette abbandonare l’Iran per evitare la guerra civile, ma non servì: una volta al potere, i rivoluzionari religiosi presero a uccidere tutti quelli che avevano fatto parte del suo regime. Erano sempre guidati da Khomeyni, che il primo febbraio rientrò in Iran e instaurò una repubblica islamica. Da allora il potere spetta all’autorità religiosa.

Possiamo considerare quella data come l’inizio del cambiamento dei rapporti fra il mondo musulmano e quello occidentale. Khomeyni decretò il ritorno alla sharia, con l’obbligo del velo per le donne, altro che minigonne, la pena di morte per la bestemmia e l’adulterio. la possibilità di sposare bambine dai 9 anni in poi. Disse: «Perché mai il matrimonio tra ragazzi e ragazze pubescenti dovrebbe essere proibito in base alla minore età, mentre è concesso loro di ascoltare la radio e musica sessualmente eccitante?».

Quanto alla politica estera, basti ricordare che non condannò l’azione dei pasdaran, quando occuparono l’ambasciata degli Stati Uniti e presero in ostaggio 54 americani.
Da allora, per gli Usa, Khomeyni e il suo regime divennero il grande satana del mondo. Fu lui che nel 1988 decretò la fatwa, ovvero la condanna a morte contro Salman Rushdie, colpevole di avere pubblicato il libro “blasfemo” I versi satanici. Fu lui a dichiarare «Jihad significa conquistare tutti i territori non islamici. Simili guerre possono essere legittimamente dichiarate una volta instaurato un governo islamico degno del proprio nome, tramite la guida dell'Imam o per suo ordine. Sarà allora dovere di ogni maschio adulto e sano unirsi spontaneamente a questa guerra conquistatrice, il cui fine ultimo è instaurare al potere la legge coranica da un capo all’altro della Terra».

ORIANA SENZA VELO
Nel 1989 Khomeyni morì, per un cancro allo stomaco, ma il fanatismo religioso era ormai ripristinato nel mondo musulmano e lo si vide ai suoi funerali, cui parteciparono tre milioni e mezzo di persone, che fecero cadere la bara cinque volte nel tentativo di toccarla. Le conseguenze del decennale potere di Khomeyni furono ben altre: occorre far risalire al suo fondamentalismo teocratico la nascita di fenomeni simili in tutto il mondo musulmano, fino agli Hezbollah libanesi, all’11 settembre 2001, all’Isis, agli attentati in tutto il mondo, fino alla guerra attuale fra Israele e Hamas, appoggiato e armato dall’Iran. Oriana Fallaci aveva intuito tutto ciò, e nel 1979 riuscì a ottenere un’intervista con Khomeyni, che rispose senza battere ciglio alle sue domande, tutt’altro che in ginocchio. Fu Oriana a offendersi per una risposta, e per reazione si tolse il velo. A quel punto l’ayatollah se ne andò, senza salutarla né guardarla. Oggi, 44 anni dopo, ragazze iraniane vengono uccise a bastonate perché protestano contro il velo o non lo portano correttamente.

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