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Simona Bertuzzi: quando piove anche Milano si romanizza

di Simona Bertuzzi giovedì 16 maggio 2024

4' di lettura

La proverbiale efficienza milanese è caduta sotto gli scrosci delle ultime alluvioni avvicinando pericolosamente il capoluogo lombardo, fiore all’occhiello delle amministrazioni di sinistra, ai livelli tragici di Roma. Dopo l’esperienza nefasta del luglio scorso, quando un forte nubifragio fece capitolare al suolo cinquemila alberi, trasformando la metropoli smart e salottiera di Sala in una distesa di tronchi e pantano avvilita e irriconoscibile, oramai si vive di previsioni anche sotto la madonnina. Occhi puntati al cielo e mani giunte in preghiera a ogni refolo di vento. E c’è chi improvvisa patetiche danze del sole nei cortili del naviglio perché non ne vuole sapere di abbassare l’asticella dell’aspettativa media di buon governo e servizi.

L’ultimo campanello d’allarme, neanche a dirlo, è scattato due giorni fa. «Allerta gialla per rischio idrogeologico a partire dalle 18 del 14 maggio che diventerà arancione dalle 21 e una per rischio idraulico dalle 21 che passerà all’arancione a mezzanotte», diceva la Protezione civile. La pioggia si è presentata puntuale e infida nella notte di martedì e alle 10,30 di ieri il fiume Lambro è esondato invadendo strade, cortili e cantine e obbligando i vigili del fuoco a un lavoro straordinario. Nel frattempo giungevano segnalazioni da tutti i quartieri della metropoli zuppa di pioggia e livore. Sottopassi allagati. Alberi caduti. Macchine bloccate in strada per l’acqua o per il traffico. Scuole chiuse. Stabili evacuati. Interventi persino dei sommozzatori per salvare alcuni disabili e una donna con due bambini piccoli rimasta impantanata nell’acqua mentre Atm, l’azienda di trasporto locale, deviava linee di superficie a causa degli allagamenti e dei rami precipitati sulle rotaie.

IL SEVESO

Nemmeno l’eroico Seveso ha retto l’ondata: nonostante la vasca di laminazione nuova di zecca, arrivata come il cristo salvatore dopo annidi rinvii e attese estenuanti, alle sei di sera ha rotto gli argini e ha inghiottito tutto. Lascio immaginare le conseguenze. Insieme alle imprecazioni dei milanesi costretti all’ennesima giornata di caos totale e traffico impazzito, e a scansare le voragini che mano a mano si formavano sulla carreggiata, mettendo in serio pericolo sospensioni e pneumatici, sono partite accuse e controaccuse. Ma il danno era fatto: la romanizzazione del milanese medio era iniziata. Salire in macchina e non sapere quando si arriverà a destinazione mentre il traffico ingurgita la vita e una forzata rassegnazione invade ogni anfratto del nostro corpo davanti all’ennesima buca, questo il senso della mutazione genetica in atto!

LIVELLO DI PIOGGE

Alcune puntualizzazioni vanno fatte. Il livello di precipitazioni è stato abbondante: «Dalle 20 di martedì sera sono caduti 110 millimetri di acqua- ha detto l’assessore alla sicurezza di Milano Marco Granelli – che è la quantità che registriamo in un paio di mesi». «A questa si aggiunge l’acqua che arriva da Nord, dai fiumi e dalla Brianza». Però suvvia. La pioggia è sempre caduta e la geografia non è mutata. Possibile che solo adesso ci siamo accorti che Milano porta sulle spalle il peso pluviale e fluviale di tutta la Lombardia e da sola non può affrontare una precipitazione di primavera? I catastrofisti giungono in soccorso di Sala e si appellano al cambiamento climatico e al surriscaldamento del pianeta. Lo fanno per tutto: prima perché faceva troppo caldo.

Adesso perché fa troppo freddo e piove. Ma stavolta sono i verdi a smascherare il giochino e l’arcano - anzi il verde Carlo Monguzzi, eterno pungolo di una giunta rossa verde cui si pregia di appartenere nonostante non ne condivida nulla: «Le cause degli allagamenti nella nostra città sono due – scrive sui social - 1) asfalto e cemento dappertutto 2) cattiva manutenzione dei tombini e delle vie di scarico. C’entrano nulla i cambiamenti climatici. È già accaduto che piovesse così tanto e la storia si ripete: la pioggia batte sul terreno impermeabile e prende velocità verso i tombini che per cattiva manutenzione non la scaricano con la dovuta efficacia. La responsabilità è nostra». Insomma, tombini intasati e cattiva manutenzione delle strade.

Mm, la municipalizzata che gestisce i tombini, assicura che 100 tecnici sono al lavoro dalla notte di martedì per liberare gli scoli (sono 130mila i tombini che necessitano di manutenzione) e 30 mezzi in campo per le attività di contrasto all’emergenza. E il sindaco non più tardi di un mese fa ha garantito che entro l’anno sarà fatta la manutenzione di 330 strade della città per un investimento totale di 20 milioni di euro.

LOTTA ALLE AUTO

Ma il problema forse è a monte. Manca la prospettiva. La sensazione è che l’amministrazione meneghina, nello sforzo di combattere le auto e fregiarsi della palma di città verde talebano con il record di ciclabili, ztl, piazze tattiche e divieti di ingresso in città e nel Quadrilatero che suonano come reprimende per le classi più povere e disagiate, abbia perso di vista i problemi veri della sua città. Cose semplici ma che fanno la differenza tra una metropoli ben amministrata e un ambientalismo da salotto: le buche in strada, per esempio, o il tombino da pulire perché se no si intasa e ribolle di fango e detriti. Un collega che bazzicava il Niguarda negli anni delle piene del Seveso ricordava ieri con amarezza: «Giravi per le strade del quartiere e avevi l’acqua alle ginocchia, uno scenario da terzo mondo, poi quando il Seveso rientrava dovevi tapparti il naso per la puzza di fogna e marcio che si respirava ovunque e opprimeva i polmoni». Sono passati 40 anni e non vorremmo tornare a quei livelli. A meno che sia la romanizzazione che avanza. E noi che ci guardiamo attoniti e preghiamo la madonnina.

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