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Luigi Di Maio messo nel sacco da Giovanni Tria. Guido Crosetto, indiscrezione-bomba: "Non gliene frega nulla"

di Giulio Bucchi domenica 16 settembre 2018

2' di lettura

Era l'uomo più in difficoltà del governo ma ora, a ridosso della manovra, i rapporti di forza si stanno clamorosamente ribaltando. E anzi, spiega Augusto Minzolini con un retroscena-provocazione, "fra qualche anno nell'album dei governi italiani, il nome dell'attuale gabinetto sarà modificato, dal governo Conte 1 a governo Tria 1". È Giovanni Tria, l'ultra-tecnico titolare dell'Economia, il vero padrone dell'esecutivo. Complice un Giuseppe Conte carente di personalità e privo di poteri effettivi, da contratto Lega-M5s. E complice la sponda di cui gode presso Quirinale, Bruxelles e Bce. "Suo malgrado - spiega Minzo sul Giornale -, Tria è diventato il punto di equilibrio del governo". Matteo Salvini, "più avveduto, seguendo i consigli del sottosegretario Giorgetti che ha un filo diretto con Draghi, lo ha capito già da qualche settimana", giura Minzolini spiegando così come sul tema-finanziaria il leader leghista sia diventato molto più cauto. Leggi anche: Al Quirinale gira una voce, "Conte cade, chi diventerà premier al suo posto" Luigi Di Maio, invece, "più sprovveduto, più inesperto e alle prese con il malcontento che cova nel suo movimento", è costretto a forzare la mano su questioni complicatissime e cruciali come il reddito di cittadinanza o le pensioni, che hanno riflessi potenzialmente letali sul debito pubblico. Tria lo sa e da bravo tecnico da qualche settimana ventila l'ipotesi dimissioni pur di affermare il proprio insindacabile potere. "A lui - spiega Guido Crosetto di Fratelli d'Italia - non frega nulla di restare al ministero dell'Economia". "Se questo governo andrà avanti - osserva anche Renato Brunetta di Forza Italia - diventerà il governo Tria. Conte non esiste e Tria è un duro. Sulla durata, però, non scommetterei. Ci possono essere fattori imponderabili: l'ala giustizialista dei Cinque stelle è in rivolta; e in alcune aree del meridione il movimento ribolle, dato che rischia di dover pagare con l'impopolarità le sue promesse al vento su reddito di cittadinanza, Ilva e Tap. Quindi, non è detto che per salvaguardare la propria unità, i grillini non imbocchino la strada della crisi".

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