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Chiude la tv pubblica grecaPerché non li copiamo?

La decisione del governo ellenico comunicata dalla mattina alla sera. L'obiettivo: trovare un privato che acquisti. Dovremmo fare lo stesso con Viale Mazzini
di Andrea Tempestini domenica 16 giugno 2013

Il monoscopio Rai

3' di lettura

Una decisione senza precedenti, annunciata dal portavoce del governo ellenico, Simos Kedikoglu: chiude Ert, la televisione e radio pubblica. La Rai ellenica, insomma. Ne consegue il licenziamento dei 2.500 dipendenti. Da subito. L'annuncio è arrivato intorno alle 19 di ieri sera, martedì 11 giugno, e le trasmissioni sono state interrotte alla mezzanotte. La decisione rientra nel programma di privatizzazione delle aziende a partecipazione statale imposto dalla troika per concedere prestiti al Paese sull'orlo della bancarotta. L'annuncio campeggiava anche sulla homepage della tv di Stato, che ha tre canali terrestri, uno satellitare e la rete radiofonica. Ovvia la dura protesta dei sindacati e delle forze che si oppongono al governo. L'esecutivo di Atene però tira dritto, e spiega che i dipendenti saranno sospesi fino alla riapertura dell'emittente, che "avverrà il prima possibile", con tutta probabilità tra tre mesi, quando la rete verrà privatizzata. Il portavoce Kedikoglu, nel dare l'annuncio, ha definito la rete Ert "il paradiso degli sprechi. Che ha una fortuna enorme, i privilegi di regime. E' diventato uno scandalo che tutti vedono ma nessuno osa toccare. In un momento in cui il popolo greco sta facendo sacrifici non c'è spazio per ritardi o esitazioni, come non ci sono tolleranze di vacche grasse quando vengono ovunque applicati tagli. Ert - ha concluso il portavoce - riceve dal popolo greco, attraverso le bollette, circa 300 milioni di euro l'anno e ha da tre a otto volte il personale necessario. Al posto di Ert, appena possibile, tornerà un servizio moderno". Vota il sondaggio di Liberoquotidiano.it "Secondo voi la Rai..." La provocazione - Se al centro del discorso di Kedikoglu - "paradiso degli sprechi", "scandalo permanente", "vacche grasse", "tagli ovunque ma non lì" - ci fosse stata la Rai, e non Ert, in Italia non si sarebbe sorpreso nessuno. Anche da noi la televisione pubblica è un carrozzone, o meglio un colabrodo, finanziato lautamente dai contribuenti con il canone, che nel 2013 è arrivato a 113,50 euro. Rispetto alla tv greca i dipendenti sono però oltre cinque volte tanto: circa 13mila in organico (più del doppio di Mediaset; a Sky sono circa 4mila), oltre 40mila i collaboratori. Viale Mazzini vanta poi 21 sedi regionali, 14 uffici di corrispondenza, 13 canali televisivi e 5 radiofonici. C'è poi un dato curioso che la dice lunga sull'efficienza della nostra tv di Stato: sono in corso circa 1.300 cause di lavoro, ossia un dipendente su 10 ha portato l'azienda davanti ai giudici (la frequenza è di una causa al giorno, i costi che deve sostenere Viale Mazzini per la difesa altissimi). Poi c'è il bilancio, drasticamente in rosso: quello del 2012 ha registrato una perdita di 244,6 milioni di euro rispetto ai 4 milioni di attivo del 2011. I ricavi erano arrivati a 2,786,5 milioni di euro, in calo di 211,8 milioni rispetto all'anno precedente. Una serie di cifre buone per una provocazione, buone per rilanciare una vecchia campagna di Libero: perché non chiudiamo subito il carrozzone-Rai? Perché non facciamo come la Grecia, che da mattina a sera ha comunicato la serrata? Si potrebbe fare senza aspettare i diktat della troika o la bancarotta del Paese (che, sia chiaro, quando e se arriverà non sarà imputabile a Viale Mazzini). Nessuno, lo sottolineiamo, vuole lasciare a casa i 13mila dipendenti di Viale Mazzini per "ripicca". L'obiettivo è la privatizzazione, come in Grecia: Rai chiusa fino a quando non se la compra qualcuno. Perché no?

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