Paolo Gentiloni, 12 motivi per cacciarlo: perché non può essere premier
Per un verso o per l'altro, la sinistra governa da sei anni e mezzo, dall'autunno 2011, quando a colpi di spread e di inchieste giudiziarie in camera da letto essa riuscì a destituire Berlusconi. Furono decisivi la regia del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la Deutsche Bank che dall'oggi al domani vendette inopinatamente sette miliardi di debito pubblico italiano, e i sorrisini di Merkel e Sarkozy, i quali volevano liberarsi del Cavaliere perché egli non intendeva salvare le banche europee a spese degli italiani né intraprendere la politica di austerità che la Ue gli chiedeva. Leggi anche: Giorno e notte, c'è un'ambulanza per Gentiloni... Dicevano che l'Italia era sull'orlo del fallimento. Così, per amor di patria, e di patrimonio, Berlusconi si dimise, arrivò Monti e fece tutto quel che gli chiesero. Risultato, non siamo falliti, ma stiamo peggio di prima, visto che rispetto a sei anni fa sono peggiorati tutti i fondamentali dell'economia. Il che significa che qualcuno ce l'ha raccontata diversa da com'era; e poi qualche smemorato si ostina a dire che i giornali non contano più nulla… Di male in peggio, siamo arrivati a Gentiloni premier, apprezzato da tutti perché fa poco o nulla ma lo fa con un buon carattere. Il che significa che l'unico motivo per cui gode di considerazione è perché arriva dopo Renzi. Non abbiamo nulla contro l'uomo però, per citare l'articolo del direttore Feltri qui a fianco, siccome siamo in grado di capire chi ci prende per il culo, abbiamo tanta voglia di assestargli una sana pedata e mandarlo a casa. A quel punto, quando tra un paio di mesi l'attuale premier avrà più tempo libero, potremmo godere anche noi del suo buon carattere e sfidarlo magari a tennis al circolo Canottieri, sua grande passione. Per intanto, ci limitiamo a elencare dodici buoni motivi per cui, a nostro avviso, questo governo non ci fa ma ci è e, sotto il volto presentabile di Gentiloni, sta portando avanti una politica di sinistra anacronistica, che non ha pari in tutta Europa, benché il Pd continui a indicare la Ue come un faro, e che, avanti di questo passo in pochi anni è in grado di schiantarci senza ripresa e trasformare definitivamente in peggio la nostra società. Procediamo in ordine alfabetico. CRESCITA. Malgrado nel 2017 abbia registrato l'incremento di Pil più alto dal 2010 (l'ultimo anno a intera guida berlusconiana), l'Italia con il suo striminzito +1,5% è fanalino di coda nella Ue e cresce meno della metà degli Usa di Trump. Ma l'esecutivo, anziché allarmarsi, mena vanto del risultato conseguito, spacciando una sconfitta - la propria ricchezza è un concetto relativo che dipende da quella degli altri - per un successo. DEBITO. Dal 2010 a oggi il debito pubblico è salito dal 118 al 132% del Pil. In cifre, da 1.868 a 2.250 miliardi di euro. Questo malgrado il costo del denaro sia pressoché fermo da 5 anni grazie a Draghi e il governo incassi dalle tasse il 2% in più di quanto spende. Inutile chiedere conto a Gentiloni, ha l'aria di uno che senza calcolatrice non sa fare neppure le divisioni. EUROPA. Bruxelles ci ha condannato all'austerità, sta per imporci l'aumento dell'Iva, già previsto nelle clausole di salvaguardia, perdona alla Germania di violare sistematicamente i patti ma rimprovera noi per ogni sbavatura, ci ha abbandonati sull'emergenza immigrazione, non ci difende dalla concorrenza sleale degli altri partner Ue, ci punisce sistematicamente sull'agricoltura, ci ha imposto di salvare le sue banche a nostre spese condannando però i risparmiatori italiani a tappare i buchi dei nostri istituti. Gentiloni e soci tuttavia hanno puntato la campagna elettorale sul fatto che, se perdono loro, l'Europa ci punirà, e si sono addirittura alleati con la Bonino il cui ultimo partito si chiama semplicemente +Europa. FASCISMO. Non esiste più, ormai perfino i giudici hanno detto che il saluto romano, essendo romano, non è fascista. I rossi menano più dei neri, come dimostrano gli assalti ai candidati di CasaPound a opera di squadracce di incappucciati. Ma Boldrini e compagni, che hanno fatto campagna elettorale scorrazzando in bici senza che nessuno li infastidisse, e ce ne rallegriamo, continuano a dire che siamo alla vigilia di una dittatura. IMMIGRAZIONE. L'accoglienza all'italiana è fallita. Impieghiamo due anni per accertare se un immigrato ha diritto a restare in Italia come profugo. Nel frattempo lo manteniamo in tutto, arricchendo cooperative incapaci di integrarlo. Infatti spesso il profugo, quando non ciondola tutto il giorno per le nostre strade, si dà al crimine, e talvolta ammazza pure. Cionondimeno, il governo continua a chiamare «risorse» i disperati che sbarcano privi di soldi e senza saper far nulla. ISLAM. In Italia abbiamo un milione e 400mila musulmani che vivono una realtà parallela. Costringono le loro donne a portare il velo, picchiano quelle che vorrebbero integrarsi, frequentano scuole e moschee abusive dove spesso si predica la guerra santa. Più volte i rapporti dei servizi segreti hanno lanciato l'allarme attentati e le tragiche esperienze francesi e inglesi ci insegnano che le seconde generazioni sono più pericolose delle prime. Ma il governo progetta la costruzione di nuove moschee, ha smesso di espellere gli imam del terrore e le nostre ministre ignorano la condizione femminile delle musulmane in Italia, anche se spesso subiscono violenze di ogni tipo. PENSIONI. L'Inps è in rosso perché spende 259 miliardi. Solo la metà tuttavia va in prestazioni previdenziali. Il resto si spende in assistenza a chi non ha mai pagato i contribuiti, extracomunitari compresi. Il governo però continua a dire che non bastano 41 anni di versamenti per ritirarsi e il presidente dell'Inps, Tito Boeri, in compagnia della Bonino, ripete il mantra secondo cui gli immigrati sono necessari per pagarci le pensioni (ma non abbiamo il sistema contributivo da oltre vent'anni?). POVERI. In dieci anni i poveri sono più che raddoppiati, passando da 2,3 milioni a 4,7; e non si trovano più soltanto al Sud. In questa settimana di gelo sono morte diverse persone per strada e l'altro giorno a Padova una vecchina è svenuta al supermercato poiché non aveva denaro per mangiare e per riscaldare la propria casa. Nel frattempo il governo si vanta di essere solidale e progressista e spende 5 miliardi per assistere i clandestini. SANITÀ PUBBLICA. Ormai quella efficiente e che cura esiste solo al Nord, ma pure qui inizia a scricchiolare con liste d'attesa anche di anni per banali operazioni quali ernia e cataratta. Il governo continua a tagliare, non assume medici per risparmiare ma spende 5 miliardi per assistere chi non ne ha diritto. SCUOLA. Secondo l'Ocse «l'Italia deve migliorare equità ed efficienza perché ha un basso rapporto tra qualità e costo e non garantisce standard di istruzione omogenei». Una sola università italiana, il Politecnico di Milano, figura tra le prime duecento del mondo (al numero 183). Ma il governo anziché della qualità dell'insegnamento si preoccupa di togliere i presepi dalle scuole elementari e tenere corsi di comprensione delle tematiche transgender nei licei. Oltre ad assumere ogni anno migliaia di professori precari senza concorso su base nazionale, per lo più del Sud. Con l'effetto che, ottenuta la cattedra, a migliaia si danno malati per non trasferirsi, condannando gli studenti a girandole di supplenti. Quindi, all'ignoranza. SICUREZZA. Chi spara al ladro in casa viene processato. La legge sulla legittima difesa, tanto promessa, non si è fatta neppure a questo giro. In compenso il governo vuole stringere le maglie per il reato di tortura a danno degli agenti, ma se in piazza le professoresse si augurano la morte dei poliziotti e i centri sociali li sprangano, la maggior parte dei ministri chiude un occhio. TRENI E TRASPORTI. Il costo delle autostrade aumenta a ogni inizio anno, quello dei treni quasi. Però basta una nevicata di pochi centimetri in inverno per paralizzare la rete ferroviaria, anche quella dell'Alta Velocità. Pochi giorni prima del disastro il ministro Delrio aveva trionfalmente dichiarato che l'Italia nel 2017 ha speso 290 miliardi in opere pubbliche. Come, non si vede e non è dato sapere. All'indomani della figuraccia, ha dichiarato che non si può processare le Ferrovie per pochi giorni di disagi. di Pietro Senaldi @PSenaldi