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David Sassoli, la mossa sporca: appello ai magistrati per colpire Matteo Salvini. Della Ue se ne frega

di Davide Locano domenica 28 luglio 2019

3' di lettura

Dal Manifesto di Ventotene "Per un' Europa libera e unita", redatto nel 1941 da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi - mentre si trovavano al confino come oppositori del regime fascista - alla parola d' ordine, giustizialista, del post-comunista David Sassoli, 63 anni: «Salvini, attento. Daremo la priorità all' apertura di un' inchiesta, a Strasburgo, sulle interferenze russe» nella politica italiana, date per certe, come l' Espresso e quanti demonizzano Putin, ma poi fanno fanno affari con lui... È stata molto deludente la prima, lunga sortita del nuovo (?) Presidente dell' Assemblea di Strasburgo, del Pd, che ha auspicato «la ripresa del cantiere europeo» da parte delle élites politiche e burocratiche. Sassoli spera in una legislatura vincolata ai risultati delle elezioni del 26 maggio, ma la sua esternazione pone nel mirino proprio le forze, la Lega in primis, che sono state premiate da quel voto. Parole inadeguate e concetti scontati, quelli del successore del forzista Tajani, a cui somiglia molto, su questioni epocali: la crisi economica, le migrazioni, la criminalità organizzata, l' instabilità geopolitica ai nostri confini, determinata da conflitti, terrorismo, povertà. Sassoli dimostra di non comprendere che l' inchiesta sulle interferenze russe, negate in Italia e a Mosca, è una intricata e oscura vicenda, interna al ceto politico e al mondo degli affari. E non è, certo, in grado di appassionare l' opinione pubblica, né di ridurre la disaffezione, la distanza e la sfiducia nei confronti delle istituzioni, nazionali ed europee, percepite come lontane dagli ideali iniziali, cari a Spinelli e a Rossi. Leggi anche: David Sassoli, proposta indecente ai grillini: ora tutto torna Il Capo dell' Europarlamento ha deluso quanti auspicavano che il Vecchio Continente ripartisse proprio dallo spirito e dalla visione dei grandi Padri fondatori del progetto europeo. Nello stesso giorno in cui è morto l' ex Procuratore, Borrelli - che concretizzò la subordinazione della politica alla giustizia - dalla poltrona più alta dell' assemblea di Strasburgo, il Presidente ripropone l' obbedienza delle assemblee elettive alle toghe, titolari delle inchieste più delicate contro gli avversari della sinistra. Nessuno si aspettava l' annuncio di una guerra delle euro-istituzioni ai poteri forti, dalle grandi aziende ai giornaloni alla magistratura. Ma il progressista romano avrebbe potuto sottolineare l' autonomia dei vertici Ue, chiedendo agli altri poteri comportamenti irreprensibili. Soprattutto perché, nelle moderne democrazie, non possono esserci soggetti da considerare preminenti nei confronti della volontà dei cittadini, espressa nelle "gabine" elettorali. Con la stoccata a Salvini, Sassoli ha obbedito a Matteo Renzi («il Pd si occupi del Matteo leghista, non di me!») e ha aperto al settore giustizialista del M5S, a Beppe Grillo, a Fico e a quei giovani deputati grillini figli di quanti, negli anni delle manette facili, inneggiavano: «Di Pietro, Borrelli, "Ilda la rossa", fateci sognare!». Dal compagno David non erano attesi messaggi a Salvini e a Marine Le Pen, fautori di una nuova "Europa dei popoli", non più condizionata dai burocrati, dai banchieri, dai finti buonisti delle Ong. Ma, certo, un segnale di rispetto per il vice-premier leghista, che è il leader del secondo partito d' Europa, l' ex veltroniano avrebbe potuto inviarlo. Invece, neppure l' annuncio della "strategia dell' attenzione" nei confronti del Pci, attuata da Aldo Moro, che pure è stato ossequiato da Sassoli. Solo vaghi auspici, in politichese («spaccheremo il fronte sovranista») e generiche promesse, simil-Di Maio, sul salario minimo e sulle indennità di disoccupazione. di Pietro Mancini

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