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Francesco Storace: Barbara Balzerani, addio all'ex Br che non si è mai pentita

di Barbara Balzerani martedì 5 marzo 2024

4' di lettura

Voleva fare la rivoluzione. Ammazzarci o imprigionarci tutti. La giustizia proletaria. E invece è morta nel suo letto, per malattia, a 75 anni. In fondo è anche triste salutare così Barbara Balzerani, brigatista rossa delle più dure, ora al cospetto del Creatore in cui non credeva. Ma è il destino che scrive le sue pagine e magari ora potrà raccontare i troppi perché legati a quella lunga scia di sangue con cui ha seminato il suo percorso in vita.

Sui social c’è persino qualche saluto a pugno chiuso lasciato da chi non si rende conto che cosa è stata la lotta armata in Italia, quanta sofferenza ha provocato. Ma serve scandalizzarsi? A parlare è una vita spesa nel distruggere anzitutto la sua; e poi quella di troppi altri. Con quel suo partito comunista combattente ammazzò “il nemico” attraverso tante azioni criminali.

Almeno Mara Cagol, la compagna di Curcio, trovò la sua morte rivoluzionaria in un conflitto a fuoco con i carabinieri. Per lei è bastata la malattia con la quale ci si scontrano tanti borghesi, per restare al suo linguaggio. L’impresa più grave è legata al sequestro e all’omicidio del presidente della Dc Aldo Moro e della sua scorta. Quella mattina a via Fani, al Trionfale, sparò anche lei i suoi proiettili contro lo Stato. Non bastava Moro: doveva morire ammazzato anche chi lo proteggeva. Le Brigate rosse, con il suo compagno di vita Mario Moretti, non conoscevano pietà.

LE GESTA DI “SARA”
Nel 1981 Barbara Balzerani, compagna Luna, ma anche “Sara”, partecipò pure al sequestro del generale americano della Nato James Lee Dozier. Finita in manette nel 1985 ad Ostia, dal carcere, rivendicò l’omicidio dell'ex sindaco di Firenze Lando Conti compiuto dalle Br e poi si beccò l’ergastolo.

Nata nel 1949 vicino Roma, a Colleferro, solo nel 1987, assieme agli altri leader storici delle Br, Renato Curcio e Mario Moretti, partecipò ad un’intervista televisiva concessa al giornalista della Rai Ennio Remondino nella quale i tre “ex” brigatisti dichiararono come conclusa l’esperienza della lotta armata in Italia e sancirono formalmente la resa definitiva delle Br e l’abbandono della loro guerra. Perché lo Stato aveva vinto e il terrorismo era stato sconfitto.

Dal 2011 la Balzerani era comunque tornata in libertà beneficiando della legge Gozzini e non si pentì mai né si dissociò dalle proprie scelte terroristiche. Definita la “primula rossa” con nome di battaglia “Sara”, la donna arrivò nella capitale nel 1969 dove si iscrisse all’università nella facoltà di Filosofia. Nelle Brigate Rosse entrò nel 1975 diventando un’esponente della cosiddetta “colonna romana delle Br” e si diede alla clandestinità nel 1977. Parte della sua esistenza, la Balzerani la dedicò ai libri, scrivendone alcuni. E partecipando anche a contestatissime presentazioni: Compagna luna nel 1998; La sirena delle cinque, del 2003; Perché io, perché non tu, del 2009, Cronaca di un’attesa, del 2011; Lascia che il mare entri, del 2014; L’ho sempre saputo, del 2018; e l’ultimo del 2020 Lettera a mio padre.

E proprio l’ultimo volume racconta di una probabile sofferenza interiore, in una sorta di dialogo immaginario con il padre in cui racconta: «Mi chiedevi dove avessi fallito con me. Come fosse stato possibile che non mi avessi fermata in tempo. Ti dicevo che non avevi colpe. Che non avresti potuto fare nulla. Che il mio tempo era stato scandito da un’occasione di riscatto che tu non avevi conosciuto».

Il suo nome ritornò poi sulle pagine dei giornali per le polemiche seguite ad un suo post su Facebook: «Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40nnale?», riferendosi ai 40 anni dalla strage di via Fani. Combattente fino in fondo, dunque, rivendicando quello che aveva fatto negli anni della lotta armata. Anche se esprimendo un rammarico, non si sa quanto sincero, per i lutti che avevano spazzato via troppi morti innocenti per la follia brigatista.

I PARENTI DELLE VITTIME
E i discendenti di quelle vittime non riescono davvero a perdonare Balzerani non appena si diffonde la notizia della sua scomparsa. Tranne il figlio del carabiniere Domenico Ricci, assassinato a via Fani, che si esprime con la preghiera. «Di fronte alla morte non ci sono parole, solo il rammarico perché è venuta a mancare una vita umana, che ha avuto i suoi errori, i suoi sbagli, il suo passato terribile, soprattutto per la società. Ma di fronte alla vita umana c’é solo da farle una preghiera. Ha sbagliato, ha creato dolore ma io non provo odio, perché l’odio distrugge.
Pregherò per lei, perché ovunque sarà possa essere accolta». Ma è l’unico, ben diverse altre reazioni.

La sorella di Francesco Zizzi, un’altra vittima del sequestro Moro, è netta: «La notizia della morte della Balzerani mi ha scombussolato. La giustizia vera è quella del Signore e adesso deve rispondere a Dio, a noi non lo ha fatto». Identico il tenore della reazione del figlio dell’allora sindaco di Firenze, Lando Conti, Lorenzo: «La morte di Barbara Balzerani è una bellissima notizia. Un orrendo individuo se ne è andato via definitivamente». Lorenzo Conti, che quando il padre venne ammazzato aveva 20 anni, non ha mezzi termini sull’ex brigatista: «Lei ha continuato a rivendicare, a fare di tutto e di più. Non è stata punita dallo Stato come sarebbe dovuta essere punita, sempre “benedetta” da qualcuno, e ora se n’è andata via. Bene, giustissimo, ora pagherà quello che dovrà pagare, con tutti i morti che ha fatto. Se c’è il Signore, speriamo ci sia una giustizia divina».

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