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Mario Sechi: c'è vita oltre Stellantis

di Mario Sechi domenica 31 marzo 2024

3' di lettura

Il futuro è un lavoro in corso, ne vediamo gli effetti e quando si realizza è già passato. Individuare i megatrend, tracciarne la rotta, serve a prendere le decisioni in anticipo, muovere i pezzi sulla scacchiera non quando le cose sono già avvenute, ma prima. Abbiamo visto l’impatto del calo dei nati in Italia (sottolineato ieri dal Financial Times e da Elon Musk), l’inverno demografico senza una forte risposta della politica si trasformerà in depressione economica. Non è l’unico fattore di cambiamento da tenere d’occhio, l’innovazione tecnologica riserva profonde trasformazioni, la potenza di calcolo di microchip e schede grafiche si fonde con la biologia, il software con i neuroni. Nel settore dell’automobile, cuore della manifattura italiana, i dati sono diventati «il motore», anticipano il silenzio della propulsione elettrica. Nella sola Motor Valley dell’Emilia-Romagna ci sono 16.500 aziende con oltre 90mila addetti, 16 miliardi di euro di fatturato annuo e un export pari a 7 miliardi. Che cosa accadrà? Qualche indizio dal futuro arriva dal reportage su Mirafiori che apre la prima pagina di Libero, l’agonia di quella che fu una grande fabbrica italiana. La storia delle nostre automobili è fatta di motori, benzina, geniali carrozzieri, costruttori leggendari. L’Europa ha deciso di correre a tappe forzate verso il motore elettrico, il risultato è che i marchi cinesi stanno penetrando sul mercato come un coltello nel burro, gli americani hanno alzato la barriera dei dazi, Bruxelles è prigioniera del dogma dell’ecologismo insostenibile.


Cosa accadrà? Se guardiamo i segnali che arrivano dalla cronaca, la situazione è da allarme rosso: Stellantis, unico produttore presente in Italia (una rendita favorita da tutti i governi della storia repubblicana), sta tagliando i posti di lavoro, incentiva le uscite dei dipendenti, insegue gli aiuti dello Stato, mentre Exor, la holding di partecipazioni guidata da John Elkann, investe nella sanità, nel lusso, nelle supercar, nella tecnologia dei dati. L’agonia di Mirafiori è la conseguenza logica di scelte precise, non è casuale, come si fa a Wall Street, gli eredi della famiglia Agnelli stanno «alleggerendo le posizioni» in Italia, puntano i loro investimenti all’estero. Le mosse di Stellantis sono ormai chiare, il tema è quello di attrezzarsi per il futuro e qui il governo è chiamato a fare (come sulla demografia) scelte radicali. Non abbiamo costruttori d’auto alternativi, ma l’Italia non può privarsi di questo sapere e non bastano le rassicurazioni di Carlos Tavares, il manager alla guida del gruppo. Il mercato dell’auto cambierà in maniera incredibile, pochi hanno commentato l’ingresso del produttore cinese di smartphone, Xiaomi, con una berlina elettrica ad alte prestazioni. È il dragone cinese a guidare la corsa. Il cuore del prodotto non è più il motore (guardate la pubblicità, non c’è nemmeno l’ombra dell’officina, il rombo non è politicamente corretto), ma il microchip, la musica non è quella del propulsore, ma lo sfrecciare dei dati, la velocità di calcolo e il software. Per queste ragioni prima di fare scelte sugli investimenti (e gli incentivi) occorre guardare la mappa dei componenti dell’auto, è la griglia di partenza dei vincenti e perdenti di oggi e domani.

Qualche esempio? Un passaggio tratto da un report presentato alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco nel febbraio scorso: la Cina controlla l’80% e il 60% della produzione mondiale di gallio e germanio, terre rare necessarie per costruire i semiconduttori; Samsung in Corea del Sud e TSMC a Taiwan producono insieme il 100% dei microchip avanzati da tre nanometri; il 28% dei siti di assemblaggio, test e imballaggio sono localizzati in Cina e un altro 23% a Taiwan. È una battaglia tra giganti, i cinesi la vogliono vincere, gli Stati Uniti non la possono perdere. In mezzo ci siamo noi. La partita è decisamente più grande, l’agonia di Mirafiori è un segnale che viene da lontano. Elkann e i suoi fratelli? Rappresentano soltanto un negoziato per l’oggi, ma il domani va costruito cambiando la politica industriale dell’Italia. Mirafiori è un memento.

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