Il capo delle Forze Armate ha parlato e li ha messi in riga. Non gli Alpini ma coloro che li hanno attaccati pretestuosamente. Non basta una penna troppo nera per fare neri tutti gli appartenenti a questo glorioso corpo dell’Esercito, che nel fine settimana a Biella ha celebrato il proprio raduno: quattrocentomila persone, centomila delle quali confluite nella città piemontese, che sono uno dei vanti del Paese. Lo sa bene il presidente della Repubblica, che ieri ha festeggiato questa comunità con parole commosse e commoventi. «Le penne nere, sino alle più recenti missioni internazionali, così come nelle presenze sul territorio nazionale, per contribuire alla cornice di sicurezza dei cittadini, sono sempre un esempio di onore, senso del dovere, umanità e dedizione» ha detto Sergio Mattarella. Sempre. Non c’era migliore risposta per Elly Schlein, che aveva appena chiesto «parole di condanna forti e nette da parti di tutte le forze politiche». La Nazarena è stata ignorata e favore più grande non si poteva farle. La segretaria dem ha tentato di strumentalizzare uno sgradevole episodio accaduto venerdì a tarda notte in un locale biellese. Un coro, intonato non si sa da chi, di persone che avevano evidentemente alzato il gomito e hanno cominciato a cantare “Faccetta nera”, colonna sonora della propaganda fascista ai tempi dell’invasione dell’Etiopia, novant’anni fa. Certo sarebbe stato meglio non sentirlo, tanto più che gli Alpini furono vittime del regime, non fautori.
Però è piuttosto patetico il tentativo della segretaria dem di fare di ogni penna nera un fascio pur di rilanciare l’allarme camicie nere, che è ormai l’unico collante e l’unico programma dell’opposizione. «Vergogna inaccettabile» ha sentenziato Schlein. D’accordo, però ha ragione il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che arrivato a Biella per le celebrazioni ha subito precisato che «pochi perditempo, guastafeste non benvenuti, non possono certo rovinare la festa». Gli stessi concetti che si era affrettato a precisare, subito dopo l’episodio, il presidente dell’Associazione Nazionale degli Alpini, Sebastiano Favero, che aveva detto che «l’accaduto non ha nulla a che vedere con il significato e i valori propugnati dalle penne nere nella loro storia» e che «l’organizzazione è di volontari e apartitica».
Chissà se testa dura Elly stavolta afferrerà il concetto e lo tratterrà. Sicuramente se non ce la fa Mattarella, a imprimerglielo, non ce la può fare nessun altro. Il presidente non solo, pur ovviamente condannandolo, non ha fatto cenno al coro di “Faccetta nera”, per non macchiare l’adunata, ma ha insistito sulla «meritoria opera di raccordo tra generazioni, in servizio e in congedo, dell’Associazione delle penne nere, in nome delle gloriose tradizioni di un corpo che tanto ha contribuito alla storia d’Italia».
Più che occupare il Pd, intenzione manifestata fin dal nome del movimento che guidava prima di diventare segretaria del partito, Schlein pare intenzionata a riportarlo alle origini, quelle comuniste. È stato infatti il Pci di Palmiro Togliatti il più grande nemico che gli Alpini abbiano mai avuto, peggiore anche dei russi, perché sparava alle spalle. «Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la spedizione in Russia si concluda con una tragedia e un lutto personale è il miglior antidoto al fascismo», scriveva il Migliore nel 1943, condannando a morte i prigionieri italiani della divisione Cuneense, e nelle stesse righe definendosi «umanitario, per niente feroce e rispettoso della posizione definita da Stalin», noto agnellino. Da allora, l’odio per le penne nere ha sempre caratterizzato la sinistra italiana. Il mese scorso, la deputata di Avs, Luana Zanella, le accusava di aver invaso Cortina e di lavorare gratis per conto di Luca Zaia in quanto impiegate nella vigilanza e nella consulenza perla costruzione delle opere in vista delle Olimpiadi del prossimo febbraio. Un anno fa, Nicola Fratoianni e Gianni Cuperlo protestarono alla Camera nella giornata del ricordo degli Alpini caduti in Russia. «Erano fascisti e invasori» sbottò il leader di Avs contestando la celebrazione del sergente Romolo Marchi, morto in un attacco disperato. Non dite a Fratoianni che ora sono i russi nella parte degli invasori ma lui non è intenzionato a fermarli.