Le opposizioni hanno chiesto addirittura «un’informativa urgente del ministro Giuseppe Valditara (Istruzione, ndr) sulle indiscrezioni circa il ruolo di Alessandro Amadori come coordinatore del progetto che riguarda l’educazione alle relazioni nelle scuole». Reo, secondo loro, Amadori, che fa appunto l’esperto del ministero ed è un docente a contratto di Psicologia all’università Cattolica di Milano, di aver scritto un libro, autopubblicato, assieme a Cinzia Corvaglia, La guerra dei sessi, in cui, tra le altre cose, si legge: «Che dire delle donne? Sono anch’esse cattive? La nostra risposta è sì, più di quanto pensiamo».
Dottor Amadori, quando ha scritto quel libro?
«Nel 2020 e l’ho citato in una breve intervista a Il Fatto quotidiano. Quando uscì ne parlai in una puntata del programma radio La Zanzara e su Affari italiani. I contenuti sono noti da tempo».
Eppure adesso è scoppiato un mezzo putiferio... Di cosa parla?
«È diviso in due parti. La prima metà è dedicata al problema dell’aggressività maschile che riconnetto a un processo di mancata maturazione dell’immaginario maschile: l’aggressività maschile è causata dalla difficoltà che hanno gli uomini a evolvere, a superare meccanismi arcaici che andavano bene 200 anni e non più oggi».
L’altra metà?
«Siccome esiste un principio di azione e reazione, il femminile si è auto-evoluto e ha conquistato una maturazione straordinaria, ma in un certo senso sta alimentando l’idea che il maschile in quanto tale sia negativo. Inoltre individuo forme di nicchia della cattiveria femminile, perché esiste anche quella».
Come funziona?
«È meno frequente, è più psicologica, di lungo periodo, meno impulsiva, meno fisica. Però c’è. L’aggressività è parte del genere umano. Guardi, dobbiamo essere chiari: per la prima volta il potere sta giustamente passando più dalla parte delle donne: e la risposta primitiva del maschile prende la forma della violenza sessuale e del femminicidio. Che sono due emergenze, diciamocelo subito».
Certo. Ma allora che si fa?
«A livello immediato dobbiamo disinnescare la brutalità maschile. Come strategia di medio e lungo termine dobbiamo sederci a un ipotetico tavolo e discutere: dobbiamo riconoscere che c’è una forma di conflittualità esplicita e latente tra i generi e bisogna avviare una riflessione su cosa e come devono essere i rapporti tra i due generi».
“La guerra dei generi”, la “battaglia dei sessi”. Alla fine la vinse una donna, nel 1973, la tennista Billie Jean King...
«Il titolo si rifà a quell’episodio. È un’iperbole, ma il femminicidio è una guerra che ha anche le sue vittime. Non dimentichiamolo».
Il ruolo della scuola qual è?
«La scuola può aiutare a far prendere consapevolezza. C’è anche un tema di sensibilizzazione. Tuttavia vorrei ribadire che il progetto del ministero in questo ambito non l’ho redatto io, ho solo dato un contributo».
Lo sa le polemiche che sono scoppiate ieri cosa mi hanno ricordato? Quelle che hanno travolto il generale Vannacci...
«Vannacci ha fatto un libro, mi passi il termine, volutamente provocatorio. Io sono partito da una constatazione di ricerca, dagli indicatori di qualità della relazione uomo - donna. Sono peggiorati. E allora mi sono chiesto cosa stia succedendo. Tutto qui».
E cosa sta succedendo? Perché la parola più inflazionata della settimana è “patriarcato”...
«È vero che ci trasportiamo nell’immaginario maschile le strutture del patriarcato, ma è meno vero per le nuove generazioni. La soluzione non è gridare al patriarcato in quanto tale. È mettersi assieme e creare un movimento d’opinione. Vorrei lanciare un appello ai “colleghi” maschi: proviamo a dare vita a un movimento che ci metta dall’interno in discussione e ci faccia evolvere».