Ma davvero qualcuno pensava che il governo, facendo a pezzetti il suo stesso programma, potesse adottare pari pari la proposta economica di Pd e Cinquestelle? Davvero qualcuno pensava che Giorgia Meloni convocasse la mattina il Consiglio dei ministri e il pomeriggio - che so - i gruppi parlamentari della maggioranza per comunicare a tutti che il nuovo “vangelo” del centrodestra sarebbe stato nientemeno che il progetto di salario minimo targato Conte-Landini-Schlein?
Era ed è evidente che nessuno in Italia potesse credere a una follia simile. E - anzi - che se qualche pazzo avesse avanzato un’ipotesi del genere, qualcun altro avrebbe immediatamente sollecitato il pronto intervento di robusti infermieri. Nona caso, secondo l’abc della politica, secondo - direi - una grammatica perfino scontata, è andato in scena un film tutto diverso, già visto mille altre volte in altre legislature. Davanti alla proposta-bandiera dell’opposizione, di cui il regolamento imponeva la calendarizzazione parlamentare, la maggioranza l’ha – come si dice – “sminata”, cioè l’ha modificata e depotenziata trasformandola in una ampia e vaga delega al governo a intervenire (in altro modo) sulla materia. Di fatto, il governo ha detto no a ciò che l’opposizione chiedeva, e si è riservato di intervenire in futuro secondo il proprio programma. Ovvio, anzi banalissimo.
SCENEGGIATA MEDIATICA
Eppure - incredibile ma vero - da trentasei ore la politica e i media italiani mostrano stupore per questo prevedibilissimo andamento delle cose. Ora, che lo facciano quelli dell’opposizione ha senso in termini di propaganda: dal loro punto di vista, è anzi perfettamente logico. Avevano una proposta e cercano fino all’ultimo di valorizzarla davanti all’opinione pubblica. Normale dunque la sceneggiata in Aula di Giuseppe Conte, che ha platealmente stracciato le carte contenenti il nuovo testo, quello della maggioranza. Normale pure la strillata di Elly Schlein, desiderosa di urlare almeno quanto il suo competitor pentastellato: e infatti - sfidando il ridicolo- la segretaria dem si è messa a dire che «la destra sta con gli sfruttatori». E ieri a Montecitorio si è ripetuto lo stesso copione: le urla «vergogna, vergogna», i cartelli, la recita dell’indignazione. Teatrino politico puro, propaganda spicciola: lo ripeto ancora, nessuno stupore, ognuno fa la sua parte (come può).
Ciò che invece desta stupore è la grancassa mediatica che si è immediatamente attivata. «Salario, il colpo di grazia» è stato l’incredibile titolo di ieri di Repubblica: insomma, Meloni come un boia. Ma, anche cambiando testata, dentro e fuori i confini di quello stesso gruppo editoriale, i toni erano da troppe parti drammatici: «la destra affossa», «lo strappo», «bagarre», «per il governo sfruttare i lavoratori è giusto», «la dignità finisce in burla», «scontro finale», «opposizioni in rivolta». Sia detto con franchezza. È impressionante la facilità con cui opposizioni e media embedded (quasi tutti) riescono ad accendere fuochi, a costruire narrazioni, a creare un clima incendiario. Poi - elettoralmente parlando - il giochino non funziona, e non pare funzionare nemmeno in edicola. Ma intanto l’atmosfera viene comunque avvelenata, l’agenda è stabilita nei termini più sgraditi per il governo, il terreno di gioco è reso appesantito e fangoso. Se ci pensate, si tratta della stessa naturalezza con cui, nei giorni precedenti, la sinistra (politica e mediatica) ha usato in malafede l’argomento del “patriarcato” per cercare di mettere la destra sulla difensiva su un atroce fatto di cronaca. Perché è stato così facile? E perché le forze di maggioranza danno così spesso la sensazione di limitarsi al contropiede e al gioco di rimessa?
GIORGIA CONTRO TUTTI
La realtà è che, in ogni circostanza delicata, quando- come si dice- la lotta si fa dura, Giorgia Meloni può contare solo su se stessa. Gli alleati giocano la loro partita pensando alle Europee, questo è pacifico, e ciascuno avendo in testa soprattutto i destini dei propri singoli partiti. Troppi ministri non brillano affatto: né nel fare né nel comunicare, questo è evidente. Quanto alla mitica lotta contro l’egemonia culturale di sinistra, la battaglia si è finora rivelata - in primo luogo alla Rai - una Caporetto, con non pochi autogol perfino ridicoli. In altri ambienti teoricamente non di sinistra, poi, si preferisce comunque lo “zero a zero”, la propensione al pareggio, al non farsi male, al confronto reciprocamente innocuo: altro che sbracciarsi e correre rischi per difendere il governo. E allora? Con eccezioni (politiche e mediatiche) che si contano su poche dita di una sola mano, nei giorni decisivi la Meloni è sola. Ieri mattina - con efficacia - ha risposto alle critiche, smontandole, in una conversazione radiofonica a tutto campo (su Rtl, intervistata da Enrico Galletti).
Sono stati venti minuti abbondanti di ottima comunicazione politica, in cui Meloni ha spaziato dal salario minimo (ricordando che il Pd ha governato per 10 anni senza approvarlo, e che la Cgil è firmataria di contratti assai più svantaggiosi) agli attacchi personali di cui è stata oggetto negli ultimi mesi, dalle prospettive del governo al quadro internazionale post Europee. Se ne è ricavata la sensazione di una leader tonica, presente su tutti i principali dossier, capace di dare battaglia ma pure di sorridere. E però resta il punto di fondo: perché, nelle giornate difficili, dopo tredici mesi di governo, solo la premier in persona è in grado di scendere in campo con efficacia? È una domanda che prima o poi qualcuno si dovrà porre, anche dalle parti di Palazzo Chigi.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.