La sera di mercoledì 9 EllySchlein si è calata nella dimensione culturale che le è propria, facendo irruzione durante il concerto degli Articolo 31 al Forum di Assago e duettando con J-Ax. Il problema è che prima, nel pomeriggio, si era messa in testa di riscrivere la storia filosofica del marxismo, e il risultato ce lo siamo ritrovati su Repubblica, sotto forma di doppia paginata in Cultura. L’occasione è stata il dialogo con Saito Kohei, intellettuale giapponese teorico dell’“ecosocialismo”, crepuscolare forma di sinistrismo che va parecchio di moda nelle Ztl delle metropoli contemporanee, e che sostituisce il feticcio della società senza classi con la boutade della società a emissioni zero. Kohei ci ha scritto un libro, “Il Capitale nell’Antropocene”, ora in uscita in Italia. Ebbene, lui e la segretaria del partito alla lontana erede del Pci (“eccoli, l’una di fronte all’altro nella redazione romana”, non sta nella pelle l’articolista) sono seriamente convinti che “oggi l’autore del Capitale manifesterebbe per i migranti e con gli attivisti per il clima”.
EMERGENZA CLIMATICA
E' il tarocco principe della sinistra contemporanea: mettere al barbuto filosofo di Treviri le treccine di Greta, ridurre l’allievo dell’hegelismo (una delle immortali costruzioni del pensiero occidentale, per quanto mastodontica e proto-totalitaria) a un profeta tra i tanti del terzomondismo retorico e dell’ambientalismo pauperista. Fino ad immaginarlo, testi e musica di Elly, al fianco dei giovani “che manifestano per l’ansia dovuta all’emergenza climatica”. No perdonate, Karl Marx è stato tante e terribili cose, ma non era un gretino, e che lo si debba riscattare qui da una caricatura offensiva la dice lunga su quello spirito del tempo impazzito noto come Woke.
Anzitutto, Karl Marx era uno scatenato produttivista, addirittura un apologeta compulsivo della Rivoluzione Industriale e di quella classe, la “borghesia capitalista”, che con essa “ha dimostrato per prima quel che può realizzare l’attività umana”. Ovvero: “Sottomissione delle forze naturali, macchinari, applicazione della chimica all’industria e all’agricoltura, navigazione a vapore, ferrovie, telegrafo elettrico, dissodamento di intere parti del mondo”. $ un inno alla ubris umana che piega la natura e fin allo sfruttamento intensivo della terra che trovate nel “Manifesto del Partito Comunista”, non un testo qualsiasi.
VECCHI COMUNISTI
E lo trovate perché, come chi scrive ha provato a mostrare con un paradossale libercolo (“Mi mancano i vecchi comunisti”, LiberiLibri) il padre del comunismo condivide almeno un decisivo assunto con i classici del liberalismo, Locke in testa: l’idea che l’essenza dell’uomo si esprima anzitutto nel “lavoro”, nella sua capacità di “aggiungere qualcosa di proprio” alla natura. Il marxismo è un capitolo, per quanto degenere e totalitario, della grande avventura del produttivismo occidentale, e non a caso nel Manifesto si celebra il sistema capitalista perché “ha strappato una larga parte della popolazione all’idiotismo della vita rurale”.
Per cui no, tocca dire alla spalla di J-Ax che a Karl Marx dell’“ecosistema” non fregava assolutamente nulla. Non solo: per lui la Rivoluzione Industriale trainata dalla borghesia aveva anche il merito di “subordinare le nazioni barbare alla nazione civili”, ovvero, tanto per essere chiari, “l’Oriente all’Occidente”.
Ebbene sì, coi canoni (ubriachi) del politicamente corretto odierno che Elly ricalca ogni piè sospinto, il teorico del comunismo sarebbe uno scatenato “suprematista” bianco, altro che camminare fianco a fianco coi migranti. Convinto com’era che ovunque vi fosse occidentalizzazione s’innescassero anche civilizzazione e progresso, fu uno sfrenato celebratore del colonialismo britannico. Come scrisse ne “La dominazione britannica in India”: “Gli inglesi furono i primi conquistatori superiori e perciò impermeabili alla civiltà indù”. Civiltà che del resto spesso si risolveva in “un volgare culto della natura”. Se gli avessero detto che quasi due secoli dopo le sinistre continentali, tra gli applausi di tutte le Elly, avrebbero votato entusiaste all’Europarlamento una legge intitolata proprio al “Ripristino della Natura”, le avrebbe bollate con quello che per lui era il peggiore degli insulti: “socialismo reazionario”.
ENGELS
Ancora peggio, visto dal caminetto di Repubblica: lui e il suo sodale Engels erano estimatori dichiarati di uno dei primi atti di imperialismo statunitense, la guerra messicana del 1846-‘48, grazie alla quale “gli energici yankees” schiudono finalmente “l’Oceano Pacifico alla civilizzazione”, cosa che in”pigri messicani” non sarebbero mai stati in grado di fare. No, Karl Marx non annuncia il Vangelo del Wokismo schleiniano, che vuole tornare alle paludi e frullare le civiltà nel relativismo arcobaleno. All’opposto, tifava perché arrivassero ovunque l’Occidente e la civiltà industriale. Perché questa portava in germe la contraddizione dialettica che avrebbe aperto la strada al comunismo, certo, e questo è l’abbaglio criminogeno di Marx. Ma lui e il marxismo erano una cosa tragicamente seria, non una gretinata.