Se gli americani fossero chiamati oggi a votare per le elezioni presidenziali, che si terranno invece il 5 novembre prossimo, l'ex presidente Donald Trump si aggiudicherebbe ben sei dei sette Stati in bilico e avrebbe già un piede alla Casa Bianca. Mancano ancora molti mesi, mai sondaggi continuano a sorridere a The Donald. L'ultimo, pubblicato ieri dal Wall Street Journal, è stato condotto tra il 17 e il 24 marzo su un campione di 600 elettori registrati in sette stati decisivi. Sette stati che assegnano 93 dei 270 grandi elettorali necessari per conquistare la presidenza.
Margine di errore ancora ampio (-4/+4), ma la tendenza è chiara e conferma quanto emerso da altre precedenti rilevazioni. Trump è davanti al presidente in carica Joe Biden in Pennsylvania (+3, 47 a 44%), Michigan (+3, 48 a 45%), Arizona (+5, 47 a 42%), Georgia (+1, 44 a 43%), Nevada (+4, 48 a 44%), Carolina del Nord (+6, 49 a 43%), mentre solo in Wisconsin i due sono alla pari, entrambi con il 46 per cento.
Va ricordato che in realtà la Carolina del Nord e il Nevada non sono così "swing" come gli altri Stati. Nel primo, Trump ha vinto sia nel 2016 che nel 2020, mentre in nessuna delle due elezioni è riuscito a strappare il secondo al candidato Dem. Gli altri cinque Stati li ha vinti nel 2016 e li ha persi nel 2020 e secondo questo sondaggio ora sarebbe davanti in quattro su cinque e in più strapperebbe il Nevada, Stato "blu" dal 2008.
DIVARIO INCOLMABILE
Interessante quello che viene fuori se agli intervistati, oltre a Trump e Biden, si offrono altre opzioni di voto: l'indipendente Robert F. Kennedy Jr., l'indipendente Cornel West, la candidata dei Verdi Jill Stein e il libertario Lars Mapstead. Il risultato praticamente non cambia. Anzi, in due Stati il distacco a favore di Trump si allarga. In Georgia passa da +1 a +3 (38 a 35%) e in Carolina del Nord da +6 a +8 (42 a 34%). Ciò sta ad indicare che tutti gli altri candidati, ma in particolare Kennedy, tolgono in percentuale più consensi a Biden.
Gli elettori consultati in questi swing States, inoltre, ritengono Trump più affidabile di Biden nel gestire decisioni importanti sui temi-chiave dell'agenda politica interna. L’ex presidente stacca il rivale di 20 punti sull'economia (54 a 34%), sull'inflazione (53 a 33%) e sulla sicurezza dei confini (52 a 32%), mentre impietoso il giudizio sull'idoneità mentale alla carica: 48% per Trump e un misero 28 per Biden. Il presidente in carica viene giudicato di pochissimo più affidabile di Trump nella difesa della democrazia (+1) e in misura netta sul tema dell'aborto (+12), mentre anche sui due principali temi di politica estera è l'ex presidente a prevalere: guerra tra Russia e Ucraina (+9) e guerra tra Israele e Hamas (+14). Trump nettamente in testa anche nell'indice di gradimento generale: 51% contro 38.
Intanto, tra i due prosegue il duello a distanza senza esclusione di colpi. L’ultimo scontro quando Biden ha celebrato la «Giornata della visibilità transgender» proprio nella domenica di Pasqua. «A cosa diavolo stava pensando Biden quando ha dichiarato che la domenica di Pasqua è il giorno della visibilità trans? Che totale mancanza di rispetto verso i cristiani», ha risposto Trump, promettendo che il 5 novembre, se verrà eletto, diventerà la «Giornata della visibilità cristiana».
Per giorni poi ha imperversato sui media mainstream, rimbalzata sui nostrani, la bufala secondo cui Trump avrebbe minacciato un «bagno di sangue» nel caso in cui non venisse rieletto. Frase presentata come una minaccia di guerra civile, ma in realtà decontestualizzata, perché l’ex presidente stava parlando dell'industria automobilistica e dell'invasione di auto elettriche cinesi via Messico: il «bagno di sangue» sarà per l’automotive made in Usa, e per l'intera economia del Paese, nel caso in cui alla Casa Bianca restasse Biden.
Ma Trump ha sfidato i media utilizzando di nuovo il termine, questa volta per descrivere l'invasione di migranti illegali attraverso il confine con il Messico: «Ecco cos’è un bagno di sangue... e sta distruggendo il nostro Paese. E finirà il giorno in cui entrerò in carica». Di sicuro, per uno dei due il 5 novembre prossimo sarà un bagno di sangue elettorale.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.