L'intervista

Claudio Martelli, l'anti-leghista si schiera: "Immigrati e magistratura, perché ha ragione Matteo Salvini"

Davide Locano

«Sul fatto che si farà la riforma della giustizia non scommetterei un euro, anche se leggo strane interviste, con Di Maio che dichiara che non è il caso di litigare perché tutto va bene così. Ravviso un' incolmabile distacco tra le parole e le realtà». Anche per lei il governo è alla frutta? «C' è qualcuno che nutre la convinzione di essere iperattivo, anche se negli ultimi mesi non ho visto molto. Comunque, anche se davvero facessero pace, sarei piuttosto sorpreso se si trovasse una conciliazione tra il giustizialismo di Cinquestelle e il garantismo della Lega, o meglio la sua insofferenza verso certa magistratura». La pensa come Di Maio allora: sulla giustizia Salvini insegue Berlusconi? «Direi che è il punto dove i due hanno meno differenze. Sulla giustizia i 5S sono giustizialisti e la Lega sembra più garantista, almeno finché si tratta di garantismo pro domo sua. Io sono garantista da quando la Lega non era ancora nata. Si ricorda il caso Tortora? E il referendum? E dunque sono anche per la separazione delle carriere tra giudici e pm e per delegare il funzionamento della giustizia a dei manager che la rendano efficiente, lasciando i magistrati a occuparsi solo del diritto. In più mi piacerebbe che le porte girevoli non fossero tra magistratura e politica ma tra magistratura e avvocatura o mondo universitario. Sono per una giustizia all' inglese, con i grandi giuristi e legali che possono decidere in Cassazione: meno casta, più contaminazione con la realtà». Da 1 a 10 quanto c' è bisogno di una riforma della magistratura? «Dieci. Ma servirebbe la volontà politica di una larghissima maggioranza parlamentare coesa per imporsi sulla magistratura politicizzata. In passato era impossibile». Colpa della sinistra? «Se pensa che ancora nel 2008 Veltroni, dopo aver parlato di vocazione maggioritaria del Pd, si scelse come unico alleato Di Pietro». Adesso il Pd è più critico verso la magistratura «Si sono affrancati in gran parte dalla sudditanza alle procure. Ormai il partito dei giudici è diventato il M5S. Il che fa molto più comodo ai magistrati: i grillini hanno un dna manettaro e poi sono poco preparati, quindi più disponibili ad accogliere acriticamente i suggerimenti delle toghe». Però l' Associazione Nazionale dei Magistrati ha bocciato anche la riforma del ministro Bonafede «Questo perché nessuna genuflessione potrà mai soddisfare la magistratura associata. Non si accontentano mai, sono concentrati nella difesa dei loro privilegi e vantaggi e sulla giustizia vogliono decidere tutto loro». Claudio Martelli è stato ministro della Giustizia per un paio d' anni, ormai oltre venticinque anni fa, e in materia non ha mai cambiato opinione. Ciononostante il suo pensiero è estremamente attuale, il che significa che in un quarto di secolo non è cambiato nulla, se non forse in peggio. «I magistrati», sostiene l' ex Guardasigilli socialista, «vogliono governare, anche in spregio al dettato costituzionale. Sulla Carta non sta scritto da nessuna parte che i giudici possano condizionare le leggi, nemmeno quelle che regolano la loro istituzione». In quel 10 che sintetizza l' allarme rosso, anzi «la bancarotta» della giustizia italiana, Martelli mette dentro molte cose. Il malfunzionamento della giustizia, «ha fatto perdere ai magistrati credibilità agli occhi degli italiani ancora più di quando non lo abbiano fatto le inchieste politicizzate». L' obbligatorietà dell' azione penale «impedisce di considerare alcuni reati più pericolosi degli altri e lascia una discrezionalità ingiustificabile alla magistratura nello stabilire quali sono le emergenze nazionali». La promiscuità tra magistratura giudicante e inquirente «impedisce la parità tra le parti nel processo, visto che accusa e arbitro fanno parte strutturalmente del medesimo ordine, hanno gli uffici vicini, parlano dei processi in corridoio o al bar». L'inefficienza dei tribunali «perché uno può essere un padreterno del diritto, ma questo non significa che sappia amministrare con efficienza una Procura e il lavoro di decine di uomini, che è un lavoro da manager». Ma soprattutto, per Martelli la cupola della magistratura va smontata perché «l' Anm è un sindacato e perciò dovrebbe difendere i diritti del giudice in quanto lavoratore, invece esce costantemente dal seminato per ingaggiare un braccio di ferro permanente con il Parlamento che è ai limiti della sovversione costituzionale. Di fatto l' Anm, interessandosi delle nomine del Consiglio Superiore della Magistratura, che nomina i capi degli uffici e trasferisce i giudici, è una costante minaccia all' indipendenza della singola toga, che se non si allinea viene punita professionalmente. La bulimia di potere dei magistrati andrebbe monitorata e giudicata dalla Corte Costituzionale». Onorevole Martelli, perché nessuno ha mai riformato la giustizia? «In pochi ci hanno provato, direi». E perché? «La Dc aveva un patto non scritto con i giudici: tanta carota in cambio di tranquillità. Li riempiva di soldi e privilegi e quelli si voltavano dall' altra parte e la lasciavano governare. Ricordo che ancora negli anni Ottanta la magistratura siciliana sosteneva che la mafia non esistesse». Poi però i giudici si sono ribellati alla Dc «Tangentopoli fu innescata dai poteri forti, con una manina internazionale degli americani. Il mondo con il crollo del Muro di Berlino era cambiato e Dc e Psi andavano cambiati. Non fu il Pci a innescare Mani Pulite, ne fu solo beneficiato e la cavalcò. D' altronde non è stato il pm milanese D' Ambrosio a dire che il Pool non si poteva inimicare tutti e doveva pur essere amico di qualcuno? Il Pci non era al governo e venne salvato, perché ai tempi si voleva cambiare tutto». Ma come, gli americani volevano il Pci? «Ai tempi c' era Gorbaciov e gli Usa si erano presi una cotta per lui. E ci credo: Gorbaciov stava togliendo le unghie e i denti all' Urss. Nell' 89 a Berlino il generale americano che comandava Check Point Charlie, la frontiera del Muro, mi disse che lui applaudiva il Nobel per la pace a Gorbaciov e che grazie a lui gli USA non sarebbero più stati costretti a tenersi alleati che da tempo non gradivano. Ricorda la politica filo-araba di Craxi e Andreotti?». Torniamo a bomba: perché non si è mai riformata la giustizia? «Della Dc si è detto, Berlusconi non poteva perché la sinistra si era alleata con i giudici contro di lui, ora Salvini sfida i 5S anche sulla giustizia. E poi non si dimentichi che i magistrati hanno sempre punito chi voleva intaccare il loro potere scatenandogli contro la macchina giudiziaria». Salvini quindi cerca rogne? «Le rischia. Comunque io credo che il leader leghista abbia intravisto delle divisioni nella magistratura e voglia cavalcarle. I giudici sono spaccati come non mai, e una parte di loro sta con Salvini». Ma Salvini rischia di essere ammazzato dai giudici come Berlusconi? «Silvio è stato senz' altro ucciso dai giudici ma ci ha messo anche del suo. Nel 2011 Tremonti gli si rivoltò contro e i magistrati non c' entrano nulla in questo. Poi certo, sulla sua condanna per evasione fiscale e sulla sua destituzione dal Parlamento ci sarebbe molto da dire». Torniamo a Salvini: rischia o no il massacro giudiziario? «Ci sono dei segnali preoccupanti. Però i guai credo gli possano arrivare dalla vicenda dei rubli russi». Come si spiega la continua crescita di consenso del leader leghista, alla faccia di tutti gli attacchi, giudiziari e non, che subisce? «Tutti i popoli, non solo noi italiani, hanno bisogno di un leader. In assenza di un capo, ci si accontenta di un capitano. E poi c' è il capitolo immigrazione: diventare ministro dell' Interno è stata una scelta politica decisiva per aumentare il consenso». Quindi Salvini deve tutto all' immigrazione? «Tutto forse no, moltissimo sicuramente. Non contano i numeri e i ragionamenti, gli italiani non ne potevano più degli immigrati, e soprattutto di come i governi di Letta e Renzi avevano gestito l' emergenza. Poi con Minniti gran parte del problema era stata risolta. Salvini ha cambiato approccio, anziché fermare gli imbarchi in Libia ha fatto il massimo clamore bloccando i pochi sbarchi in Italia. E a molti italiani che non ne potevano più della gestione Alfano, Mogherini e compagni è piaciuto assai». Si rende conto che il suo è un discorso poco di sinistra? «La sinistra con noi aveva imparato il concetto di patria e difesa della nazione, poi se l' è dimenticato». Ma come si coniuga essere di sinistra e fronteggiare l' immigrazione? «La lotta all' immigrazione clandestina è nella legge italiana, non c' entrano sinistra o destra. Napolitano ministro dell' Interno si impegnò seriamente. Sugli immigrati la sinistra si è sfracellata: ha sposato la linea dell' accoglienza senza neppure un piano d' accoglienza, ma in maniera ipocrita: li facevamo venire tutti, poi siccome i profughi volevano andare nel Nord Europa, li accompagnavamo alla frontiera senza neppure identificarli, di modo che non potessero rispedirceli. Quelli che restavano invece, li affidavamo senza troppi controlli a organizzazioni umanitarie pagate dallo Stato per occuparsene». La sinistra non sembra pronta all' autocritica sul punto? «Finché non cambieranno narrazione sull' immigrazione, i progressisti continueranno a perdere. Pensi alla Merkel, ha accolto un milione di siriani, molti laureati, anche medici, e li ha integrati, ma i tedeschi l' hanno punita: puntava al Nobel per la pace, ha perso 12 punti percentuali nelle ultime elezioni. Molto peggio del Pd. Insistere come fa Renzi a sfidare Salvini in nome di una accoglienza senza limiti è suicida». Che futuro vede per la sinistra? «Nebuloso. Aveva trovato un leader, Renzi, ma si è sfracellato da solo». Lo hanno sfracellato i progressisti, vorrà dire? «No, si è ucciso lui. Se non avesse rotto con Berlusconi, avrebbe vinto il referendum e poi le elezioni. Aveva un accordo, andava rispettato, non si poteva rompere sul Quirinale, la politica è trattativa. Renzi aveva un modo assurdo di far politica: faceva una cosa alla volta e ogni volta con un alleato diverso, un po' come i bambini. Ovvio che al terzo giro, ti mollano tutti. E poi voleva copiare Blair, ma lui è arrivato vent' anni dopo, non si può proporre la terza via blairiana, sulla cui efficacia peraltro si nutrono dubbi da 15 anni, dopo la crisi del 2008. La sinistra o rappresenta il progresso sociale o non esiste». di Pietro Senaldi