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Senaldi: all'estero i pm sono già "testati"

di Pietro Senaldi venerdì 29 marzo 2024

5' di lettura

Non c’è nulla di esoterico nel test psicologico che il governo vuole introdurre nelle prove per diventare magistrati. Nessun attacco all’autonomia costituzionale del terzo potere dello Stato. Nulla che non si faccia anche in altre nazioni saldamente democratiche. E non solo perché, essendo un test che si affronta prima di indossare la toga, in realtà non sottopone ad analisi giudici e pubblici ministeri in attività ma solo una serie di laureati in giurisprudenza di belle speranze che aspirano a entrare nei tribunali dalla porta principale e che ancora non appartengono all’intoccabile casta. Peraltro, il test psicologico è il famoso Minnesota, che veniva fatto a tutti i diciottenni quando la Patria li chiamava per le visite d’arruolamento, finché la naja è stata obbligatoria, cioè fino al 2005. Questo significa che lo Stato, almeno fino al 2010-2011, ha avuto nei suoi archivi, e ancora probabilmente ha, le valutazioni psicologiche di tutti i magistrati maschi in servizio che ora spaventano i vertici della categoria; e la cosa non è mai stata considerata un attentato all’indipendenza delle toghe o della nostra Costituzione.

IL FUNZIONAMENTO - Non ultimo, a gestire la prova non sarà il governo né la politica in alcun modo, come è giusto che sia. E, di fatto, non lo saranno neppure gli psicologi. La valutazione attitudinale, che si svolgerà sulla base del test ma anche di un colloquio individuale contestuale alla prova orale tecnica, sarà infatti opera della commissione d’esame individuata dal Consiglio Superiore della Magistratura, ovverosia di un pool di magistrati. Il ruolo dello psicologo è solo d’affiancamento, di illustrazione del profilo personale che emerge dall’esame psicologico, e non decisionale.

Questo per quel che riguarda quel che sarà in Italia. Ma all’estero, in alcune nazioni, il controllo psicologico c’è ed è anche più rigido. In Austria, per esempio, da quarant’anni l’accesso al potere giudiziario è subordinato a una valutazione vincolante fatta da psicologi in maniera indipendente, attraverso test e colloqui, dalla quale i magistrati sono esclusi. L’obiettivo è sincerarsi che i candidati abbiano le adeguate capacità e le qualità intellettuali, che poi sarebbero quelle morali. In Olanda invece la prova psicologica in entrata è simile alla nostra: esame scritto elaborato da una società di consulenza più colloquio con un giudice e un analista, per indagare eventuali patologie psichiatriche. Se però, una volta dentro, si vuol far carriera come pubblico ministero, bisogna sottoporsi a ripetuti test di selezione in cui si mette a nudo la propria personalità. Esami psicologici obbligatori sono previsti anche da Ungheria e Portogallo, più o meno sulla falsariga di quello che si prevede in Italia: l’obiettivo principale è la valutazione della capacità di gestire i conflitti e di lavorare in gruppo.

Discorso a parte vale per la Germania, dove la selezione della magistratura è competenza dei singoli Land, gli Stati federali tedeschi. Qui vige una sorta di autonomia territoriale delle toghe e ogni regione ha la propria regola.

Quasi tutte si avvalgono della consulenza delle università locali di psicologia, che si focalizzano sulle capacità del candidato di reggere tensione e carichi di lavoro, e non poche prevedono test psicologici impegnativi e approfonditi, comprensivi di giochi di ruolo e prove scritte non standardizzate. Estremamente rigoroso il metodo belga. Gli aspiranti giudici, che peraltro hanno competenza anche sull’Europarlamento, vengono scannerizzati dallo psicologo su ben dieci aspetti della personalità nei quali l’equilibrio mentale è ritenuto fondamentale e condizione necessaria per l’accesso alla professione. Capacità di pianificazione e organizzazione, capacità di stabilire una gerarchia di priorità, capacità di reggere lo stress, empatia, socievolezza, capacità di collaborare e di lavorare in squadra, corretta gestione del potere e capacità di autocritica: senza il semaforo verde dello psicologo su tutti questi aspetti della carriera, non si diventa giudici.

Quanto alla Francia, dove il test è stato in vigore fino al 2017, quando il presidente Macron lo ha levato su pressione della lobby in toga, persiste l’obbligo dei magistrati di sottoporsi periodicamente a colloqui con lo psicologo, che ne valuta le reazioni di fronte a casi che gli vengono proposti all’improvviso. Prima di questo, c’erano un test di 240 domande a cui rispondere in tre ore e un colloquio di mezz’ora con l’analista tesi a indagare le tendenze narcisistiche e le smanie di protagonismo dei candidati.

Quanto al diritto anglosassone, negli Stati Uniti la carica di pubblico ministero è elettiva e quindi sottoposta al test del gradimento degli elettori. L’accesso comunque è aperto solo a chi abbia fatto pratica legale sul campo. Quanto alla funzione di giudice, sia in America sia nel Regno Unito, è il punto d’arrivo di una carriera legale e non basta il superamento di una prova tecnica per accedervi. Servono anni in cui il proprio equilibrio e la propria competenza sono stati ampiamente dimostrati nei tribunali. In Australia infine, nel 2019 tutti i magistrati in attività sono stati sottoposti a un rigoroso test psicologico, che ha rivelato che la categoria era a rischio collasso nervoso per i carichi elevati di lavoro e mediamente sotto choc perché costretta a fronteggiare una realtà criminale particolarmente efferata. Da allora, i magistrati sono supportati nel loro lavoro dagli psicologi.

RASSICURAZIONI - Per tornare a noi, il test psicologico forse non aiuterà a risolvere problemi atavici come la lentezza dei processi o l’imprevedibilità delle sentenze, spesso opposte nel giudicare situazioni identiche.

Però darà garanzie ai cittadini, che ogni volta che sbattono contro il sistema giudiziario italiano ne escono stravolti, che, almeno chi inizia la professione che più dà potere sulle vite degli altri parta senza grilli per la testa. Poi certo, il problema non è quel che fanno i giudici quando impazziscono, perché in quei casi i colleghi riescono più o meno a creare introno a essi un cordone sanitario che ne smorzai danni. Il problema è quello che, taluni, fanno quando sono lucidi e presenti a loro stessi. Non è per follia che vengono perseguiti politici che poi si rivelano innocenti e neppure è un matto chi lascia ammuffire le pratiche nell’armadio. I primi hanno spesso un progetto politico, i secondi hanno progetti di vita alternativi al lavoro. Quanto al principio di lesa maestà, che lamentano i giudici togati del Consiglio della Magistratura.

È quando il potere non funziona e non sa gestire la propria autonomia in modo efficace e trasparente, che a qualcuno viene il sospetto che sia il caso di porre rimedio. 

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