Armand pour-Miyandoab, il 26enne francese di origini iraniane che sabato sera, nei pressi della Tour Eiffel a Parigi, ha ucciso un turista tedesco al grido di “Allah Akbar” davanti alla moglie e ferito altre due persone, un cittadino inglese e uno francese, non era certo sconosciuto alla Dgsi, l’intelligence interna. Era uno schedato “S” per radicalizzazione, era cioè presente nel registro delle persone considerate ad alto rischio per la sicurezza dello Stato, nel 2016 aveva manifestato apertamente il suo desiderio di fare il jihad in Siria e lo stesso anno aveva progettato un attentato in un centro commerciale del quartiere d’affari La Defense, a ovest di Parigi: fu fermato in tempo e condannato a quattro anni di prigione per quel piano.
Ma l’uomo, nato a Neuilly-sur-Seine da genitori iraniani non musulmani che avevano lasciato l’Iran per sfuggire al regime dei mullah, aveva anche dei legami tentacolari con la jihadosfera francese e individui che hanno già colpito la Francia nel recente passato, come rivelato dal Centre d’analyse du terrorisme al Figaro. E aveva giurato fedeltà all’Isis con un video di rivendicazione, come ha confermato il procuratore antiterrorismo, Jean-Francois Ricard.
CATTIVO MAESTRO
Il primo legame, che rappresenta anche il punto di non ritorno, è con Maximilien Thibaut, una delle figure più influenti della nebulosa islamista francese, partito nel territorio siro-iracheno come foreign fighter ed ex membro del gruppuscolo Forsane Alizza. È Thibaut, conosciuto tramite un sito di graffiti, a convincerlo a convertirsi all’islam e ad avvicinarlo all’ideologia jihadista. L’anno dopo, su internet, Rajabpour-Miyandoab cerca come procurarsi delle “bombe al fosforo” ed entra in contatto con Adel Kermiche, uno dei due assassini di Jacques Hamel, il parroco della chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, sgozzato mentre officiava messa. Sempre nel 2016, stando a quanto riportato dal Figaro, aveva stretto dei legami con Larossi Abballa, che uccise una coppia di poliziotti a Magnanville, giurando fedeltà allo Stato islamico. Abballa figurava tra gli amici Facebook dell’attentatore franco-iraniano. Ma non è tutto.
Rajabpour-Miyandoab era entrato in contatto sui social network anche con Abdoullakh Anzorov, ossia con l’islamista ceceno che il 16 ottobre 2020 ha decapitato il professore di storia e geografia Samuel Paty nei pressi della scuola in cui insegnava a Conflans-Sainte-Honorine, nel dipartimento degli Yvelines. A questi legami con i milieux radicali si aggiungono i «forti problemi psichiatrici», come dichiarato ieri dal ministro dell’Interno Gérald Darmanin, per il quale era sotto sorveglianza (Darmanin, tuttavia, ha anche affermato che avrebbe smesso, alcuni mesi fa, di assumere i medicinali che gli erano stati prescritti).
FINTO PENTITO
Nel pomeriggio, ha comunicato la procura antiterrorismo, sono stati posti in stato di fermo tre familiari dell’attentatore, tra cui i genitori. Secondo l’Obs, la madre di Rajabpour-Miyandoab aveva garantito che alla sua uscita di prigione, nel 2020, era diventato «anti islamisti radicali e non radicali». «Si sente soprattutto francese al 100%. Ne è uscito con un amore per la Francia», aveva affermato all’epoca la madre. Un amore talmente grande da seminare la morte in nome di Allah sul suolo francese e da affermare che «la Francia è complice di quello che sta facendo Israele» nel Vicino Oriente.