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Ue, la sinistra si spacca: divieti per le auto, perché ora cambia tutto

di Antonio Castro venerdì 10 novembre 2023

3' di lettura

Forse è maturata la consapevolezza che la svolta green non è un pranzo di gala. Che accelerare Ora - nel pieno di un periodo economico di recessione potrebbe rappresentare un cappio al collo per l’economia europea. Forse mondiale. Sicuramente avrebbe rappresentato un micidiale sgambetto per tutto l’automotive già alle prese con una transizione epocale. Ieri l’assemblea del Parlamento europeo (329 voti favorevoli, 230 contrari e 41 astensioni) ha deciso di concedere più tempo alle case costruttrici per adeguarsi ai nuovi, più stringenti standard previsti dal regolamento Euro 7. Introducendo - per la prima volta - nuovi «limiti per le emissioni derivanti dall’usura di pneumatici e freni». È questo il cuore delle innovazioni introdotte ieri nella nuova proposta legislativa. Prima di essere approvata definitivamente la proposta - che fissa anche nuove disposizioni per la durata minima delle batterie - dovrà adesso finire sotto un ennesimo esame. E scatterà così un negoziato con il Consiglio e la Commissione Ue nel corso del cosiddetto “trilogo”.

Rispetto alla linea rigorista paventata dall’anima green europea già questo rinvio rappresenta «un successo per l’Italia», scandisce il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Parlando apertamente di un nuovo testo - varato dalla plenaria - «profondamente migliorato»" rispetto alla proposta iniziale della Commissione e che «risponde a una visione concreta e pragmatica» della realtà. C’è poi un evidente ribaltamento politico di cui prender atto. Ed è sempre Urso a sottolinearlo: in occasione della votazione sul nuovo regolamento, «all’Europarlamento si sia venuta a costituire una nuova maggioranza politica» di centro-destra. Chi ha un po’ di memoria ricorderà che anni fa la cosiddetta “maggioranza Ursola”, di centrosinistra, si era schierata compatta per la proposta del calendario di riforma. Ora invece «la Commissione europea, si è spaccata».

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A votare in favore della proposta di rinvio dell’applicazione sono stati i gruppi Ecr, Ppe e Renew quasi al completo. Ma anche una buona parte del gruppo Id, quello di cui fa parte la Lega. I socialisti si sono invece spaccati: la maggioranza del gruppo, inclusa la delegazione Dem, ha votato contro perché favorevole (consapevole?) che sia necessario mettere insieme un testo più ambizioso rispetto a quello varato. Il sostanza verrà rinviato di almeno 2 anni dall’ applicazione per le auto. E di almeno 4 per i mezzi pesanti. I nuovi limiti più stringenti riguarderanno comunque le emissioni inquinanti di ossidi di azoto, particolato, monossido di carbonio e ammoniaca.

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L’industria automobilistica europea (Acea) accoglie con favore il rinvio ipotizzato. Ma è più prudente: facendo due conti anche a queste condizioni l’avvio del’ Euro7 rappresenta comunque «un prezzo elevato» per tutto il comparto automotive. Tanto più in un momento critico «per la trasformazione del settore». I Verdi- che temono la fine della legislatura europea come il naufragio di una navigazione politica travagliata parlano di «occasione mancata». Tanto che l’Organizzazione europea dei consumatori (Beuc) avverte: si tratta «più di un aggiornamento minimo dell’Euro 6 che a una nuova generazione di regole sulle emissioni». Viene invece valutato positivamente l’ipotesi di istituire un “passaporto ambientale dei veicoli” a livello Ue che potrebbe garantire «gli acquirenti di auto di seconda mano». Sta di fatto che - come sintetizza il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratttin - «si tratta di un buon risultato negoziale verso una transizione realistica». Due anni in più. Poi si vedrà.

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