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Uccisa un'israeliana incinta. Hamas esulta: "Eroico assassino"

di David Zebuloni venerdì 16 maggio 2025

3' di lettura

Non possiamo decidere di non provare dolore, ma possiamo decidere come affrontare il dolore», aveva recentemente scritto Tzahala Gaz, 33 anni, sul suo profilo Instagram. Lei, psicologa di professione, era solita condividere con i suoi pazienti alcune riflessioni circa il dolore, la sofferenza, la paura, ma anche la speranza, la forza, la tenacia. Frasi importanti che oggi fungono da testamento virtuale. 

La sera del 14 maggio, alle ore 22:01, Tzahala è stata assassinata da un terrorista palestinese nell’autostrada 446 che collega la Samaria al centro d’Israele. La giovane donna era in macchina insieme con il marito Hananel, diretta in ospedale. Doveva essere uno dei giorni più felici della loro vita: Tzahala era al nono mese di gravidanza, le si erano appena rotte le acque e stava andando a partorire il suo quarto figlio. Poi, la tragedia. Un terrorista ha aperto il fuoco contro il loro veicolo. Hananel, rimasto gravemente ferito, ha eroicamente soccorso la moglie fino all’ospedale. «Si muoveva a fatica, ma continuava a premere con forza l’emorragia di Tzahala», ha raccontato Elia Carmi, il primo ad aver prestato soccorso alla coppia, alle 22:03. «Ho visto la macchina distrutta sul ciglio della strada e ho capito subito che si trattava di un attacco terroristico. Ho chiesto a Hananel se vi fossero dei bambini in macchina, e lui mi ha risposto che c’era un bambino nella pancia di sua moglie. In quel momento ho realizzato che la vittima era incinta.
Non credevo ai miei occhi, è stato orribile». All’arrivo delle ambulanze del Magen David Adom, i soccorritori hanno immediatamente allertato la sala parto dell’ospedale Beilinson del coinvolgimento di una madre partoriente nell’attentato.

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L’équipe medica dell’ospedale ha operato d’urgenza Tzahala nel tentativo di salvarle la vita. E di salvare la vita del feto. Troppo tardi. La giovane psicologa non ce l’ha fatta. Durante la notte i medici hanno dichiarato il suo decesso, ma anche il miracoloso salvataggio del neonato, seppur in condizioni ancora gravi e precarie. Se il piccolo Gaz sopravvivrà, crescerà insieme con altri tre fratelli orfani di quella mamma uscita di casa una calda sera di maggio e mai più tornata. Al suo funerale, avvenuto ieri sui colli di Gerusalemme, hanno partecipato migliaia di israeliani dal cuore infranto. Al di là del confine, invece, i terroristi festeggiavano la riuscita dell’attentato. Il portavoce di Hamas, infatti, ha presto pubblicato un comunicato nel quale si congratulava per l’assassino della donna innocente, definendolo un atto «eroico».

Un termine che i tagliagola islamici sono soliti utilizzare nei confronti dei fanatici che uccidono in nome di Allah. «Sono profondamente turbato per quanto avvenuto questa notte», ha commentato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. «Io e mia moglie Sara rivolgiamo le nostre più sentite condoglianze alla famiglia Gaz, e preghiamo per la pronta guarigione di Hananel». Anche Benny Gantz, ex ministro della Difesa e attuale membro dell’opposizione nella Knesset, ha commentato la tragedia. «Solo mostri in forma umana possono aprire il fuoco contro una donna in avanzato stato di gravidanza», ha scritto sul suo profilo X. «Questo è il volto del male con cui ci confrontiamo. Contro questo terrorismo assassino dobbiamo agire con forza e determinazione, ovunque e in ogni momento». L’attentato in questione è particolarmente tragico, ma non sporadico. Certo non singolare. L’uccisone di Tzahala si inserisce in un contesto ben più ampio e assolutamente inedito per il lettore italiano, ancora convinto che la guerra si combatta esclusivamente a Gaza e che a morire in questo conflitto, voluto peraltro da Hamas, siano sempre e solo i palestinesi. Gli attentati in Israele, infatti, sono quasi all’ordine del giorno. I cittadini di Tel Aviv, di Gerusalemme, di Haifa, di Natanya, di Beer Sheva, vivono perennemente allerta, pronti al suono della sirena che indica il lancio di un missile yemenita o alla minaccia di una pallottola sparata da un palestinese fanatico pronto a morire pur di uccidere un ebreo. La tragedia di Tzahala è forse la sintesi del dramma israeliano così poco compreso nel mondo: una donna innocente è uscita di casa per dare la vita, ma ha incontrato la morte.

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