U n - p o ’ - d i - c o n t e g n o - q u e sta -è -una -procura. Calzoncini, short e infradito. Magliette scollate. Top, canotte, vedo -non -vedo. L’orrore supremo: le ciabatte. Di plastica, da piscina, a righe blu e bianche, che fanno venire un colpo (postumo) a Coco Chanel quando le vedi il sabato pomeriggio sul corso: figuriamoci negli uffici della Giustizia che dovrebbero essere il tempio di forma e sostanza. E invece, la sostanza c’è pure, ma la forma latita. A Bari, il procuratore Roberto Rossi, ha detto basta.
L’ORDINE DI SERVIZIO
Per entrare in procura, e «a qualsiasi titolo» (quindi vale per i magistrati e anche per le parti, come i testimoni o gli indagati), d’ora in poi, si dovrà indossare un «abbigliamento consono». Il più possibile rispettoso «nei confronti delle istituzioni che questi luoghi rappresentano». «Decoroso». «Pertanto sarà vietato l’ingresso a coloro che si presentano in pantaloncini corti, bermuda, canottiere» e via dicendo.
È un ordine (di servizio) non derogabile. Nel senso che più ufficiale di così si muore (è stato pubblicato, come avviso, giovedì scorso, sul portale on-line della procura barese) e che è stato comunicato anche agli addetti alla sicurezza. I quali han già cominciato a controllare gli ingressi. (Pare, dai primi resoconti, che il “dress code” tribunalizio abbia fatto, almeno nelle prime ore, più strage di signore che di uomini: qualche avvocatessa, qualche parte processuale, addirittura qualche giornalista. Ma sarà il caldo, sarà l’afa, sarà che noi donzelle ci sentiamo più libere a mostrare uno scampolo di spalla quando fuori ci sono quaranta gradi). Loro, di contro, cioè i vigilantes, nel dubbio, han preferito non rischiare: dopotutto la misura ha un intento chiarissimo. «Occorre», si legge, «garantire che l’attività giudiziaria si svolga in un contesto di decoro consono all’importanza dell’attività svolta» e «per il raggiungimento di tale obiettivo è necessario un abbigliamento appropriato».
Sembra una di quelle circolari scritte dai presidi a inizio anno (non a caso il contenuto è identico), quando classi di adolescenti si presentano con la mini e i sandali da spiaggia. Ecco, no. Che proprio tutti i torti, il procuratore Rossi, non ce li ha. Solleone a parte, ci stiamo abbruttendo (maschietti, non siete immuni nemmeno voi: ché arrivati a una certa età il polpaccio cadente, ce lo potete risparmiare), non diamo importanza a nulla.
Senza contare che la magistratura barese è solo l’ultima ricorsa al “codice di abbigliamento”. D’accordo, le sue chat degli avvocati, da un giorno e mezzo, non parlano d’altro: sia perché l’ordine pare perentorio sia per la rigidità con cui è stato applicato aitornelli d’accesso. Però non è il primo. Nel luglio del 2016 il tribunale di Pisa ha confermato (la disposizione era in vigore prima), con una circolare, il “codice estetico” per i processi roventi: intesi come quelli che si svolgono in estate. Civile, penale, nessuna differenza. Gonne e pantaloncini talmente corti che sembrano costumi da bagno, infradito e bermuda: tutti al bando. L’anno prima, ossia nel 2015, sono state circa quaranta le persone non ammesse causa canottiera impudica.
GLI ALTRI CASI
Ad agosto 2019 il buttafuori di cancellieri e amministrativi e di legali e praticanti (nonchè dei loro clienti) ha fatto tappa a Bergamo; poi è stata la volta di Livorno e infine un’avvocatessa di Trieste, pur non essendoci nel suo foro alcuna circolare, è stata espulsa dall’aula durante un’udienza: ritorni-vestita-in-altro-modo.
Nel giugno del 2022 ha fatto lo stesso la Giustizia di Velletri: «Il presidente, rilevato che con l’approssimarsi della stagione estiva è stata riscontrata la presenza in tribunale di persone in abbigliamento non adeguato al decoro dell’ufficio, visti gli articolo 128 del codice di procedura civile e 470 e 471 di quello di procedura penale (nientemeno, ndr) che disciplinano lo svolgimento delle udienze, dispone il divieto assoluto di ingresso (...) con abiti succinti e non consoni». Poco prima di Bari, nel giugno scorso, è toccato al tribunale di Sulmona: pure in Abruzzo i grandi proscritti sono quelli di sempre (shorts, infradito, i pantaloni solo alla caviglia) e la motivazione è la medesima.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.