Il video della ragazza che a volto coperto domando alle forze dell’ordine se in una manifestazione sia possibile coprirsi il volto nascondendo la propria identità - fa il suo delirante comizietto a favore delle ragioni della Palestina (anche se era Hamas il soggetto esaltato) è l’ennesima spia di una lettura fuori fuoco che si sta facendo dell’eccidio del 7 ottobre. Frasi deliranti sulla beltà dei detenuti palestinesi rilasciati, sulla loro prestanza fisica, sulla loro baldanza, da contrapporre a “quegli altri”, cioè i civili presi in ostaggio e liberati. «Ma poi ragazzi, non offendetevi...», cito letteralmente il pensiero della attivista pro Palestina. «Rispetto tutte le età io, ma li avete visti i giovani palestinesi? E poi li avete visti i loro prigionieri? Sembrava che avessero liberato una casa di riposo». «Sono riusciti a dargli da mangiare: ragazzi, non è semplice mantenere in vita un novantenne e mantenere in vita un diciottenne», commentava (o delirava?). Alla militante con la kefiah sul volto verrebbe da dire fantozzianamente «Come sono umani i suoi eroi», se non fosse che non c’è più nulla da ridere. «Ieri sono usciti i nostri ventenni, trentenni, giovani con una forza enorme, che quando li senti parlare capisci perché li hanno imprigionati: Israele ha paura. Israele ha paura dei giovani palestinesi. Israele ha paura dei bambini palestinesi...». E ancora: «Qui siamo di fronte a problemi e malattie mentali. Israele è malato, dovrebbero essere tutti quanti in manicomio».
DENIGRARE GLI EBREI
La domanda è: perché le ragioni della Palestina sono sostenute da dichiarazioni così deliranti? Non lo so, ma se a oltre un mese e mezzo dagli attacchi di Hamas contro civili assistiamo ancora a manifestazioni dove gli interventi sono di questo tenore (e non mi riferisco solo alla giovane attivista del video) diventa difficile trovare la via d’uscita. La frase «Sembrava che avessero liberato l’ospizio» non è distante dall’assimilazione che le piazze contro i femminicidi hanno rappresentato a favore della Palestina dimenticando che il 7 ottobre i miliziani di Hamas consumavano le peggiori violenze a danno di donne, di uomini e di bambini. Denigrare gli ostaggi come ha fatto la ragazza in un intervento che è stato applaudito non solo dimostra la scarsa sostanza culturale degli animatori di queste manifestazioni ma evidenzia un feeling cinico con chi ha infranto qualche legge e inneggiato alla distruzione di un altro Stato.
NON SONO LA STESSA COSA
Perché qui sta il punto che in molti sovrappongono: non si possono mettere sullo stesso piano gli ostaggi liberati con i detenuti liberati! Questo scambio è il passaggio di una mediazione politica sofferta, finalizzata a liberare civili che non hanno commesso nulla. Di qua la liberazione di civili presi in ostaggio; di là la liberazione di persone che invece una qualche responsabilità ce l’avevano eccome. Per liberare gli ostaggi e in gloria al senso sacro della vita delle persone, Israele ha accettato di fare uscire dalle prigioni - e non è la prima volta - finanche dei terroristi. Poi si possono aprire tutte le discussioni sull’intensità della risposta militare di Israele a Gaza (e in Occidente queste riflessioni animano un acceso dibattito), ma non si può pensare di allineare i civili presi in ostaggio dopo aver subìto torture, umiliazioni e violenze, con militanti di una causa che vede nella distruzione dello stato di Israele il suo fine politico. Non si può. Ed è imbarazzante che in Italia questa distinzione non sia stata colta nemmeno da chi in buona fede pensava di solidarizzare con Giulia e con tutte le vittime di femminicidio. Se la rivoluzione culturale del popolo fucsia parte da questi presupposti non andrà molto lontano.