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Pd, le primarie finiscono in rissa

di Ignazio Stagno domenica 23 marzo 2014

2' di lettura

Nel Pd finisce in rissa. Gli ingredienti sono esplosivi: calci, sputi e denunce. Il caos è scoppiato durante le primarie per l'elezione dei segretari regionali. A Roma è successo di tutto. Come racconta il Corriere, mentre Renzi è occupato nella sua avventura a palazzo Chigi, tra i dem volano stracci. Sabato pomeriggio al centro congressi della Cgil il Pd ratifica l'elezione a segretario regionale di Fabio Melilli. Rissa e 118 - Ospiti per l'investitura del democratico, Nicola Zingaretti, David Sassoli, Ignazio Marino e Stefano Fassina. La rissa esplode quando la maggioranza del partito decide di eleggere presidente non Lorenza Bonaccorsi, la renziana perdente alle primarie, ma Liliana Minnocchi fedelissima di Marco Di Stefano un deputato che nel Lazio raccoglie un mucchio di voti. E così con la renziana silurata scoppia il caos. Volano le tessere, due colpiscono in faccia Melilli, mentre Massimiliano Dolce, un delegato di Palestrina crolla a terra colpito da un principio di crisi epilettica. Arriva anche un'ambulanza del 118. Il caso del Pd del Lazio alza il velo su un malessere generale che insidia le stanze del Pd. Nel partito è in corso una faida senza precedenti tra renziani e sinistra dem. Al punto che nelle primarie locali i conti vengono regolati fisicamente con risse senza esclusione di colpi. Così nel Pd ci si chiede se le primarie siano ancora un metodo appropriato per decidere le cariche e le candidature. Primarie al veleno - A Firenze ad esempio avevano pensato di abolirle per la scelta del candidato sindaco del dopo-Renzi. Ma dopo aver lanciato Dario Nardella verso palazzo Vecchio hanno pensato di farle tenendo fuori il candidato più temibile Eugenio Giani. Il tutto per evitare il rischio di un'altra rissa. E nel caos non mancano i dubbi e i sospetti sull'affluenza record a Bari e sui voti degli stranieri a Modena. L'ultima indiscrezione su quel voto "gonfiato" parla di qualcuno che avrebbe fornito agli extracomunitari i due euro necessari per votare e ad un gruppo di filippini addirittura sarebbe stato offerto pure il pranzo. Insomma Renzi da palazzo Chigi non controlla più il partito. E ora a scandire il tempo tempo del Nazareno c'è solo il suono delle urla e degli schiaffi che volano alle primarie in tutta Italia. 

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