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Paolo Gentiloni, la metamorfosi: perché oggi è un "mastino filo-tedesco"

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Maria Pezzi
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Paolo Gentiloni non è più lo stesso. Da quando è partito per le brume centroeuropee ha perduto quell' aura da pacioso romano senza qualità rimarchevoli; si è dato al canto sguaiato a favore di telecamera, intonando  Bella ciao  assieme ai colleghi commissari di conio socialistoide; ha sviluppato un' inquietante ipertrofia tricologica che gli ha immobilizzato la capigliatura in un grigio bozzolo verticale da cicisbeo settecentesco. Ma forse ha soltanto somatizzato una scossa elettrica, o ha capito troppo tardi - prendendola male - che l' Ue l' ha subito declassato a commissario europeo all' ipocrisia e ai sogni irrealizzabili del Vecchio continente. Prendete la sua ultima uscita di rilievo, che risale a nemmeno una settimana fa: «Il patto di stabilità, che è stato pensato in un momento di crisi, ora va rivisto». In apparenza sembra intelligente, del resto era stato lo stesso Romano Prodi a definire «stupido» il patto di stabilità. Ma Gentiloni non ha compreso che quel vincolo è assurdo perché è stato immaginato per un continente tutt' altro che in crisi, ma con una crescita immaginaria del 4-5%. Ecco perché ora, in piena recessione, faremmo bene a ripensarlo. Per approfondire leggi anche: Gentiloni e i socialisti cantano Bella Ciao Libro dei sogni - Insomma Gentiloni o mente o invecchia male. Non si spiega altrimenti la ragione per cui la sua resistibile intelligenza, che era stata sottratta all' Italia con la promessa di affidargli la delega all' Economia nell' esecutivo guidato da Ursula von der Leyen, sia stata invece posta al servizio dei cosiddetti "obiettivi di sviluppo sostenibile" (Sustainable development goals) ovvero una serie di target ricompresi nell' agenda 2030 dell' Onu. Si tratta di raggiungere ben 17 risultati che sembrano altrettanti capitoli d' un libro dei sogni per attempati prestidigitatori della politica incatenati alle treccine di Greta Thunberg. Qualche esempio? Azzerare la povertà e la fame, combattere contro il riscaldamento globale, raggiungere la stabilità locale e mondiale, ridurre le disuguaglianze, costruire società eque e resilienti, ed economie prospere. Vasto programma che sa di prepensionamento, per il nostro Gentiloni. E a conferma del sospetto genuino sta il non trascurabile dettaglio che finora il coordinamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile era affidato a Valdis Dombrovskis. E a questo punto la situazione si chiarifica: Dombrovskis lascia ufficialmente che sia Gentiloni a baloccarsi con i periodi ipotetici dell' irrealtà, per la semplice ragione che l' ex primo ministro lettone è nel frattempo diventato un vicepresidente esecutivo con delega economica per i Servizi finanziari. In altre parole: svolgerà lui, campione internazionale del rigorismo nordeuropeo, le mansioni principali che sarebbero altrimenti state di stretta competenza gentiloniana. Si poteva però immaginare che l' ex premier italiano volesse di conseguenza ritagliarsi una libertà di tono e di giudizio nei confronti del profilo ancora enigmatico mostrato dalla nuova Commissione. Come a dire: voi, che mi avete ingaggiato all' Economia per premiare il ribaltone estivo antisovranista, adesso mi togliete le deleghe più pesanti in omaggio al vostro eterno pregiudizio antimediterraneo; sicché il minimo che io possa fare è difendere il mio interesse nazionale. Magari nulla di tutto ciò invece: le prime mosse dell' oleografico Gentiloni sono state caratterizzate dal più inveterato provincialismo germanofilo. Banco di prova esemplare la discussione intorno alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, rispetto alla quale Gentiloni si è ben guardato dal rilevare punti oscuri o criticità (come hanno fatto perfino alcuni noti "berlinesi" come il corrierista Federico Fubini e il professor Carlo Cottarelli), e ha preferito anzi piegarsi supinamente alla dottrina dominante: «Non c' è alcun motivo tecnico o politico per definire quell' intesa un rischio per l' Italia Non vedo ragioni che possano spingere un singolo Paese a bloccare l' intesa sul Mes». Sono parole che Gentiloni ha rilasciato al Corriere della Sera, in un dialogo tra figure dell' establishment culminato in un avvertimento che non segnala alcuna discontinuità rispetto ai moniti del passato: «Nel complesso la Commissione non ha respinto nessun bilancio, tantomeno quello italiano. Ma le sue valutazioni, che verranno sottoposte alla ratifica dell' Eurogruppo, andranno prese molto sul serio». L'Eredità - In questo atteggiamento da europrofessore alle prese con alunni indisciplinati è racchiuso il vero mandato di Gentiloni: perpetuare il tutorato tecnocratico sull' inadempiente classe politica italiana. Il che potrebbe anche starci, se non fosse che il medesimo Gentiloni ha svolto una funzione non trascurabile nel nostro recente paesaggio governativo, e si deve anche a lui se nel 2018 la vecchia Commissione europea stava per infliggere al governo gialloverde una procedura d' infrazione per eccesso di debito. Proprio così: al netto delle imperizie, dei proclami roboanti e delle velleità spendaccione del primo governo Conte, i burocrati europei rilevarono con l' allora ministro dell' Economia Giovanni Tria che i conti lasciati in eredità dai governi Renzi e Gentiloni risultavano «non conformi con il parametro per la riduzione del debito nel 2016 e nel 2017». Più esplicitamente, la Commissione reclamava «uno sforzo strutturale di bilancio dello 0,3 per cento del pil, pari a circa 10,2 miliardi». Altro che 2,4 per cento di deficit in più, come s' illudeva di strappare l' avvocato degli italiani Sappiamo come è andata a finire. Giusto ieri la Commissione europea ha avviato un' indagine approfondita nei confronti dell' Italia a causa «del persistere di squilibri macro-economici eccessivi», scandisce il Rapporto sul Meccanismo di Allerta adottato dalla Commissione. Nel ringraziare, oggi, con calore l' ex inquilino di Palazzo Chigi per aver servito con tanta perizia l' interesse nazionale, ci pregiamo infine di ricordare come egli non sia stato certo meno accorto nella legittima cura del proprio interesse privato. Una volta ottenuta l' euronomina, in effetti, secondo i dati già segnalati da Libero, il conte Gentiloni Silveri ha dovuto rendere pubblico un personale tesoretto azionario da principino della Borsa: oltre 700mila euro distribuiti fra Amazon, Expedia, Eni, Enel, con obbligazioni BTP e investimenti in vari fondi gestione. Chapeau. Vi risparmierei la replica del censimento dei beni immobili, ma ne riparleremo il giorno in cui Gentiloni proverà a infliggerci la prossima patrimoniale sulla casa. di Alessandro Giuli

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