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Senaldi, che figura i moralisti: gridano al razzismo ma era solo un'anatra

di Pietro Senaldi lunedì 30 dicembre 2024

3' di lettura

Dicono gli studi che il razzismo in Italia sia in aumento. È cosa seria, su cui c’è poco da scherzare. Però è legittimo ipotizzare che nel boom c’entrino anche la mania del politicamente corretto e le ossessioni woke, il pensiero di matrice anglosassone che vede nella società occidentale, incarnata dal maschio adulto bianco, un concentrato di soprusi e discriminazioni. I paladini dell’anti-razzismo in salsa progressista dimenticano quello che Europa e Usa hanno fatto per il progresso mondiale sotto l’aspetto scientifico, medico, democratico, civile, intellettuale e di sviluppo economico. Sono obnubilati dall’odio verso l’Occidente.

Questa crociata permanente contro noi stessi alimenta naturalmente le diffidenze degli immigrati nei confronti del Paese che li ha accolti. Quanto accaduto a San Vendemiano, piccolo comune della Marca trevigiana dove risiede il governatore del Veneto, Luca Zaia, ne è la prova. Una donna nigeriana, che vive da vent’anni in Italia ma si è trasferita da poco nel Comune, si è sentita attaccata sul colore della sue pelle e ha denunciato di essere vittima di razzismo per aver visto attaccato a un palo vicino a casa sua un cartello con la scritta “Anèra m...”.

Apriti cielo, il caso è diventato una questione nazionale, è finito perfino in televisione, con dotte analisi socio-politiche su quanto il Veneto sia ormai una landa senza speranza, rifugio di razzisti e ignoranti primitivi.

Il tempo ha reso giustizia e si è scoperto che la signora nigeriana si è messa al centro di una storia che non le appartiene. Anéra, nel dialetto locale significa anatra e così viene soprannominato dagli amici un ragazzo del posto. Nel giorno del suo matrimonio, o più probabilmente dell’addio al celibato, quando lo sposo diventa bersaglio di scherzi e contumelie di ogni tipo, la compagnia che frequenta, agli sfottò di rito, ha aggiunto il cartello diffamatorio. Nessuno voleva offendere la donna che si è impermalosita della quale alla combriccola volgarmente goliardica non importa nulla.

Adesso quindi è la volta del governatore della Regione, Luca Zaia, arrabbiarsi e puntare l’indice accusatorio. «C’è un tentativo di infangare la nostra comunità basandosi su informazioni inesatte, ora dovete riabilitare il mio paese» ha protestato il governatore. «Le notizie vanno verificate fino in fondo» ha aggiunto. Pie illusioni, caro presidente. Il Veneto leghista e razzista, la povera nigeriana ghettizzata nel comune del doge sono elementi troppo succulenti per rovinarli con la verità. È scontato che sarebbe partita la gran cassa. Lei e il suo paese siete le vittime di un pregiudizio razzista degli alfieri antirazzisti del politicamente corretto, specializzati in prendere topiche senza poi chiedere scusa. Questi d’altronde sono gli effetti dell’ideologia cieca, che fa vittime incolpevoli e non se ne cura, ritenendole effetti collaterali necessari.

Nel bailamme, nessuno si è preoccupato dello sposo. Gli amici lo prendono in giro e lo chiamano «anatra», forse perché ha il becco lungo e non è di bell’aspetto, forse perché ha una brutta voce e starnazzata, più difficilmente perché è ghiotto dell’uccello e lo sa cucinare divinamente. Si può ipotizzare che il nomignolo non lo renda felice e ci abbia fatto il callo per necessità, perché in paese bisogna pur avere rapporti con qualcuno. Purtroppo per lui è uomo, bianco e vive in una terra leghista, quindi per i benpensanti forse un po’ di razzismo amicale se lo merita pure, così capisce. Si rassegni alle goliardate altrui, difendere la propria dignità, per lui, è una battaglia persa in partenza.

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