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Che Guevara, dalla stella rossa alla camicia nera

Gabriele Adinolfi, ex leader di Terza Posizione, spiega perché il rivoluzionario comunista è stimato anche a destra: "Piaceva a Peron e Franco, era un anti-imperialista coraggioso"
di Giulio Bucchi domenica 13 ottobre 2013

2' di lettura

Rivoluzionario, comunista, borghese, fiancheggiato da Peron e da Franco. Questo il Che Guevara che emerge dalle parole di Gabriele Adinolfi, ex leader di Terza Posizione, giornalista e scrittore che abbiamo incontrato a pochi giorni da un convegno fiorentino dall'emblematico titolo L'altro Che.  Dottor Adinolfi, chi era Che Guevara? "Non esiste un Che, esistono diversi Che: alcuni corrispondono alle sue reali personalità, altri sono invece quelli del tutto astratti che i consumatori d'idee e magliette s'immaginano. Ma questa è un'altra storia".  Cosa la affascina di lui? "La sua scelta guerriera anche quand'era ministro, la fine romantica - malgrado la sua ideologia - che lo ha immortalato e forse soprattutto la sua visione esistenziale della rivoluzione".  La destra che riscopre il Che? "Non è del tutto esatto. Quando il Che morì la FNCRSI (Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana, ndr) gli rese omaggio sul suo bollettino con un pezzo dal titolo In morte di un rivoluzionario. Altri tempi in cui la gente era più genuina e nei quali il fascismo aveva ancora una connotazione anti imperialista. Poi, al di fuori del Paese c'era ad esempio Peron che sosteneva Guevara: pensi che con il sostegno di Franco gli fornì diversi contatti internazionali per la guerriglia".  Castro avvocato, il Che medico... non proprio dei proletari!  "Cosa controversa che i comunisti hanno sempre risolta stabilendo che le persone più illuminate delle classi borghesi dovessero fungere da guida ai proletari. Del resto Marx non si può considerare un diseredato; era perfino finanziato da un mercante di schiavi. Ciò premesso, per quanto mi concerne, il comunismo è un'ideologia borghese".   Cosa apprezza di Guevara?   "Lo apprezzo e lo onoro per come ha messo in gioco la sua vita, per come l'ha vissuta in trincea e per come è morto. Nessuna fascinazione però, sia ben chiaro, da parte mia nei confronti della sinistra rivoluzionaria".  di Marco Petrelli

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