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Olanda e Irlanda, messaggio per destra e sinistra

di Daniele Capezzone sabato 25 novembre 2023

4' di lettura

Ormai è una coazione a ripetere, un disturbo ossessivo -compulsivo, una riproposizione coatta sempre dello stesso doppio errore, che si rinnova da anni in sede sia politica che mediatica. Da un lato, chiamare “sorpresa” ciò che invece è sotto gli occhi di chiunque li tenga aperti, come se fosse un merito – per politici e analisti mainstream – il fatto di capire sempre meno di ciò che si muove nelle nostre società; dall’altro, qualificare in modo dispregiativo (“populisti”, “estrema destra”, l’evergreen “fascisti”, più la new entry “destra-destra”) le forze politiche che si fanno interpreti dei sentimenti maggioritari dei cittadini.

E così, è tutto uno stupirsi per il trionfo in Olanda di Geert Wilders, naturalmente percepito dagli elettori di quel paese come un credibile nemico dell’immigrazione senza limiti e del pericolo islamista. In molte redazioni c’è chi si straccia le vesti, chi si interroga, chi soffre: ma il problema è tutto loro, che invece – fino a una settimana fa – tessevano imperterriti le lodi dell’ecointegralista socialista Frans Timmermans. È la consueta sindrome di chi va contromano in autostrada, e per giunta pretende di dare dei pazzi agli altri automobilisti che procedono secondo il senso di marcia corretto. Così fanno anche i nostri celebratissimi editorialisti: cosa pensavano, che gli olandesi avrebbero lanciato petali di rosa verso chi – Timmermans, appunto – ha lavorato per anni da Bruxelles a una scarica di tasse e penalizzazioni contro casa, auto, agricoltura, allevamenti? Era ovvio che invece, oltre a un largo dissenso verso quelle politiche, i temi sentiti dalla maggioranza dei cittadini fossero ben altri: immigrazione, islamizzazione, sicurezza.

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Ma la sindrome dei nostri analisti non conosce eccezioni: si spaventano per quella che chiamano l’“onda nera” in Olanda, mentre festeggiano in Spagna la nuova accozzaglia messa insieme da Pedro Sanchez (non solo la vecchia coalizione tra sinistra e Podemos, ma pure un mix tossico e confuso di secessionisti catalani e frange filo-Hamas).

ARRUOLATO PURE POPPER

Non a caso in queste ore è esplosa una rovente polemica tra Gerusalemme e Madrid, con una clamorosa (e giustificatissima) convocazione dell’ambasciatore spagnolo da parte del governo israeliano. Eppure – abbiamo letto ieri sul Corriere della Sera – il risultato spagnolo sarebbe stato buono per i fautori della “società aperta”: povero Karl Popper, arruolato a difesa di ciò che in vita de testava.
E il medesimo stupore si è riproposto rispetto all’episodio (ancora da mettere a fuoco nei suoi dettagli) avvenuto a Dublino. Saranno le indagini a chiarire se l’intento sia stato effettivamente terroristico: ma come ci si può sorprendere del fatto che pesantissimi disordini si siano scatenati dopo l’accoltellamento di alcuni bimbi e di una donna davanti a una scuola? Non c’è tuttora conferma, ma un’ipotesi è che l’assalitore sia stato un uomo di origine algerina: e in ogni caso, il solo fatto che una diceria del genere, più ancora del gesto criminale in sé, abbia generato un’autentica guerriglia, dovrebbe far riflettere tutti sul campo di battaglia su cui siamo e saremo chiamati a misurarci.

Del resto, cosa pensavano i nostri commentatori? Che una circostanza del genere potesse rasserenare gli animi degli irlandesi? Ed è serio ricominciare anche qui con la criminalizzazione della presunta ”estrema destra” di Dublino?

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LE SCELTE DEGLI ELETTORI

In ogni caso, è inutile girarci intorno: alle elezioni europee di giugno si voterà anche e soprattutto su queste cose. Scordiamoci la centralità di temi pur significativi, dall’attuazione del Pnrr all’assetto futuro dell’Unione: se ne parlerà, certo, ma non saranno quelle issues a determinare le scelte degli elettori. A dominare sarà il trittico sicurezza-immigrazione-tasse, visto dagli elettori attraverso la lente del rapporto tra Bruxelles e i propri governi nazionali.Vincerà chi darà l’idea di avere risposte forti a quelle domande, se necessario anche tirando la corda rispetto alle istituzioni comunitarie, o comunque mostrando di essere determinati a modificare i rapporti di forza esistenti da sempre in Ue.

Dunque, quale messaggio per la sinistra? È necessario uscire dal solito format, che prima porta i progressisti a negare i problemi, e poi li induce a demonizzare le forze emergenti (e i relativi elettori). Ma attenzione: un messaggio non necessariamente rassicurante c’è anche per la destra: gli elettori, pur consapevoli di quanto le risposte della sinistra siano catastrofiche, non possono restare eternamente in attesa di una svolta, nonostante le promesse elettorali ricevute. Su quei temi attendono dalla destra una visibile e netta discontinuità rispetto alla sinistra: e se quella discontinuità tarda o non arriva, si insinua il tarlo della delusione. Il senso della partita elettorale dei prossimi mesi sta quasi tutto qui. 

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