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Luca Puccini: nessuno vuol fare il sindaco nei paesini

di Luca Puccini giovedì 16 maggio 2024

3' di lettura

Prendi Saliceto, in provincia di Cuneo: poco meno di 1.200 abitanti e un piccolo borgo che è una cartolina, in mezzo alle valli, in mezzo alle langhe, in mezzo al verde. Non c’è nessuno che voglia fare il sindaco, a Saliceto. Da una parte Luciano Grignolo, che indosserà la fascia tricolore ancora per meno di un mese, e che si è ritrovato in Comune con una maggioranza talmente risicata che ha deciso di gettare la spugna prima ancora che si parlasse di elezioni: per lui niente bis, niente ricandidatura. Dall’altra parte Maurizio Iovinelli, il capogruppo di minoranza, che forse un po’ ci ha sperato, che sicuramente ci ha pensato, ma che poi, alla fine, ha dovuto constatare «l’indisponibilità generale» a tentare la corsa alle urne.

I seggi, a Saliceto, il 9 giugno prossimo, non resteranno chiusi: nel senso che sì, certo, per le europee si voterà pure lì, però per il Municipio no. È già tutto deciso dalla decisione di non voler decidere: il paese sarà commissariato, per un anno il passaggio obbligato è questo, e dopo si vedrà. Oppure prendi San Daniele Po, nel Cremonese, che di anime ne ha una manciata (ma giusto una manciata) in più, nel senso che li supera di pochissimo i 1.200 iscritti all’anagrafe, e che, invece, di liste presentate, candidati sindaci, aspiranti consiglieri ne totalizza esattamente tanti quanti Saliceto. Cioè zero. Un dissesto finanziario dichiarato nel 2022 che ha già portato, a San Daniele Po, un commissario ad acta, e adesso il primo cittadino, Davide Persico, che opta per non ripresentarsi.

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TANTI CASI

Idem, stessa storia, finale fotocopia come in Piemonte: anche qui, in Lombardia, il passaggio di testimone avverrà con un commissario di nomina prefettizia e per le amministrative c’è tempo, di certo non si svolgeranno quest’anno. I termini sono scaduti. O ancora prendi i Comuni calabresi di Melissa (Crotone), San Luca e San Lorenzo (Reggio Calabria): tutte piccole amministrazioni che non superano i 4mila residenti e tutte piccole amministrazioni in cui le elezioni comunali sono “sospese” perché non ce n’è uno, tra i cittadini, che sia disposto a farsi chiamare sindaco.

E se ancora residua qualche dubbio prendi pure la carica (assai più ampia, non si tratta di una decina di Comuni, ma di di centinaia) di quelle corse alle urne municipali che, tra un mese, saranno “monche” perché il seggio alla scuola elementare ci sarà, è vero, e sarà aperto anche per determinare la composizione del consiglio comunale, epperò la scelta sulla scheda sarà ridotta. Dimezzata, vien da dire. Con una lista unica. Questo o ancora questo, prendere o lasciare.

Solo nell’area metropolitana di Genova, su 39 Comuni chiamati a rinnovare i propri uffici decisionali, otto avranno una sfida in solitaria: sono il 20% del totale. Ma altri sono in provincia di Frosinone, di Padova, di Rimini, di Asti, di Brescia, di Viterbo, di Napoli. Segno che il fenomeno non ha a che vedere né col dato politico (sono quasi sempre squadre civiche, i partiti c’entrano nulla) né con quello geografico (nord o sud è lo stesso).

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DISAFFEZIONE

Ed è che chiamala disaffezione, chiamala mancanza di impegno, chiamala disillusione: fa poca differenza. La verità è che il mestiere del sindaco ha perso appeal. Fino a qualche anno fa era un ruolo ambito, prima era addirittura considerato di prestigio (nei piccoli centri erano tre le figure centrali: il sindaco, il medico e il prete), oggi fai fatica a trovare chi si voglia candidare. Non è così ovunque (e per fortuna), ma in diverse realtà la carica degli aspiranti primi cittadini s’è sfoltita. È cambiato molto, d’accordo, il lavoro del sindaco (Lino Gentile, che è uno che la sa lunga, lo spiega bene nell’intervista a fianco), un po’ siamo ambiati anche noi, di certo sono cambiati i tempi: ma il fenomeno è quantomeno da registrare.

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